Come se fosse stato fatto apposta, la sera arrivò prima del previsto.
Credo di esssermi addormentato, ho perso un paio di ore e non ricordo esattamente cosa ho fatto.
Mi ricordo solo di aver attivato la musica e ho lasciato che i pensieri prendessero il sopravvento sulle mie emozioni. Credo di aver anche pianto, perchè sento gli occhi pesanti e mi fanno male.
Non capisco questa nuova sensazione, certo, non sono mai stato uno che di propria iniziativa, iniziava a ballare senza un apparente motivo, la mia felicità è sempre stata soggettiva e ho spesso preferito non mostrarla a nessuno, ma così è troppo persino per me.
Il telefono al mio fianco inizia a squillare e a detta delle innumerevoli chiamate senza risposta, credo che lo faccia da un bel po'.
A tentoni lo afferro e dopo l'ennesimo squillo a vuoto, decido di premere la cornetta verda e attivare il vivavoce, ho un mal di testa incredibile e ciò non aiuterebbe nell'impresa di farlo passare.
<<Hol ci sei?>> chiede l'interlocutore dall'altra parte.
Mugugno qualcosa in segno di risposta, dovrebbe suonare più come un "sì, ci sono, cosa ti serve?", ma altro non esce che un suono indistinto carico di nervosismo.
<<Dormivi?>> domanda ancora la voce.
Sposto il cellulare dal petto e me lo rivolgo a portata di occhi, per poi scorgere il nome lampeggiante di Nic e una risposta che ancora non gli ho dato, quindi mi ricompongo, strofino gli occhi e mi schiarisco la voce.
<<No, non avevo il cellulare a portata de mano>> mento <<te serviva qualcosa?>> chiedo sperando in una risposta negativa, ma ciò non accade.
<<In realtà sì>> esclama attendendo che dicessi qualcosa, ma resto in silenzio in attesa di altre dritte <<mi servirebbe il mio migliore amico>>.
Strabuzzo gli occhi a quella confessione.
Che fosse successo qualcosa?
Dal suo tono di voce non si direbbe affatto, ma Nicholas è sempre stato molto bravo a nascondere le sue emozioni, ha sempre preferito piangere da solo, in un angolo buio della casa, piuttosto che confidarsi con me.
Non l'ho mai obbligato a fare nulla, conosco il suo carattere e soprattutto conosco il mio, sa che per ogni cosa, può sempre contare su di me.
Mi alzo di scatto dal letto e accendo la piccola abat-jour sul comodino pieno di fogli strappati, o scritti e poi buttati alla rinfusa.
Mi rimetto in piedi e cerco le scarpe, per prendere e correre in suo aiuto.
Faccio in tempo a chiedergli cosa sia successo di tanto grave, che alle orecchie mi arriva la sua voce cristallina e alquanto divertita.
Mi fermo da quello che sto facendo e mi rimetto seduto.
Cosa c'è di tanto divertente?
Glielo sto per chiedere, ma ancora una volta, la sua risposta pronta mi precede.
<<Sono qui fuori, ti ricordi che dovevamo andare a cena? Tra l'altro sta diluviando, quindi se mi fai la cortesia di aprirmi, evito di prendermi un malanno>>.
Alzo gli occhi al cielo e gli chiudo letteralmente il telefono in faccia. Ho pensato al peggio e il mio essere istintivo e a tratti paranoico, mi ha fatto pensare a cose tragiche.
Scendo le scale ancora in ciabatte e in tuta e gli apro senza degnarlo di uno sguardo.
Lui entra ancora sorridendo, ma il sorriso di poco fa gli si smorza sulle labbra, in un gesto di insofferenza mista a voglia di uccidermi, glielo leggo negli occhi.
<<Ancora così stai?>> mi chiede controllando l'ora sul suo telefono.
D'istinto lo faccio anche io e mi sorprendo di quanto tardi si era fatto. Mi ero persino dimenticato della cena, magari ero ancora in tempo per fargli cambiare idea.
<<In realtà non me sento tanto bene, ho un forte mal de testa e parecchia stanchezza accumulata da giorni, magari rimandiamo eh?>> tento di dirgli, ma l'occhiata truce che mi riserva, non promette nulla di buono.
Che poi è una mezza verità, la testa non mi fa più male come prima, ma ancora un po' pulsa senza sosta e la dormita di prima non ha alleviato la stanchezza interiore che sento ormai da un po', quindi è legittimo se rimango a casa no?
<<Con me non attacca, lo sai bene>> esclama severo <<ora ti fai una doccia, ti vesti e usciamo, che un po' d'aria fresca non ha mai ammazzato nessuno>> impartisce severo, indicandomi le scale che portano al bagno e successivamente a camera mia.
Abbasso la testa e decido di eseguire i suoi "ordini", un po' perchè non ho la voglia e la forza di ribattere e un po' perchè non ho più voglia di sentirlo.
Magari quell'aria fresca mi ammazzasse, almeno servirebbe a qualcosa.
Salgo le scale e mi chiudo in bagno, apro l'anta della doccia e dopo aver tolto di mezzo tutti gli indumenti, mi infilo dentro e lascio che l'acqua calda annebbi i miei pensieri.
Mi lavo con tutta la calma che posseggo e di tanto in tanto, lascio dei piccoli ricordi sul vetro annebbiato della doccia: frasi, scritte, disegni, simboli.
È un modo per esorcizzare ciò che ho dentro, ma devo dire che neanche questo aiuta.
Esco dalla doccia e mi avvolgo un asciugamano intorno alla vita, sto attento a non spezzarmi l'osso del collo, dato il lago creatosi sul pavimento e con un altro asciugamano, tento di asciugare quanto più possibile e infine esco per andare nella mia camera.
Nicholas, come un avvoltoio, è davanti la mia porta, se ne sta a braccia incrociate in attesa di una mia qualsiasi mossa.
Lo oltrepasso e gli chiudo letteralmente la porta in faccia.
Non sono un bambino e non ho bisogno di un babysitter, di questo se ne deve rendere conto, ma il gesto di poco fa, sembra non aver sortito alcun effetto su di lui, tant'è che entra lo stesso e si mette a sedere sul mio letto.
<<Me dovrei cambià>> esclamo guardandolo di sbieco e tenendo ben saldo l'asciugamano che ho attorno al corpo, ma lui non si scompone di una virgola.
<<Da quando in qua ti vergogni di me?>> domanda sorridendo sotto i baffi.
Abbiamo sempre fatto di tutto insieme e non c'è mai stato un attimo di vergogna o di tentennamento, ma in questo momento vorrei la mia privacy, perciò con lo sguardo più crudo che posseggo, cerco di farglielo capire.
Tenta di ribattere, ma in qualche modo recepisce il messaggio e finalmente esce, lasciandomi alla mia solitudine, non prima di avermi ribadito che se gli avessi fatto perdere ancora del tempo, mi avrebbe staccato le orecchie.
<<Ah Nic>> lo fermo quando con un piede è già oltre la soglia <<come me devo vestì?>> gli chiedo osservando il mio armadio aperto e una marea di vestiti che non ho mai messo, implorarmi di scegliere loro.
Lui sorride, contento che finalmente gli ho rivolto una domanda di senso compiuto, ma la sua risposta non mi è di grande aiuto: <<basta che non sia niente di nero>> esclama poi uscendo dalla mia camera.
Ritorno con lo sguardo ai miei vestiti.
Come se fosse facile una scelta del genere, ho praticamente solo vestiti neri.
Sorrido ripensando a una sua risposta di non molto tempo fa: "guarda che un po' di colore non ti farebbe male, sembra sempre che devi andare a un funerale" e ripensandoci ora, non ha tutti i torti.
Dopo aver constato che niente di ciò che mi è apparso davanti, fosse di mio gradimento, decido di prendere i primi indumenti che mi capitano a tiro e di indossarli alla svelta.
Che questa serata abbia inizio e che sia breve. Decisamente breve.
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Salvami da me - Holden
FanfictionJoseph non era contento della sua vita. Ogni cosa che faceva e che viveva, era come un eterno loop infinito. Neanche la musica, sua compagna di vita da sempre, riusciva a dargli quelle emozioni che i suoi occhi stanchi celavano dietro a finti sorris...