•Capitolo 2•

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Ero seduta all'interno di un carro puzzolente e freddo. Nonostante avessi gli occhi aperti, non vedevo altro che oscurità e il respiro affannoso e corto mi impediva di acquisire l'ossigeno necessario.
Ero incappucciata, come lo ero sempre stata quando uscivo dalla torre per una missione.

Non ci era permesso vedere cosa il mondo avesse da offrirci, nonostante un tempo eravamo noi a governarlo, o almeno, così mi aveva detto 001.
I superiori temevano che potessimo fuggire in qualsiasi momento, di conseguenza ci limitavano in tutto.
Eravamo decisamente più forti di loro, ma numericamente scarseggiavamo; inoltre loro potevano richiedere i rinforzi in caso di necessità e così facendo le probabilità di una nostra vittoria si riducevano a zero.

Avevo accettato la terza missione Q, una missione che probabilmente consideravo ultima. Assassinare il Principe era difficile, ma non impossibile.
Dovevo agire con calma, prestanto attenzione alle guardie reali ed ispezionando per bene la zona e la postazione del tizio in questione.

Quando il carro si fermò, il cuore iniziò a battere all'impazzata. Avevo paura, o forse era semplice agitazione. Non avrei mai voluto accettare, non ero un'assassiona, ma per guadagnare anche il minimo vantaggio, ero disposta a tutto.

«Scendi», ordinò colui che mi aveva accompagnata.
Nonostante non vedessi nulla, mi alzai e scesi dal carro senza l'aiuto di nessuno.
Ormai conoscevo alla perfezione gli spazi e la sua struttura.
«Sai cosa ti attende se provi a fuggire o se riveli la tua vera identità.»

Annuii solo e poco dopo un'abbagliante luce mi costrinse a chiudere gli occhi. Il cappuccio era stato rimosso e la luce solare mi colpiva quasi con aggressione. Era da tempo che non uscivo per una missione all'esterno, solitamente le effettuavo di notte o -se di giorno- in luoghi chiusi e affollati.

Stropicciai gli occhi, abituandomi pian piano a quella che di solito dovrebbe essere la normalità, ma che per me era solo una gioia e all'unisono un'agonia.
«Ti aspetto qui, ti concedo massimo un'ora, dopodiché verrò a cercarti di persona e sappi che ti troverò.»

Annuii ancora, non prestandogli la ben che minima attenzione. Ero troppo affascinata da ciò che in quel momento mi circondava.
Ero alle spalle del castello, circondata dalla natura. Dinnanzi a me vi erano le alte mura che fungevano da protezione e alle mie spalle potevo benissimo ascoltare il caos proveniente dal paese.

«Un'ora», ripeté ancora, «va'»

Con un balzo saltai oltre le mura ed atterrai nell'immenso giardino reale.
Ero agile, veloce e silenziosa, dunque nessuno poteva anche solo immaginare che ci fosse un intruso.
Mi chiesi perché il Duca volesse assassinare il Principe, considerando che era l'erede al trono e dunque fondamentalmente per il futuro del Regno.

Scossi il viso e mi ripresi. Erano questioni politiche che a me poco interessavano, io ero lì per uno scopo ben preciso.
Mi arrampicai sull'albero alla mia destra, da lì potevo benissimo scorgere le stanze del primo piano. Era pieno giorno, dove poteva mai trovarsi un Principe?

A quella domanda, sgranai gli occhi inorridita: non sapevo nemmeno chi era, di che colore fossero i suoi capelli, se fosse alto o basso.
Mi portai una mano sulla bocca per non urlare dalla frustrazione.
Non potevo restare fuori, dovevo entrare, trovare un dipinto, o qualsiasi cosa che lo ritraesse.
Essendo una persona di rilevante importanza, doveva a priori aver commissionato un quadro.

Presi un bel respiro e, dopo essermi assicurata che nella stanza in questione non ci fosse nessuno, saltai ed atterrai sulla balconata principale.
Velocemente entrai e chiusi l'anta della vetrata silenziosamente.
Da lì in poi fu tutto un nascondi e trova.
Strano che in un castello non ci fosse nessuno, o forse quel giorno ero semplicemente fortunata.

Durante la ricerca mi ero imbattuta in qualche domestica che, poverina, non aveva idea che fossi lì ad osservarla.
Salì al piano superiore e finalmente trovai ciò che stavo cercando: un quadro raffigurante la famiglia Reale.
Re, Regina, Principe e Principessa.
Contemplai dettagliatamente il Principe. Un ragazzo umano bellissimo, con capelli biondi lunghi fino alle spalle, occhi chiari come il cielo che avevo visto poco prima, pelle pallida, perfetta, sembrava quasi finta.

«Perché vogliono ucciderti, poverino.»
Ero certa che quel ragazzo avesse di tutto nella vita, compreso un futuro radioso.

Sospirai sconsolata e continuai la mia ricerca, fin quando non udii delle voci. Subito mi nascosi dietro una possente colonna portante ed allungai il collo per poter sbirciare.
C'era una bambina, la stessa del dipinto, ed una donna, la madre.
Avevo centrato il bersaglio, evidentemente quel piano era riservato alle stanza Reali.
Avevo ancora un bel po' di tempo prima della scadenza, quindi subito mi allontanai ed iniziai a cercare una stanza che fungesse da ufficio o da camera personale.

Uscii all'esterno e, saltando da un davanzale ad un'altro e lanciando uno sguardo alle guardie che gironzolavano in circolo attorno al castello, mi affrettai a trovare la stanza.
Dopo quasi dieci minuti di ricerca e le speranze sempre più basse, finalmente trovai la stanza in questione. Seduto dietro ad una scrivania c'era proprio lui: il Principe.

Era totalmente sprovvisto di difesa, inoltre la stanza aveva accesso libero dalla balconata. Troppa fortuna quel giorno.
Presi un bel respiro e chiusi gli occhi per una frazione di secondi, estraendo lentamente la spada dalla custodia.
C'è la posso fare
Continuavo a ripetere.

Lanciai una veloce occhiata alla stanza e, nel momento in cui il Principe si alzò per uscire, io entrai e mi nascosi alla spalle della sua seduta, esattamente dietro ai drappeggi con su lo stemma della famiglia reale.
Quando rientriò per fortuna era ancora solo e, dopo aver sistemato alcune pergamene sulla sua postazione, si sedette.

Deglutii con la fronte impregnata di sudore freddo.
Mi dispiaceva, provavo pietà per lui.
Lentamente allungai la lama e la piantai esattamente sul suo collo, sentendolo sobbalzare.

«Non ti muovere», esclamai, uscendo dal mio nascondiglio.
Lui sembrava apparentemente tranquillo, le mani poggiate sul legno della scrivania, la schiena dritta e lo sguardo perso in un punto davanti a sé.
Mi sarebbe bastato un movimento per ucciderlo, uno solo.
«Mi dispiace», esclamai prima di raddrizzare la lama ed effettuando quel fatidico movimento, ma successe qualcosa di inaspettato.

Il Principe con un veloce scatto scostò la spada e con un movimento fluido si alzò e mi scagliò un calcio proprio allo stomaco.
Presa totalmente alla sprovvista, non ebbi modo di evitarlo e fui allontanata da lui.
Subito mi ripresi e con un salto mi preparai a colpirlo, ma lui ancora una volta schivò.
Era veloce e sembrava essere stato addestrato per combattere. Anche lui prese la spada che portava legata al fianco destro e partì all'attacco.
Si susseguirono pochi minuti di scontro, nel quale -lo ammettevo- mi divertii a giocare.

«Adesso basta», stava per terminare l'ora a mia disposizione.
Strinsi tra le mani la spada, posizione di attacco, chiusi gli occhi per pochi secondi, il tempo necessario per poter liberare il mio vero essere.
Quando li riaprii, sapevo che per quel poverino sarebbe giunta ben presto la sua ora.
Ultimo scatto in avanti, ad una velocità non visibile alla specie umana, ultimo pugno al fianco, tanto forte da metterlo al tappeto e posizione da ultimo attacco poco dopo averlo visto cadere per terra.

Lui strinse gli occhi per il dolore e quando li riaprì, li sgranò in una chiara espressione sorpresa.
«I tuoi occhi... Sei Lien?!»
Chi?

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