Capitolo 10

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Berenice's pov
Venerdì 7:30
Cavolo se è tardi! Ormai è di routine.
Entro di corsa in bagno, mentre mi lavo i denti faccio anche la doccia, un volta uscita mi vesto con le cose che ho scelto prima in camera, una maglietta crop-top degli Iron Maiden realizzata e tagliuzzata con amore da me, jeans baggy rubati a Salvatore e Air Force 1 ormai distrutte.

Di corsa prendo lo zaino, accendo il motorino e alle 7:57 sono davanti al cancello. Raggiungo Apollo e iniziamo il nostro sano momento di gossip. Quando suona la prima campanella svogliati ci addentriamo nella nostra classe e con la stessa noia facciamo tutte le 5 ore. Alla sesta, nonché l'ultima, abbiamo storia. Oggi deve solo spiegare, non lo vedo da un po', da quando ho dormito da lui...

Nella mia testa scorrono nitide le sensazioni e le immagini di quella notte, che credevo mi spaventassero, ma mi sbagliavo, mi manca e non riesco ad ammetterlo a me stessa.

"Devi smetterla, non può mancarti, non c'è stato niente Berenice, era solo una gentilezza" dico continuamente a me stessa, ma il modo in cui il suo corpo accarezzava il mio non mi sembrava solo una "gentilezza".

Irrompe nell'aula come un tuono e spavaldo guarda dritto davanti a sé rivolgendo a malapena un saluto a noi che al suo ingresso siamo scattati in piedi.

«È incazzato» mi sussurra Apollo all'orecchio.
«Ho paura di si» rispondo con lo stesso volume di voce.
«O magari è solo stanco, però non ha le occhiaie e gesticola troppo alacremente» continuo
«Troppo che?»
Sospiro e con un gesto teatrale della mano che muovo su e giù gli indico di lasciare perdere.
«Comunque devi smetterla di psicanalizzare tutto ciò che vedi»
Alla sua affermazione sorrido scuotendo la testa. Forse ha ragione, ma mi diverte troppo.

«Allora ragazzi, oggi interrogo» Afferma l'uomo alla cattedra con voce sicura senza alzare lo sguardo su di noi intento a sistemare i suoi libri e quaderni.
Ci guardiamo tutti sconvolti, finché mi armo di coraggio e apro bocca.
«Prof, aveva detto che oggi doveva spiegare.»

Di colpo arresta ogni suo movimento, solleva lo sguardo sulla mia figura che vorrei far sparire, sul suo volto appare un ghigno. Lentamente si alza e con passi lenti e controllati si appoggia alla parte frontale della cattedra.
«Amo sorprendere e odio quando mi si dice di fare qualcosa.» dice fissandomi nell'anima con le sue iridi chiare e penetranti.
«Detto ciò, Berenice, vieni qui, conversiamo da più vicino.»
Fanculo. Mi alzo per raggiungere il lato del tavolo di legno per essere interrogata.

«Allora, parlami dell'ultimo argomento» afferma mentre cammina per piazzarsi esattamente di fronte a me, sa che in questo modo mi fa sentire inferiore e a disagio, eppure sembra appagato da ciò.
«Stiamo parlando della dinastia dei Severi, che regnò sull'Impero romano, tra la fine del II secolo e i primi decenni del III secolo, dal 193 al 235» dico insicura.

Lo vedo annuire prima di parlare,
«Ok, e invece, quale fu la loro politica?»
«fu fortemente aggressiva nei confronti dei popoli confinanti e dell'impero» affermo ripetendo a pappagallo le parole del libro.
Rimane a fissarmi dall' alto al basso per qualche secondo che a me sembra un'eternità.

«Va bene puoi andare al posto»
Ah, fantastico. Giro "sui tacchi" e torno al mio posto.
La lezione procede normalmente, e quando finisce l'ora ci alziamo stremati e ci dirigiamo all'uscita.

Una volta arrivata a casa, dopo aver mangiato, mi fiondo sul mio letto riposandomi per quelle poche ore che ho a disposizione, prima di.. OH CAZZO IL CORSO DI RECUPERO ALLE 16:00. Che palle, la mia vita è tutta una corsa, e poi non ce la faccio più, ogni volta che lo vedo provo troppe emozioni tutte insieme e ho mille pensieri contorti e contrastanti.

Chiudo gli occhi cercando di non pensarci, ma nel mentre si fa l'ora di andare, anzi, si fa tardi.
Fremo dalla voglia di vederlo senza sapermi dare una spiegazione di ciò. Prendo il mio zaino e l'iter è sempre quello. Un volta arrivata dietro la porta busso, e dopo pochi istanti questa si spalanca rivelandomi il mio professore, anzi, Iarin.

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