Capitolo Ⅰ

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"Sei una marionetta, Baptiste. Potrai solo trovare chi ti farà da burattinaio."

A questa frase pensavo, mentre salivo le scale dell'ospedale psichiatrico, dirigendomi verso la sala che ormai da anni m'era stata dedicata. Un piccolo studio, dotato di due poltrone, una per me e una per i pazienti, e vari scaffali pieni di libri dei più svariati generi; ho sempre avuto la sensazione di averli letti tutti, al contempo tuttavia non ne ricordavo nemmeno uno. Camminai per quel corridoio poco illuminato ma ben più sicuro degli ambulacri nei piani di sotto, dove risiedono i ricoverati. Arrivai finalmente alla porta della stanzetta dove passavo l'interezza delle mie giornate, forse l'unica in tutta la struttura che non dava un immediato senso di decadenza, ma anche qui ero convinto di sbagliarmi: muffa, silenzio e una fiacca lampadina che poco illuminava non aiutava a indurre altrimenti.

Misi la mano nelle tasche per cercare la chiave della porta, dato che avevo la brutta abitudine (così mi dissero) di chiuderla a chiave quando me ne andavo. Non ci trovavo niente di male nella sicurezza di una porta chiusa, ma forse la brutta abitudine consisteva nel dimenticarsi sempre le chiavi. Per l'appunto, non le avevo nemmeno quella volta. Poco prima che mi rassegnassi ed essere costretto di tornare fino a Clermont-Ferrand, vidi nel riflesso della porta una delle infermiere dell'istituto, Margot. La fermai subito con un movimento repentino, mettendole la mano sulla spalla come fosse una taccheggiatrice. Lei si girò con calma, noncurante dell'improvviso gesto e mi squadrò per qualche secondo, prima eventualmente di proferire parola

"Dott. Bastarache, buongiorno. Posso aiutarvi?"

"La porta. Ho bisogno della copia della chiave della porta" le risposi subito io, con tono affannato e preoccupato ma che non giustificava né la mia dimenticanza né non averla nemmeno salutata.

"Certo, la vado subito a prendere. La vostra è rimasta in città, presumo?"

"Mi sveglio presto la mattina... ho molto da preparare, persone con cui parlare. tra una cosa e l'altra, la chiave resta sempre sul gancio di fianco la porta..." dissi cercando di discolparmi, finendo solo per apparire come un bambino vicino a un vaso rotto.

"Quello che dice lei, Dott. Bastarache. Sarò subito qui. Siete fortunato a presentarvi qui ogni giorno anzitempo, altrimenti non potrei aiutarvi."

"Cero, certo. La chiave è nel sec-"

"Nel secondo scompartimento della cassettiera di ferro nella stanza della sicurezza, all'interno del contenitore di vetro. Oramai lo so meglio del mio nome.." mi interruppe lei, mentre camminava via a passo veloce, più rapido di prima. Mi dimenticavo la chiave così tante volte? non potevo certamente essere così distratto, Margot ha solo una buona memoria.

A quel punto non mi restava che aspettare. Mi accomodai su una delle sedie presenti del corridoio, e cacciai dalla borsa il giornale. Presi a leggerlo con entusiasmo, desideroso di qualche nuova notizia, qualcosa di bollente; la mia euforia si smorzò gradualmente con ogni pagina che sfogliavo, trovando sempre le stesse notizie. Veramente niente di nuovo. Era sempre stato uno strazio quel giornale, ma aveva puntualmente il posto fisso nella tasca della mia borsa e tra le mie mani ogni mattina. Lo comperavo sempre, non so il perché. Mentre leggevo con noia i pochi avvenimenti degni di nota, aspettando che Margot tornasse con la chiave, pensavo alle cose che quel giorno avrei dovuto fare. Poche, in realtà, poiché di rado i pazienti prenotavano visite. Era più comune che si mettessero fuori ad aspettare per chiacchierare con me, che venissero mandati qui dalle infermiere o che avessero la settimanale visita; ovviamente, davo priorità a questi ultimi.

Dopo poco vidi la figura tanto attesa, tornare con la chiave tra le mani. Me la consegnò e tornò alle sue usuali mansioni.

"La prossima volta faccia più attenzione, Dott. Bastarache." disse Margot, andandosene calma.

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 27 ⏰

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