Migliori amici

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"L'aereo su cui state viaggiando atterrerà all'aeroporto di Milano tra 10 minuti. Siete pregati di allacciarvi le cinture di sicurezza, grazie."

La voce registrata mi sveglia dal profondo sonno in cui sono scivolata, per poi ripetersi nelle altre lingue.

Allaccio la cintura sbadigliando e sistemandomi la chioma bionda, vittima di un lungo viaggio all'insegna di sogni tormentati e musica ad alto volume.

Non ricordo perfettamente tutto ciò che ho sognato ma mi ricordo uno dei tanti sogni abbastanza bene: atterrava l'aereo e all'arrivo non c'era nessuno ad aspettarmi, stessa cosa a casa, dove ero costretta ad abitare da sola per il resto della mia vita. Che incubo.

In realtà non so se ci sarà veramente qualcuno ad aspettarmi: quando lasciai la città avevo appena compiuto otto anni e mia madre era morta da una settimana.

Non rimanevano molte persone a me care, se non le sue due migliori amiche ed i loro due figli.

Mia mamma ha conosciuto Francesca e Tatiana (che in realtà si chiama Annamaria) pochi mesi prima che io nascessi: era in vacanza con mio padre e nello stesso hotel c'erano anche loro due con le loro famiglie.

Poi, grazie ad un gioco in spiaggia organizzato dagli animatori del posto si sono incontrate e conosciute, scoprendo che abitavano vicine, a Milano.

Tramite questa loro amicizia, continuata anche al ritorno dal viaggio, ho conosciuto i loro figli, entrambi maschi e di otto anni più grandi di me.

Per via della differenza di età e per il fatto che fossi l'unica femmina tra i tre, fu difficile all'inizio riuscire a fare amicizia con loro.

Ma poi, grazie alle giornate insieme tra le nostre famiglie, le cene della domenica e le vacanze al mare, siamo riusciti a conoscerci in tutto e per tutto: loro con la loro allegria ed io con le mie risate mentre li osservavo giocare a calcio tra di loro o farsi battutine.

Diventammo praticamente inseparabili ed io non riuscivo a passare un giorno senza vederli almeno una volta.

Poi capitò quello che tutti non si sarebbero aspettati.

Ci fu quell'orribile nottata, io che nonostante fossi ancora piccola mi vidi costretta a chiamare soccorso, prima chiedendo aiuto ai vicini, poi chiamando l'ambulanza.

Arrivata all'ospedale mi fecero aspettare in sala d'attesa fino a quando non mi raggiunsero Francesca e Tatiana. Ero ancora sconvolta e le osservai ad occhi aperti, loro mi corsero incontro abbracciandomi e quando notai dietro di loro i due figli, sciolsi l'abbraccio e corsi verso i due che mi accolsero cercando di farmi sorridere come solo dei veri amici sanno fare.

Mio padre venne a prendermi il giorno dopo, e senza avvisare nessuno ripartimmo per l'America.

Non sentii più nessuno. Nessuno si fece più sentire.

Solo pochi mesi fa mio padre ha chiamato a casa di Tatiana (l'unico numero che aveva) per avvisare che sarei tornata e chiedere se potevano ospitarmi per i primi mesi a casa loro.

Il nostro appartamento, infatti, è stato affittato da diverse famiglie in questi anni e l'ultima di queste se ne andrà tra non molto.

Non so però che fine possano aver fatto i loro figli: ormai hanno ventisei anni entrambi.

Avranno traslocato? Magari abitano con le loro fidanzate e magari neanche si ricorderanno di me.

L'applauso dei viaggiatori intorno a me mi risveglia dalla sorta di trance in cui sono caduta: siamo atterrati.

Subito nasce in me l'ansia che ho nascosto per tutto questo viaggio.

La mia vita sta per cambiare nuovamente: ritorno alle origini certo, ma gli anni sono passati e con loro anche le persone.

Riuscirò a reintegrarmi in questa città? La decisione che ho preso si rivelerà un fallimento?

Accantono le mie paure e slaccio la cintura per scendere dall'aereo.

Indosso i miei occhiali da sole ed osservo il panorama sorridendo: finalmente a casa.

Mi avvio verso il nastro per recuperare il mio bagaglio ed una volta trovato e preso, mi dirigo verso le scale mobili che mi condurranno all'uscita.

Mentre scendo mi guardo attorno alla ricerca di qualcuno che mi aspetti, magari con un bel cartello con scritto sopra il mio nome, ma rimango delusa non vedendo ciò che speravo.

Arrivata a fine della scala, scendo l'ultimo gradino, abbassando lo sguardo triste.

Accelero il passo per uscire, ma sento dietro di me due voci urlare il mio nome.

Mi volto.

La folla si apre, come fosse una tipica scena da film, permettendomi di vedere tra le tante persone i bellissimi sorrisi di due ragazzi: Emiliano e Federico.






Fratelli a metà|| Fedez e Emis KillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora