12 • Solo Un Nuovo Amico

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Il tempo scorreva, inesorabile e rapido, e per me non era affatto una buona cosa

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Il tempo scorreva, inesorabile e rapido, e per me non era affatto una buona cosa.

Il giorno del rilascio di Murphy si avvicinava, e io non avevo ancora abbastanza soldi per lasciare Detroit, nonostante ormai da un paio di settimane lavorassi anche come cameriera in una Bakery. Non era il sogno della mia vita, ma per un po' me lo sarei fatta andar bene.

Il lavoro alla Bakery non era l'unica nuova costante, nelle mie giornate.

In qualche modo, col passare delle settimane, Ares non era diventato soltanto un mezzo per sentirmi al sicuro, qualcuno con cui affrontare le strade buie e la casa vuota, una persona come un'altra con cui riempire lo spazio vuoto e il silenzio.

Ares era diventato mio amico. Un ragazzo con cui condividere riflessioni sui libri che leggevamo, dubbi e domande che perlopiù restavano senza risposta. Un ragazzo con cui restare in camera ad ascoltare la musica quando fuori c'era il diluvio, con cui fare giri in moto, giri in libreria e passeggiate al parco in quei pomeriggi dove il sole era così caldo che non sentirlo sulla pelle sarebbe stato uno spreco.

Era la faccia che di tanto in tanto, se riusciva a venire agli spettacoli, cercavo tra il pubblico poco prima di esibirmi.

Non l'avevo messo in conto, ma era accaduto. Ares si era trasformato in quell'amicizia che nasce nei posti e nei modi più impensabili, quella che non ti immagineresti mai di vivere, quella che mette radici anche senza che tu abbia scavato un posto per loro nel terreno fertile.

A ripensarci, era davvero strano, sì. Soprattutto perché non sapevo ancora niente di concreto sulla sua esistenza, ma mi sembrava di conoscere molto della sua testa e del suo cuore attraverso i libri che leggevamo e i confronti che ne scaturivano.

Ares era un disilluso che provava curiosità per le cose belle che lo circondavano o di cui leggeva, ma che restava sempre a guardarle da lontano. Che non credeva potessero accadere a lui, e che non si disperava mai per questo. Erano i suoi occhi, gli unici a ribellarsi.

Era uno che si accontentava di poco, e che sul viso aveva più rassegnazione che sorrisi.

Era la parte di me che sprizzava negatività, senza quella che sprizzava speranza.

Mi stavo affezionando così tanto a lui -senza volerlo, ma senza riuscire a trovare la soluzione per impedirlo- che il più delle volte era complicato restare al mio posto, e non spronarlo a cambiare la sua situazione.

Ma dovevo tenere a mente che le persone non erano progetti. Che io potevo volere qualcosa di diverso per me stessa, ma mai per nessun altro.

E così gli regalavo la mia compagnia, e speravo che bastasse.

Ares si era catapultato nella mia vita senza avvisare, ma era entrato a far parte della mia routine in punta di piedi. Il giorno prima era la novità, il mese dopo era normalità.

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