8. Hola

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New York - Maggio 2017

Ero a NY da più di un mese, l'idea di partire era proprio partita da Alessandro, che mi aveva dato un paio di contatti, per prendere spunti e soprattutto per chiarirmi le idee. Lui non era venuto con me, anche se ormai da quella sera e da quel bacio, eravamo diventati inseparabili, io mi reputavo felice e orgoglioso di averlo al mio fianco. Anche in quelle settimane nella grande mela, lo sentivo così spesso che avevo quasi la sensazione che fosse comunque lì con me, ad ogni passo e ad ogni nuova conoscenza. Incontrai diverse persone in quel contesto culturale, così diverso dal nostro. Mi sentivo un po' meglio, forse più rilassato o forse anche solo vivere una giornata da perfetto sconosciuto, aveva contribuito a rendermi più leggero e più sereno.

Stavo camminando quando mi arrivò un messaggio. <Dove sei?> era Alessandro.

Gli mandai una foto, della panchina su cui ero seduto, nel grande parco nel cuore di Manhattan. Non rispose più, non ci badai molto, continuai a disegnare, come facevo ormai quasi ogni giorno. Era terapeutico e rilassante per me, osservavo le persone attorno a me, ne traevo insegnamenti, immaginando le loro vite e le loro conversazioni, mi costruivo più concetti interiori possibili, e poi li disegnavo. Il mio cervello galoppava veloce, mi faceva stare bene, mi faceva sentire vivo.

"Ehi"

Sentii la voce di Alessandro, ma era impossibile, probabilmente stavo sognando. Forse mi mancava così tanto, che me la stavo immaginavo.

Poi mi girai e vidi il suo viso, sorridente nascosto dietro gli occhiali da sole. Mi alzai in piedi e gli saltai addosso, abbracciandolo così forte che sicuramente gli feci quasi male, ma non sembrava importare a nessuno dei due.

"Ma cosa ci fai qui? Sei pazzo?"

Piangevo e ridevo insieme, ero così felice che avrei potuto scalare l'Everest, avrei potuto correre anche la maratona di New York.

"Ma quando hai deciso di venire?" Gli chiesi dopo averlo baciato sulle labbra almeno dieci volte, delicatamente, dolcemente, con tutto il riconoscimento che sentivo in quel momento.

"Ieri sera, mi mancavi."

Sorrisi e lo presi per mano. "Andiamo a casa." Non era una domanda, volevo solo mischiare amore e sudore, come mai prima.

"Non me lo fai fare un giro, Mengoni? Vuoi spogliarmi subito?" Risate, baci, chiacchiere. Le nostre mani intrecciate e poi il suo sorriso, che rasserenava tutto attorno a me, che portava sempre il sole.

Un'ora dopo, sdraiati e coperti a metà dalle lenzuola soffici e bianche del mio appartamento, ci stavamo coccolando come mai prima. La lontananza ci aveva forse avvicinati di più, perché quella volta era stata in assoluta il momento migliore della mia vita, ed ero certo che anche per lui fosse lo stesso. Nessuno diceva nulla, nessuno dei due aveva il reale bisogno di dire nulla in quella situazione surreale.

"Con quanti uomini sei stato?"

Gli stavo accarezzando lentamente i capelli, passando le dita sul suo viso; mi bloccai immediatamente appena lui formulò quella domanda. Lo guardai e non dissi nulla per diversi secondi.

"Perché lo vuoi sapere?" Balbettai leggermente a disagio.

Fece spallucce, con un sorrisetto divertito sulle labbra. "Ale ma che ne so, mica li conto." aggiunsi io, perplesso.

Lui rise e posò la sua mano sulla mia clavicola destra, ci avvicinò la bocca e me la baciò.

"Rispondi forza." mormorò.

Con la bocca risalì lentamente verso il mio collo, lo baciò ora con più passione. Avevo la pelle d'oca, i brividi percorrevano tutto il mio corpo, dalla punta delle dita dei piedi fino alla testa. Lui si fermò e tornò a guardami.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora