1. Non passerai

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Milano - Dicembre 2020

Dopo una giornata passata in studio a lavorare al mio nuovo disco, la prima parte di una trilogia che avevo tanto voluto e ora avrei voluto non aver mai iniziato a scrivere; rientrai a casa, nella casa che era stata mia e sua per così tanto tempo, non riuscivo a prepararmi psicologicamente a quello a cui avrei assistito di lì a poco.

La mia testa non era libera e leggera, la mia testa era proiettata verso una dimensione dentro di me che non volevo affrontare. Mi sentivo perso, in lotta perenne con me stesso, perché quel giorno, proprio quel giorno, avrei voluto scappare in un posto molto lontano da Milano.

Quando aprii la porta sussultai, Alessandro stava preparando la tavola, come se fosse nulla.

"Ciao", sussurrai e scappai in camera, nella nostra camera, quella in cui ci eravamo scambiati carezze, cazzotti, parole e silenzi.

Mi girai verso gli scatoloni che erano pronti sulla destra e scoppiai a piangere. Non ero pronto a questo momento non lo ero mai stato. Sapevo che doveva arrivare, sapevo che era la scelta giusta, ormai erano tre mesi che lo sapevo, ma questo non rendeva il tutto meno doloroso. Sapevo che ormai eravamo arrivati in un punto di non ritorno, che non c'erano più soluzioni a questo caos che avevamo creato. Ma non potevo non essere tristemente deluso, prima di tutto da me stesso.

Sentii dei passi, i suoi passi e pensai immediatamente che quel rumore che nell'ultimo periodo era diventato fastidioso, mi sarebbe mancato così tanto. Non riuscivo neanche a immaginarla una casa vuota, una casa senza il casino che lui generava dentro me, per prima cosa.

"Marco." lo sentii pronunciare il mio nome, e quella volta non era come tutte le altre volte.

Quella volta era diverso, era un pugno in pieno viso.

"Non c'è bisogno che mi consoli." Mormorai, asciugandomi le lacrime velocemente.

Volevo solo che tutto questo finisse il più velocemente possibile; stavamo soffrendo entrambi, ma non era più tempo per noi.

"Non fare così." Mi prese per le braccia, abbracciandomi con forza da dietro.

Io mi scansai con rabbia, non ero arrabbiato con lui; ero arrabbiato con la vita che mi aveva portato a essere quello che ero e che mi aveva condotto a stare troppo lontano dalla dimensione in cui io e lui eravamo felici e spensierati; innamorati uno dell'altro.

"Se fai così è ancora più difficile." Osservò mettendosi a sedere sul letto.

"Se ti guardo, finisce che ti chiedo di restare e io non posso farlo." Non lo feci, non me lo potevo permettere, il mio sguardo era fisso contro la parete bianca davanti a me.

"Vieni a mangiare, ho cucinato la parmigiana."

Sospirai, perché la tirava così lunga. Fra poche ore di me e lui ci saranno stati solo ricordi e a poco a poco sarebbero diventati sempre più sbiaditi, io non potevo stare in quella casa e far finta di non amarlo con tutto me stesso.

Restai in silenzio ed uscii dalla camera, in direzione del terrazzo, accesi una sigaretta e continuai a piangere. Lui non mi raggiunse, sapeva che non sarebbe cambiato nulla. Guardai la luna che spiccava sopra il tetto della mia casa, era così luminosa. Mi riportava in un attimo, alle nottate passate a fare l'amore su quel terrazzo, ritrovandoci nascosti dal buio illuminati solo dalla luna.

Rientrai e andai a tavola, dove lui era seduto; diversamente dai miei, i suoi occhi erano asciutti, ma lo sapevo, lo conoscevo; stava soffrendo anche più di me.

Mangiammo in silenzio, nessuno dei due aveva il coraggio di dire nulla, perché alla fine che senso avrebbe avuto.

Mi alzai per sistemare i piatti nella lavastoviglie, lo facevo sempre io, ma quella volta era diverso. Tutto appariva sfuocato.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora