Capitolo 18

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Ptah, Asura e la nonna Kalesh arrivarono al Cairo alle 21 del 

26 luglio 2016, quando il sole, ormai tramontante, sparì lasciando 

scie di sé come una cometa, sotto la linea dell’orizzonte. Il ritrovo 

con sua moglie Liluth era in un accampamento ai confini della 

città, vicino alle piramidi di Giza. Nella lettera lei disse che era 

una questione di vitale importanza ed era necessario che non 

dessero nell’occhio durante gli spostamenti e così fecero, muovendosi tramite vie traverse, passando anche per il deserto, dritti 

fino alla meta. Arrivarono all’accampamento con un mezzo di 

trasporto un po’ malconcio, preso in prestito da un membro della compagnia del circo, un Volkswagen T2 doppia cabina degli 

anni Settanta di colore marrone tawny. A fine corsa, per la difficoltà del viaggio che dovette intraprendere, i circuiti del motore 

ringraziarono per la prova subita con piccoli fuochi d’artificio 

scintillanti. 

«Aveva la volontà di un Trasformers!» disse su di giri il piccolo 

Asura, come encomio alla creduta forza d’animo del mezzo. Poi 

avvicinandosi e stringendo la mano al padre come ultimo saluto, 

aggiunse: «Che il Gigante di Ferro lo accolga a braccia aperte!» 

«E gli dia tutte le sirenette che vuole» aggiunse Ptah, intendendo 

gli allarmi della macchina e così cercando di entrare con l’immaginazione nel paradiso che il figlio aveva creato per il furgoncino. 

Ma la sua preoccupazione era altrove.

Lasciarono il veicolo ai piedi della Sfinge, ormai erano arrivati, 

l’accampamento era proprio sotto le piramidi di Giza. Incamminandosi verso la loro direzione Ptah restò taciturno, limitandosi 

a stringere la mano al piccolo Asura, con la nonna che gli teneva 

l’altra. Le domande che voleva fare a Liluth erano molte. Tanto 

per cominciare, voleva chiederle una volta per tutte spiegazioni 

per le sue solite partenze, essendo stata sempre un po’ sul vago. 

Sapeva che faceva la scienziata e l’astronoma con specializzazione anche in teologia, ma non per quale ente lavorasse. Diceva che 

era top secret ma con il tempo era riuscito a spulciarle qualche 

informazione in più, scoprendo che il suo lavoro era indirizzato 

al risveglio dell’uomo prendendo il titolo di “Progetto Aquarius”. 

Gli aveva anche detto che il nome era ispirato alla nuova era nella 

quale erano entrati, quella dell’Aquario e sfruttando al meglio il 

moto dei pianeti e le sue energie si poteva raggiungere lo step 

evolutivo ultimo, quello dell’illuminazione divina. Ma per Ptah 

erano stati discorsi buoni solo a trattenere le persone in una serata di frivolezze. Lui, con il suo lavoro a tempo pieno nel circo e il 

figlio da badare, era più terra terra.

A riportarlo nel presente furono delle luci forti vicino all’accampamento dove si erano dati appuntamento con Liluth. Veicoli 

militari di varie dimensioni erano presenti formando un cerchio 

convesso lungo tutto il tendaggio. 

Ptah, percependo il pericolo, disse al figlio e alla nonna Kalesh 

di tornare indietro e nascondersi sotto le zampe della Sfinge, 

dove nella quale aveva scorto un buco che poteva ospitarli. 

Appena andati via avanzò a passo felpato cercando di capire 

meglio la situazione. Ma fu subito colto da un elicottero che lo 

marcò con i fari che aveva incorporati. Poi un signore in divisa 

da generale si avvicinò a lui, accompagnato da un gruppo di sei 

militari armati. 

«Tu devi essere il marito di Liluth… Ptah, dico bene? Strano ci sia solo tu… comunque ce ne occuperemo subito dopo, ora vieni con 

noi.» 

«Come fate a sapere chi sono? E come fate a sapere che ero diretto qua?» 

«Tua moglie, che ti aspetta dentro, grazie ai nostri metodi ha già 

cominciato a confessare, ma ora vieni, è il tuo turno.»

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