Lululato...

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Prima del nostro arrivo era sembrata una bella giornata. Sole brillante, cielo limpido e vento calmo. Poi, fu come se fossimo entrati in un'altra dimensione.

Il cielo era scuro, rumoroso, e sembrava che da un momento all'altro potessero piovere fulmini.

Non ero mai voluta venire in quella dannata città, era tutta colpa di mio padre. Lui e il suo dannato lavoro ci avevano trascinati tutti quanti lì contro la nostra volontà, solo perché prendesse qualche dollaro in più.

Quel posto aveva qualcosa di sbagliato. Era tutto così grigio e impassibile, le case erano vecchie come le persone che ci abitavano, e nel bosco, proprio di fronte alla città, nonostante tirasse un vento fortissimo, gli alberi sembravano stranamente calmi e immobili. Emanavano come una strana energia, forte e attraente, quasi ipnotica; ad un certo punto mi era pure sembrato di sentire delle voci bisbigliare tra i tronchi, ma una voce aveva rotto l'atmosfera. La voce di mio padre. "Che ci fai là", urlò, "dai, vieni ad aiutarci a scaricare la macchina".

Senza accorgermene, ero finita proprio di fronte al bosco. Non so come fosse possibile, non ricordo di aver camminato né tanto meno di aver pensato di farlo. Rimasi sul posto senza muovere un muscolo. Ero completamente paralizzata, non riuscivo a dare una spiegazione a quello che era appena successo. Alla fine, raccolsi un po' di coraggio e guardai di nuovo in mezzo agli alberi.

Ciò che vidi mi fece raggelare il sangue: c'erano due grandi e profondi occhi gialli, in mezzo ai cespugli. Mi fissavano, scrutandomi l'anima. Avrei voluto urlare, ma nel momento in cui accennai a farlo l'unica cosa che uscì fuori dalla mia bocca fu un suono incredibilmente simile al lamento di un cane spaventato. Immediatamente mi portai le mani davanti la bocca, nel tentativo di soffocare quel verso innaturale. Avrei tanto voluto piangere ma, non so perché, in quel momento non mi uscivano lacrime. Solamente piagnucolii da cane.

Così chiusi gli occhi, sperando che tutto ciò fosse solo un brutto sogno. In quello stesso momento sentii una pressione sulla spalla che mi fece sbloccare e saltare in aria urlando, ma nel momento in cui mi voltai vidi il volto di mio padre. "Stai bene?" disse "Stai sudando freddo".

In quel momento lanciai una rapida occhiata al bosco, ma non c'era niente, soltanto alberi.

"I-io ho visto qualcosa", balbettai. "Era scuro e grande come un mostro".

Mio padre, sentite quelle parole, mi tirò uno schiaffo.

"Perfetto, ci mancavano solo le allucinazioni! Quante volte ti ho detto di non imitare quegli idioti dei tuoi amici? Sono stati loro, vero?! Ti hanno dato qualcosa prima che partissimo! Ti sembro forse un idiota? Guarda che ho notato che durante il viaggio sei stata sempre zitta e per le tue, quasi persa nel vuoto... è perché ti sei fatta di qualcosa, non è vero?!".

"No", risposi, "era perché mi hai portato via da tutto ciò a cui tengo, coglione".

Finita quella frase accennò a darmi un altro schiaffo, ma mi levai subito di mezzo e iniziai a correre verso la macchina. Giunta lì mi misi di fianco a mia madre impegnata a limarsi le unghie, dopodiché mio padre incominciò a camminare verso di noi approfittando del tragitto per sbollire un po' dalla rabbia, e come se nulla fosse successo prese due valigie ed incominciò a portare tutto in casa, ma si vedeva chiaramente che era ancora scuro in viso.

Finita di sistemarmi la stanza decisi che era ora di andare a dormire, convincendomi che tutto quello che avevo visto era dovuto solo allo stress per il trasloco, ma c'era qualcosa in quel bosco che ancora continuava a chiamarmi, sentivo ancora quell'impulso che mi spingeva ad andare lì, come se ad attendermi ci fossero dei vecchi amici pronti ad accogliermi tra loro come una sorella; ma questa volta trovai la forza di distogliere lo sguardo dalla finestra, chiudendo le tende in modo da non vedere più quello spettacolo agghiacciante. Nell'esatto momento in cui chiusi la tenda si elevò dal bosco un potente ululato che risuonò quasi come se fosse un tuono, paralizzandomi.

Di lì a breve tutti i cani nei dintorni incominciarono ad agitarsi e ululare, unendosi ad altri ululati che cominciarono presto a uscire dal bosco.

Mi precipitai al piano di sotto raggiungendo i miei che al momento erano impegnati a cenare.

"Non avete sentito?", dissi loro.

"Sentito cosa?", rispose mia madre con tono confuso.

Neanche il tempo di replicare che mio padre mi zittì subito: "Basta, adesso, vai subito a letto!".

A quelle parole non avevo neanche la forza di controbattere, così decisi di lasciar perdere e di tornare su.


Un suono mi fece svegliare di soprassalto. La stanza era illuminata dalla luce della luna che filtrava dalla finestra, che io ricordavo di aver chiuso. Qualcosa mi solleticò la mano: vidi su tutta la coperta una grande quantità di peli neri. Sembrava che qualche cane avesse dormito affianco a me, ma questo era praticamente impossibile: mi sarei accorta se qualcosa mi avesse toccata durante la notte, soprattutto perché ho il sonno leggero.

Rivolsi il mio sguardo verso la porta: era aperta, e dal fondo delle scale si sentiva un rumore. Decisi di farmi coraggio e di scendere a controllare cosa fosse. Poco dopo un forte odore mi punse il naso.

Inizialmente pensai che un procione si fosse introdotto in casa, ma nel scendere le scale scivolai su qualcosa di umido.

Un po' intontita dalla caduta, alzai lo sguardo. Il rumore era cessato, ma di fronte a me c'erano due grandi occhi gialli che mi guardavano, ed era come se parlassero. Ai piedi di quella creatura c'erano due corpi, martoriati e dilaniati, che avevano dipinto di rosso tutta la stanza. A quella visione non provai paura né disgusto, l'unica cosa a cui riuscivo a fare attenzione era lui: era così bello. Aveva un pelo folto e scuro, con zampe grandi munite di artigli lunghi e affilati, due orecchie tese, e una struttura corporea davvero imponente e ferma. Quell'incredibile creatura suscitava in me un grande rispetto e ammirazione; la stessa che si può provare per un fratello maggiore.

Siamo stati un bel po' di tempo a fissarci; dopodiché, mi alzai e con una mano tesa mi avvicinai a lui. Sembrava capirmi. Si lasciò toccare, e si diresse verso la porta. Lo seguii. Era quasi magnetico.

Varcata la soglia della porta ci siamo diretti verso il bosco, e giunta lì tanti piccoli occhi gialli mi circondarono. Erano tanti lupi grigi.

Lì, su un'alta roccia, stava lui, sempre con quella posa ferma e attenta, che ci guardava dall'alto, che prestava attenzione ad ogni piccolo dettaglio.

Non so come abbia fatto ad arrivarvi così velocemente, mi ero distratta solo un attimo.

In quel momento cominciarono tutti ad ululare e qualcosa cambiò in me. Inizialmente era tutto confuso e strano, ma riacquistata la lucidità vedevo il mondo da un'altra prospettiva, ero come rinata, e finalmente mi sentivo come a casa, come se quella fosse davvero la mia unica e vera famiglia.

Il richiamo del lupoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora