Capitolo I

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[POV RICK]

Mi lasciò lì, mentre lo scarico della marmitta mi annebbiava la vista.

Potevo scorgere, tra quella nube grigia, solo la luce dello stop della scrambler che si allontanava oltre quel cancello rosso ruggine.

Il cielo era occupato a sprazzi da nuvole bianche ed un leggero venticello accarezzava la pelle.

Mi fermai ad osservare qualche secondo le punte degli stivali, portando le mani in vita, sul cinturone. Col piede destro feci roteare alcuni sassolini sotto la suola della scarpa.

Daryl non era d'accordo con la mia decisione, ma io ero intento a prendermi tutto, tutto quanto e su questo Carol mi reggeva il gioco.

Sbuffai, non perché fossi infastidito, ormai lo conoscevo benissimo e quel suo atteggiamento ribelle non mi sorprese più di tanto, ma perché sembrava una situazione assurda, nella quale vedevo un solo possibile rimedio.

L'aria intorno a me era quieta, l'opposto al mio animo che era palesemente turbato. Sentivo crescere sempre più la mia brama di controllo. Credevano tutti di essere al sicuro, ma prima o poi i putrefatti avrebbero sentito il dolce profumo di carne fresca. Se ci avessero raggiunto non avrei saputo fino a che punto avrebbe retto la recinzione. Quel posto andava seguito da un vero leader e quella donna non era all'altezza di mantenere intatto l'equilibrio di una comunità ignara delle atrocità che ha dovuto subire e far subire chi è riuscito a sopravvivere lì fuori.

Se una cosa andava fatta doveva essere fatta, come doveva essere fermato, anche con la peggiore delle soluzioni, quella specie di bestia che alzava le mani sulla moglie. L'istinto e la voglia di farlo fuori erano placati da lei, dai suoi occhi, dalla calma e dalla sua fiducia che riponeva in me.

I riccioli mi caddero davanti destandomi dai pensieri. Con le dita li tirai indietro per ricomporli. Alzai il capo per osservare il sole splendere in perfetto zenit. Proprio in quel momento mi sentii sfiorare la spalla, mi voltai piano. Era davanti a me. Indossava jeans attillati ed una canotta verde militare che ne esaltava le forme. Aveva i capelli lisci e lunghi che le superavano di poco il seno. Mi guardava con quegli occhi color cioccolato, grandi e profondi, nei quali mi perdevo ogni volta.

"Rick stai bene?" mi chiese con la sua disarmante dolcezza. Esitai qualche istante prima di rispondere, mi sentivo in colpa per averle nascosto le mie intenzioni, ma le avrei parlato nel pomeriggio.

"Hmm...si", risposi avvicinandomi piano a quel viso dolce e tremendamente bello.

"Non preoccuparti per me, ci vediamo dopo... devo parlarti", continuai guardandola fisso negli occhi ed appoggiai la mano sul calcio della Colt, inclinando il capo. Lei mi sorrise mostrandomi la dentatura bianca.

"Va bene...", disse con voce quasi impacciata, spostando lo sguardo sulle mie labbra.

Non sapevo se parlarle o meno del nostro piano di conquistare Alexandria e per questo ne ero rammaricato. La maggior parte del tempo litigavamo perché non le davo molto spazio... nel mio cuore.

Notai che le sue gote si accesero leggermente di rosso, fece un passo avanti avvicinandosi ed appoggiò la mano sinistra sul mio petto. Si protese in avanti. I capelli castani mi accarezzavano il viso, impigliandosi nella barba. Sentivo le gambe irrigidirsi nel vedere le sue labbra quasi sfiorare le mie, una vampata di calore mi soprese e le labbra si schiusero d'istinto, ma lei continuò oltre e mi sussurrò all'orecchio "Ci conto".

Mi guardò di lato e, delicatamente, poggiò le labbra carnose sulla mia guancia sinistra.

Chiusi gli occhi nel percepire un brivido percorrermi lungo la schiena.

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