Carpe diem

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Aren
C’era un libro, il mio preferito, che nonno mi leggeva sempre.
Parlava di avventure straordinarie, di aneddoti divertenti da cui, alla fine, avrei sempre imparato qualcosa.
Per qualche strano motivo, però, l’ultimo capitolo mi era proibito.
«Dai nonno, perché non puoi raccontarmi questa storia?»
«Te l’ho già detto, ragazzino! Potrai leggere questo capitolo solo quando sarai pronto.»
«E io come faccio a capire quando sono pronto?»
«Lo sentirai.»
Sorrisi ripensando a lui, che portava la barba e i capelli lunghi, grigi ma con qualche ciuffo bianco.
La sua voce era calma e rassicurante, sapeva sempre cosa dire, come comportarsi.
Quando mi lasciò, poco prima che iniziassi l’università, mi garantì che avrei trovato la mia famiglia, che non mi avrebbe lasciato da solo.
«Porta sempre il libro con te.» Fu una delle sue ultime raccomandazioni.
Nel momento in cui venne condivisa la notizia di un nuovo fenomeno registrato in Norvegia, il “Verdens Ende”, sentii un peso sul cuore e, come per istinto, presi il libro e lo aprii.
Sapevo che era arrivato il momento di leggere quel capitolo ma, parola dopo parola, il sangue mi si gelò.
Capii perché, prima di allora, non avrei dovuto conoscere quel racconto, l’ultima avventura.
Ma com’era possibile?
L’opera che stavo sfogliando era stata scritta molti secoli prima, eppure eccola lì, la fine del mondo, narrata per filo e per segno, come se fosse una storia già vissuta e conosciuta.
La tortura di Loki, la scomparsa delle stelle, del Sole e della Luna, il Ragnarok, la battaglia finale.
Mentre partivo per Tromsø insieme a Lys, sapevo già cosa sarebbe accaduto.
Non ebbi, però, il coraggio di raccontarglielo.
«Perché non mi hai detto cosa stava succedendo a Loki?»
Mi chiese Liv, con le lacrime agli occhi, mentre si portava le ginocchia al petto cercando di nascondere il suo viso. Solo le lucciole illuminavano l’ambiente. Ci trovavamo nel tronco di un albero, dopotutto.
Noi eravamo lì, seduti a terra e protetti dalla sua corteccia, così vicini ma allo stesso tempo così lontani, mentre fuori la guerra infuriava e portava via ogni nostra certezza.
«L’ho saputo poco prima di partire, Lys. Non volevo nemmeno crederci. Avrei dovuto dirtelo subito, mi dispiace.»
«Come l’hai scoperto? Non c’era un modo per evitarlo?»
Sospirai.
«Ricordi quel libro che mio nonno mi aveva lasciato? Mi disse che avrei potuto leggere l’ultimo capitolo solo quando sarei stato pronto. Ma anche se l’avessi saputo prima, non credo che avremmo potuto impedirlo…il destino non si può cambiare.»
«Nessun dio sopravviverà, vero?» Domandò ancora, con voce tremante.
«Alcuni sì.»
«E Loki?» Un briciolo di speranza si accese nel suo sguardo.
Avrei voluto dirle di sì, che sarebbe andato tutto bene, che lui sarebbe tornato da noi.
Sentii il naso pizzicarmi e la mia vista diventare appannata.
Feci di no con la testa, guardando in basso.
Non avevo il coraggio di parlare, né di guardarla negli occhi, ma potevo sentire la sua delusione, il suo tentativo di nascondere le lacrime che già le rigavano il viso.
Odiavo vederla così e non poter agire per farla stare meglio.
«Mi dispiace...»
«Non è colpa tua.» Mi rassicurò, tirando sù con il naso.
La circondai con il mio braccio, avvicinandola a me.
Lei poggiò la sua testa sulla mia spalla e sospirò.
«Io non voglio che il mondo finisca adesso. C’erano ancora tanti posti da vedere, tante avventure da vivere. Tra poco sparirà ogni cosa.» Disse.
«Già. Probabilmente non saremo mai pronti a tutto questo. Tocca a noi ricominciare da zero, dovremo costruirci una casa…tu sai come si fa?»
Sorrise debolmente. Quanto amavo quel sorriso.
«No, ma ce la caveremo...vorrei che tutta l’umanità si fosse salvata, perché solo noi due?»
«Non lo so. Ma tra 8 miliardi di persone, sono felice di entrare nel nuovo mondo con te.»
«Anche io, ma mi sento in colpa.»
«Perché?»
«Non ho salutato come si deve la mia famiglia, Claire, la Queen’s Pride…non li rivedremo mai più. Mio fratello, aveva solo 13 anni…» Bisbigliò, con voce spezzata.
Accarezzai la sua spalla, nel tentativo di rassicurarla un po’.
«Vivranno sempre nei nostri cuori e li incontreremo ancora, ogni notte, perché verranno a trovarci nei sogni.»
«Ti è mai capitato di sognare i tuoi genitori?»
La domanda mi colse di sorpresa.
«A volte. Ma sono morti quando ero molto piccolo, in un incendio. A crescermi è stato mio nonno.»
Forse Liv si accorse che mi stavo distaccando dalla realtà, mentre ripensavo a quei momenti. Così cambiò discorso.
«E secondo te…anche Loki verrà a trovarci?»
«Se non lo fa, lo vado a prendere io. Altro che pensione, ci farà da babysitter per sempre.»
«Babysitter?» Chiese Lys, divertita.
«Certo. La prima volta in cui ci parlammo, quando Odino mi affidò a lui, mi disse “Io non faccio da babysitter a nessuno”».
Cercai di imitare la sua voce e mi imposi di non dimenticarla mai, insieme a quella di mio nonno.
«Si comportava in modo diverso, con te.»
«Infatti spesso era antipatico. Sai perché con te è sempre stato più gentile?»
«Perché?»
«Quando l’hai visto la prima volta, eri spaventata. Ti si leggeva in faccia.»
«Adesso non esageriamo.»
«E invece si, non negarlo. Loki si sentì a disagio, perché odiava quando qualcuno aveva paura di lui, così iniziò a trattarti bene.»
«Ma io non avevo paura. Non l’avevo mai visto prima e sembrava infastidito da me, tutto qui.»
«Ed ecco perché, tra gli studenti, in pochi gli rivolgevano la parola. Ma bastava dargli una possibilità per scoprire che, tra tutti, era il più buono.»
Stavo già parlando al passato...
Prima che Liv potesse rispondermi, si sentì un boato molto forte, che proveniva dall’esterno, seguito da altri rumori che fecero tremare la terra, come se un gigante ci stesse camminando sopra.
«Che succede?!» Chiese, spaventata.
«Surtr, il titano del fuoco. Sta per finire ogni cosa.»
Eravamo ancora abbracciati, stretti l’uno all’altra.
«Quindi tutto brucerà?»
«In un certo senso, si. Verden går under, kjærlighet.»
«Che significa?»
«Forse un giorno te lo dirò.» Le feci l’occhiolino.
E così, mentre il mondo stava finendo (anzi, i mondi, ma noi avevamo conosciuto solo uno di loro), ci addormentammo con un’unica certezza: da quel momento in poi, eravamo solo noi due.
Io avevo lei, lei aveva me.
E questo ci bastava.
Non so dire con precisione quanto tempo passò e mi resi conto che avremmo dovuto creare un nuovo calendario.
Non solo quello: dovevamo costruirci una casa, imparare a cacciare, coltivare, vivere senza tutte le comodità a cui eravamo stati abituati.
Sarebbe stato difficile, ma avevamo una stella dalla nostra parte, no?
Potevamo superare ogni cosa.
Quando ci svegliammo, una nuova luce ci illuminò.
Era calda, splendente ed era come se ci invitasse ad uscire dal nostro rifugio.
«Sei pronta, Lys?»
«Sì, andiamo.»
Il nuovo mondo ci accolse, in tutto il suo splendore.
Doveva essere il primo giorno di primavera, perché la neve non c’era più.
L’erba, rigogliosa e di un verde acceso, ci solleticava i piedi.
Il vento, ancora un po’ fresco, scompigliò i nostri capelli.
Dei fiori azzurri, un po’ troppo familiari, crescevano vicino all’albero della vita.
«Non ti scordar di me...» Liv si piegò per raccoglierne uno.
Io sollevai lo sguardo.
Un falco, che si era poggiato su uno dei rami di Yggdrasil, agitò le ali, come se volesse richiamare la mia attenzione.
Poi iniziò a volare intorno a noi, incuriosito dalla nostra presenza.
Osservai con più attenzione il ramo, sembrava che ci fosse inciso qualcosa.
«Evara...» Lessi ad alta voce, assottigliando lo sguardo per vedere meglio.
Liv si avvicinò a me, incuriosita.
«Cos’hai detto?»
«Evara. Credo che sia una parola sanscrita.» La indicai con il dito.
«Conosci il suo significato?»
«Dono di dio.»
«Guarda! Dietro a quel ramo c’è una stella.» Mi disse, spostando il mio braccio in quella direzione.
Non poteva essere una coincidenza.
Entrambi sorridemmo, mentre il falco tornò sul ramo.
L’astro brillava nel cielo, come se stesse bruciando, mentre il sole stava sorgendo, regalandoci l’alba più bella che avessimo mai visto.
«Il mondo è nostro?»
«Sì, il mondo è nostro.» Risposi, prendendole la mano.
Passeggiammo fino alla fine della foresta, ammirando la natura circostante, poi trovammo un’immensa pianura che sembrava non finire mai.
Era forse la piana di Ida? Loki ne parlava spesso.
Intravedemmo alcuni dèi seduti sul prato, che osservavano un oggetto molto luminoso.
«Guarda, questo è Odino!» Disse uno di loro, che somigliava vagamente a Thor.
«Bravo, e questo è papà! Guarda, ha anche il martello!» Esclamò un altro, indicando qualcosa.
Quindi quelli erano i figli di Thor, Modi e Magni.
Decidemmo di avvicinarci e, quando riconobbi anche gli altri dèi, mi pietrificai.
Balder si voltò verso di me, sorridendo.
«Ah, ci avete messo tanto ad arrivare. Tu devi essere Aren…quando mi accorsi di te, quella vigilia di Natale, era già troppo tardi.»
Non sapevo come rispondere. Certo, nel libro di mio nonno c’era scritto che sarebbe sopravvissuto anche lui, ma avevo sperato che non fosse vero.
«Ehm si, mi dispiace…» Balbettai, guardando altrove.
«Tranquillo, nessun rancore. Ormai è passato tutto.»
Mi porse la mano e, anche se un po’ titubante, gliela strinsi.
Non capita tutti i giorni di uccidere un dio, ritrovarselo davanti e poterlo ancora raccontare.
Suo fratello Hod, il cieco a cui avevo fatto scagliare la freccia, sedeva accanto a lui.
«Come ha detto mio fratello, nessun rancore.» Sorrise.
Liv, che si trovava dietro di me, era rimasta in silenzio.
«Che sta facendo la tua ragazza?» Mi chiese Magni.
Voltai il mio sguardo verso di lei che, piegata sulle ginocchia, raccoglieva qualcosa da terra.
Mi inginocchiai anch’io.
«Che hai trovato, Lys?»
«Guarda qui.» Con gli occhi lucidi, mi passò quella che sembrava essere una foto.
Era un po’ sporca di terra e sangue ma la riconobbi all’istante.
La vigilia di Natale di tre anni prima, alla Queen’s Pride.
Loki, sorridente al centro della foto, che abbracciava me e Liv, mentre reggevamo Narvi e Vali sulle spalle.
Trattenere le lacrime si rivelò difficile, era uno degli ultimi momenti trascorsi insieme.
Sulla parte bianca in basso, tipica delle foto scattate con la polaroid, c’era scritto qualcosa.
“Sorridete, ragazzini. È l’alba!”
Il falco tornò, volteggiando attorno a noi.
Per un momento ebbi come la sensazione che ci avesse fatto l’occhiolino. I falchi potevano farlo?
Poi volò via, verso l’orizzonte.
Il sole si innalzava sempre di più, iniziando a perdere il colorito rosso fuoco che l’alba ci aveva regalato.
Gli dèi ci circondarono, incuriositi, cercando di vedere la foto.
«Com’è possibile che questo scarto sia sopravvissuto alla fine del mondo?» Chiese uno di loro, assottigliando lo sguardo.
Figura slanciata e asciutta, capelli neri e occhi grigi tendenti al verde. Sicuramente era Vidar, uno dei figli di Odino, che aveva vendicato suo padre durante il Ragnarok uccidendo Fenrir, figlio di Loki.
«Questo non è uno scarto, è un ricordo molto importante.» Precisò Liv, con un po’ di fastidio.
«Una foto sporca con un brutto traditore e i suoi figli, ecco cos’è.» Rispose il fratello minore di Vidar.
«Non osare ripeterlo.» Mi avvicinai a lui, con uno sguardo di fuoco, che prontamente ricambiò.
Balder ci separò, severo.
«Adesso basta. Porta rispetto per chi ha combattuto in questa battaglia, che sia stato dalla nostra parte o meno.» Gli disse, poi si rivolse a me. «È proprio una bella foto…anch’io ho trovato qualcosa, sai?»
E ci mostrò ciò che stavano osservando prima del nostro arrivo: una scacchiera dorata.
Ogni pedina raffigurava le divinità ormai scomparse: c’erano proprio tutti.
Le posizionammo per poter giocare.
Da un lato gli dèi, con a capo Odino, dall’altro i loro eterni nemici, guidati da Loki.
Anche rappresentato così, in una piccola statuetta d’oro, sorrideva, nonostante tutto.
E rivolgendo lo sguardo al cielo, potevamo ancora vederlo, il suo sorriso, in quella stella.
«Grazie, Burlone.» Sussurrai.
«Grazie, per il tuo dono.» Disse Liv.
«Avete detto qualcosa?» Chiese Vidar.
«No, niente. Abbiamo solo ringraziato un amico.»
«Quindi giocate?»
«Certo! Siamo pronti a vincere.» Esclamò Lys.
«Nel Ragnarok non ha vinto nessuno, però.» Le ricordò Balder.
«Negli scacchi invece si!» Disse lei, muovendo la prima pedina.
«Ehy, così non vale!»
E giocammo con gli dèi fino al tramonto, quando il cielo si incendiò di colori così meravigliosi da togliere il fiato.
Eravamo rinati dal fuoco, come ogni cosa attorno a noi: vivace e imprevedibile, il regalo di Loki era una fiamma, una torcia, destinata a guidarci per l’eternità o fino alla prossima fine del mondo, chissà.
Non ci restava che gioire ed essere grati per ciò che avevamo in quel momento e per l’esistenza che ci attendeva: carpe diem, si diceva spesso nel passato.
Cogli l’attimo.
Perché nessuno saprà mai cosa gli riserverà la vita: il futuro è un capitolo proibito, ma si può sempre decidere di scriverlo e magari, un giorno, quando il libro sarà completo, ogni cosa sarà al suo posto e potremo chiudere la sua ultima pagina.
Con stile, ma soprattutto con un sorriso.

Ed è con questo capitolo che la storia di Aren e Liv si chiude.
Un'avventura cominciata tra le mura di una scuola, che con libri proibiti, balli e pomeriggi passati al bar è giunta al termine.
La Queen's Pride non esiste più, ogni loro certezza è scomparsa.
Ma resterà sempre nei loro cuori, nel mio e spero anche nei vostri, un giorno.
Tra poco "l'ultima pagina" di questo libro si chiuderà e vi ringrazio per essere arrivati fin qui.
Ma non temete, c'è ancora l'epilogo!
Maira

Evara - Il dono di un dioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora