Sanremo - Febbraio 2023
Le mie previsioni in quella triste notte di novembre di un'anno prima erano state molto dure, ma forse fin troppo realistiche. Perché io ero a Sanremo, tutti mi davano per favorito, e nonostante questo io non riuscivo a smettere di pensare che quella sera avrei rivisto Alessandro. Era passato tempo, ora mi sentivo meglio, mi sentivo in pace con la mia vita, era stato difficile affrontare il lutto della sua perdita, era stato complicato fare i conti con tutto ciò che ci aveva distrutto: l'analisi e le ore spese a riflettere sugli errori commessi, dovevano pure essere serviti a qualcosa.
Ma ora che sapevo che lo avrei rivisto, tutte le mie certezze erano scomparse, in frantumi dentro le mie insicurezze, con la paura di sbagliare ancora, di soffrire ancora.
Quella stessa sera durante il green carpet, tutto successe molto velocemente, lo vidi davanti a me, da lontano e il mio sguardo si spostò immediatamente verso altre persone, ma non potevo negare che quei pochi secondi mi avessero sconvolto. Il mio cuore batteva forte dentro il petto, sentivo come se da un momento all'altro io potessi cadere a terra, come un bicchiere di vetro buttato a terra, andare in frantumi e brandelli, talmente piccoli, da non poterli più rimettere insieme.
"Tutto bene?" La voce di Marta mi riportò alla realtà.
"Quando se ne andrà, starò meglio." Il mio sguardo era neutro, cercai per me stesso, di non far trapelare nessuna emozione, perché se solo lo avessi fatto, tutto sarebbe crollato.
"Marco devi trovare il modo per gestirla, non sarà l'unica volta che lo incontrerai."
"Lo so, ma non sono pronto ora."
Tornai in appartamento, sprofondai nel mio letto, il cuscino sopra alla testa. Avrei voluto urlare da quanto mi sentivo stupido, da quanto mi sentivo piccolo di fronte al dolore che sentivo ancora oggi, dopo tutto quel tempo.
Il giorno dopo, mi andai a preparare e poi diretto all'ennesima intervista. Il destino non era per niente dalla mia parte, visto che appena arrivato alla sede di radio Italia, girai l'angolo e me lo trovai davanti.
Abbassai immediatamente la testa, spostando lo sguardo verso altro, non potevo guardarlo, se lo avessi fatto, mi sarebbe venuta voglia di abbracciarlo.
"Ciao Marco." Disse lui, con tono malinconico, ero certo che lui pensasse le stesse cose, o almeno mi faceva piacere pensarlo, intorno a noi c'era un rumore di chiacchiere che coprì la sua voce, pensai immediatamente che avrei tanto voluto sentire la sua voce di nuovo, forse neanche la ricordavo più.
"Ciao Ale." Mormorai e tirai dritto, entrando velocemente nella stanza dell'intervista.
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"Bravo Marco, sei stato meraviglioso." Tutto il mio team era unito a me in un abbraccio, un abbraccio fortissimo, di incoraggiamento e di sostegno.
"Poteva andare meglio, penso di avere anche stonato in qualche momento."
Tutti si misero a ridere, sapevano quanto io fossi duro con me stesso, quando io non riuscissi a gestire la mia parte emotiva, nonostante io avessi imparato nel corso del tempo a farlo in parte o almeno a provare a valorizzarla. Avevo preso coscienza con le parti di me più oscure, fragili, complicate e almeno in parte stavo provando ad accettarle.
"Marco la tua canzone è meravigliosa, non che io ne sia sorpreso."
La sua voce spezzò ogni riflessione che stavo facendo, tutti intorno a me sparirono, non sentivo altro, non volevo altro. Non la sentivo da così tanto tempo con quella chiarezza, che mi sembrava estranea, non sembrava neanche più la sua, risuonava nella mia testa, copriva tutto il resto.
Mi girai lentamente verso di lui, Marta mi guardò cercando un cenno da parte mia, forse aspettava ad andarsene per capire se io volessi stare solo con lui, se io me la sentissi.
Ma io cosa volevo davvero? Perché mi sentivo così vuoto? Così perso, così insicuro. Sapevo che questo momento sarebbe arrivato, ma non pensavo davvero che sarebbe stato in quel momento. Guardai Marta e le feci un cenno con la testa, lei sorrise lievemente e poi tutti uscirono dal camerino, lasciando soli me e Ale.
"Grazie. Anche tu hai cantato bene, ti ho ascoltato. Sono felice per te."
Sperai di dirlo con più convinzione, ma dalla bocca la mia frase uscii come un sussurro, solo un filo di voce, nulla di più.
"Come stai?"
Lo fissai, dove voleva arrivare? "Dobbiamo per forza?" chiesi infine.
"Non vuoi parlarmi mai più?" Il tono della sua voce era piatto, così come la sua espressione o forse era cambiato e non ero più in grado di decifrarlo come facevo un tempo.
"Di cosa dovremmo parlare? Penso che sia meglio per tutti scambiarci solo dei saluti formali. Ci siamo già detti tutto quando dovevamo."
Forse ero stato troppo duro, forse non vedevo vie di mezzo, ma io non credevo nelle vie di mezzo, non credevo nelle amicizie dopo una relazione, soprattutto con lui, con lui non avrei potuto mai, ed era sbagliato fingere il contrario, era sbagliato crederla una cosa possibile.
Alessandro abbassò lo sguardo, si guardò i piedi. Le mie sicurezze vacillarono per qualche istante ed ebbi l'istinto di prenderlo fra le mie braccia, di stringerlo a me e di accarezzargli quel viso che tanto avevo amato.
Rialzò lo sguardo verso di me, mi guardò giusto un secondo dritto negli occhi e poi si girò verso la porta, lo vidi tentennare e poi la richiuse alle sue spalle. Non disse nulla, non era necessario e lo sapevo benissimo anche io.
"Ciao Ale." Un sussurro, stretto fra i denti, un pugno nello stomaco, un dolore troppo grande per essere gestito, non ora almeno, non in quel contesto.
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Piangevo dalla felicità, per quella vittoria che era arrivata come un carezza sul mio viso. Dopo tutto il dolore degli ultimi anni, non potevo che essere grato a tutti quelli che avevano creduto in me, per avermi concesso il privilegio di essere su quel palco, e di provare nuovamente quelle emozioni, per la seconda volta.
"Grazie a tutti."
Abbracciai ogni singola persona che mi trovavo davanti, quasi neanche stavo osservando attentamente i loro visi, abbracciavo tutti a priori.
Mi suonò il telefono, pensai fosse mia mamma, ma invece ancora non mi aveva richiamato. Sorrisi pensando i miei genitori festeggiare con tutta Ronciglione, la vittoria del loro figlio.
Avevo almeno cinquanta messaggi non letti, non avevo voglia in quel momento di perdere tempo a leggerli, tanto non c'era davvero nessuno che avrebbe fatto la differenza; quasi tutte le persone a me care erano lì con me a festeggiare. Poi lessi un nome: Alessandro.
"Prevedibile." commentai ad alta voce.
Feci un sospiro lunghissimo, mi misi una mano sulla fronte, grattandola e poi preso sicuramente dal momento di estrema eccitazione decisi di cancellare il messaggio, senza neanche leggerlo. Avrebbe cambiato qualcosa leggere le sue parole? Come avevo già detto, ci eravamo già detti tutto quello che dovevamo dirci. In quella notte di febbraio, mi sentii per la prima volta sollevato, forse con il cuore più leggero; il dolore non era sparito, ma forse qualcosa dentro di me era cambiato davvero.
"Siamo fermi in un tempo così, che solleva le strade
Con il cielo ad un passo da qui, siamo i mostri e le fate
Dovrei telefonarti, dirti le cose che sento
Ma ho finito le scuse e non ho più difese
Siamo un libro sul pavimento in una casa vuota chе sembra la nostra
Il caffè col limone contro l'hangover, sеmbri una foto mossa
E ci siamo fottuti ancora una notte fuori un locale
E meno male"Due Vite - Marco Mengoni
COMMENTI:
Spero davvero vi possa piacere, mi ci sto impegnando molto <3
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Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the Moon
FanfictionCOMPLETA! Mi misi la camicia e allacciai la cintura dei pantaloni, non riuscivo più a guardarlo. "Quindi non mi ami?" mi chiese, con uno sguardo confuso, perso. "Non ti amo più." Il silenzio che portò quella frase, mi fece male, ma era necessario; s...