Il corpo di Kalesh giaceva immobile in un vicolo cieco vicino a
un bidone dell’immondizia, sopra una pozza di sangue creatasi
dalla ferita d’arma da fuoco che aveva sul petto. Non aveva fatto
neanche in tempo a reagire per chiedere aiuto, che un uomo con il
completo nero, avvicinatosi a lei con la scusante di chiedere informazioni sulla città, le aveva sparato senza esitazioni, per poi sparire in mezzo all’afflusso di folla che fluiva a forti ondate durante
l’orario di mezzogiorno, mentre si teneva il mercato di strada.
Poco prima, non essendo riuscita a comprare qualche cosa di nutriente, Kalesh aveva deciso di andare nei vicoli dove buttava-
no solitamente, dentro i pattumi, la frutta troppo matura che i
mercanti non potevano più vendere. Non volendo tornare da suo
nipote a mani vuote, aveva deciso di prenderne un po’, sperando
di fare cosa gradita: vista la loro povertà, a differenza dei clienti
alla quale era destinata, per loro quelle occasioni restavano sem-
pre una benedizione da cogliere al volo. Appena aveva aperto
i bidoni dell’immondizia aveva visto casse piene di manghi e
ananas. A parte per alcune macchie, sembravano di bell’aspet-
to. “Bene bene! Oggi è il mio giorno fortunato! Quando gliela
porterò, Asura sarà felicissimo vedendo tutta questa bella frut-
ta!”. Era gioiosa. Finalmente dopo qualche giorno di magra, era
riuscita, a differenza delle altre volte, a trovare del cibo ancora commestibile.
Per via della gaiezza che l’aveva presa, mentre era intenta a mettere dentro la carriola che portava con sé il cibo appena trovato,
Kalesh non si era accorta dei due uomini che l’avevano seguita.
Solo un «Salve, sa dirmi dove posso trovare l’accampamento dei mendicanti?» sentì dietro alle sue spalle. La voce era pacata, calma, ma Kalesh aveva avvertito subito lungo la schiena un brivi-
do gelido come il ghiaccio. Era ancora girata verso la cassa della
frutta, ma aveva capito subito chi erano, essendo una persona abi-
tuata a seguire molto le sue sensazioni. E aveva anche il sentore
di chi stessero cercando. Non era lei, ma bensì suo nipote. Dopo
averlo osservato a lungo, aveva capito che il bambino era speciale,
anche se non sapeva cosa volessero precisamente da lui. Doveva
proteggerlo, perciò appena si voltò rispose con un cenno di negazione. Ma il tempo impiegato a reagire l’aveva tradita nel tentativo di mentire, e uno dei due agenti tirò fuori dalla tasca una
pistola e si preparò a sparare. Kalesh provò a gridare aiuto, ma
quello dall’altra parte era stato più veloce. Per via del silenziatore
istallato sulla canna dell’arma lo sparo fu silenzioso e i due uomini poterono andarsene indisturbati, non essendoci state persone
a vedere o a sentire la scena.
Con l’ultimo anelito di vita, Kalesh portò con le mani alla bocca
l’Ank egiziano che aveva appeso al collo. Poi rivolse il pensiero
a suo nipote, poco prima di scoppiare in lacrime per non essere
stata capace di proteggere chi amava come avrebbe voluto, ripen-
sando a suo figlio morto e sicura che i due uomini avrebbero tro-
vato il bambino senza che potesse fare niente per evitarlo. Certo
non doveva commiserarsi dato le sue condizioni. Ma lei che era
stata sempre all’ombra degli altri aveva avuto un grande animo
e sperò nel potere delle ultime parole che aveva rivolto ad Asura
con il pensiero: “Piccolo mio, quando guardi l’orizzonte del tuo
cuore perché sia in pace non aspettarti una linea retta. Come il
mare, il cuore è sempre in tumulto e la sua forma è stata così progettata per ricordarci che i tentativi di spiccare il volo ci sono
sempre stati e sempre ci saranno, quindi per cui cavalca l’onda
degli eventi quando si presenterà la tua occasione. Addio, piccolo
Asura”.
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L'orizzonte Dell'anima - Gli Specchi Della Divinità
FantasyNelle antiche tavolette sumere ritrovate dagli archeologi si narra che più di 300.000 anni fa, il Dio Enki, propose all'assemblea degli Dei Anunnaki di "marchiare" l'Homo Erectus con l'impronta degli Dei per accellerarne l'evoluzione; ma aveva cosci...