Capitolo 29

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Il corpo di Kalesh giaceva immobile in un vicolo cieco vicino a 

un bidone dell’immondizia, sopra una pozza di sangue creatasi 

dalla ferita d’arma da fuoco che aveva sul petto. Non aveva fatto 

neanche in tempo a reagire per chiedere aiuto, che un uomo con il 

completo nero, avvicinatosi a lei con la scusante di chiedere informazioni sulla città, le aveva sparato senza esitazioni, per poi sparire in mezzo all’afflusso di folla che fluiva a forti ondate durante 

l’orario di mezzogiorno, mentre si teneva il mercato di strada. 

Poco prima, non essendo riuscita a comprare qualche cosa di nutriente, Kalesh aveva deciso di andare nei vicoli dove buttava-

no solitamente, dentro i pattumi, la frutta troppo matura che i 

mercanti non potevano più vendere. Non volendo tornare da suo 

nipote a mani vuote, aveva deciso di prenderne un po’, sperando 

di fare cosa gradita: vista la loro povertà, a differenza dei clienti 

alla quale era destinata, per loro quelle occasioni restavano sem-

pre una benedizione da cogliere al volo. Appena aveva aperto 

i bidoni dell’immondizia aveva visto casse piene di manghi e 

ananas. A parte per alcune macchie, sembravano di bell’aspet-

to. “Bene bene! Oggi è il mio giorno fortunato! Quando gliela 

porterò, Asura sarà felicissimo vedendo tutta questa bella frut-

ta!”. Era gioiosa. Finalmente dopo qualche giorno di magra, era 

riuscita, a differenza delle altre volte, a trovare del cibo ancora  commestibile.

Per via della gaiezza che l’aveva presa, mentre era intenta a mettere dentro la carriola che portava con sé il cibo appena trovato, 

Kalesh non si era accorta dei due uomini che l’avevano seguita. 

Solo un «Salve, sa dirmi dove posso trovare l’accampamento dei  mendicanti?» sentì dietro alle sue spalle. La voce era pacata, calma, ma Kalesh aveva avvertito subito lungo la schiena un brivi-

do gelido come il ghiaccio. Era ancora girata verso la cassa della 

frutta, ma aveva capito subito chi erano, essendo una persona abi-

tuata a seguire molto le sue sensazioni. E aveva anche il sentore 

di chi stessero cercando. Non era lei, ma bensì suo nipote. Dopo 

averlo osservato a lungo, aveva capito che il bambino era speciale, 

anche se non sapeva cosa volessero precisamente da lui. Doveva 

proteggerlo, perciò appena si voltò rispose con un cenno di negazione. Ma il tempo impiegato a reagire l’aveva tradita nel tentativo di mentire, e uno dei due agenti tirò fuori dalla tasca una 

pistola e si preparò a sparare. Kalesh provò a gridare aiuto, ma 

quello dall’altra parte era stato più veloce. Per via del silenziatore 

istallato sulla canna dell’arma lo sparo fu silenzioso e i due uomini poterono andarsene indisturbati, non essendoci state persone 

a vedere o a sentire la scena.

Con l’ultimo anelito di vita, Kalesh portò con le mani alla bocca 

l’Ank egiziano che aveva appeso al collo. Poi rivolse il pensiero 

a suo nipote, poco prima di scoppiare in lacrime per non essere 

stata capace di proteggere chi amava come avrebbe voluto, ripen-

sando a suo figlio morto e sicura che i due uomini avrebbero tro-

vato il bambino senza che potesse fare niente per evitarlo. Certo 

non doveva commiserarsi dato le sue condizioni. Ma lei che era 

stata sempre all’ombra degli altri aveva avuto un grande animo 

e sperò nel potere delle ultime parole che aveva rivolto ad Asura 

con il pensiero: “Piccolo mio, quando guardi l’orizzonte del tuo 

cuore perché sia in pace non aspettarti una linea retta. Come il 

mare, il cuore è sempre in tumulto e la sua forma è stata così progettata per ricordarci che i tentativi di spiccare il volo ci sono 

sempre stati e sempre ci saranno, quindi per cui cavalca l’onda 

degli eventi quando si presenterà la tua occasione. Addio, piccolo 

Asura”.

L'orizzonte Dell'anima - Gli Specchi Della Divinità Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora