17. Riconoscerei le tue mani in un istante

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Era già lunedì, mancava solo un giorno alla prima serata del festival e mi sentivo abbastanza bene, se non fosse per i pensieri fossero tutti indirizzati sulla conversazione avvenuta con Alessandro, ormai due sere prima, nella testa solo le immagini di Alessandro che stringevano il mio corpo al mio. 

Avevo passato la mattinata a giocare a tennis, come facevo ogni qualvolta che i miei nervi si facevano sentire, spostando i miei pensieri, verso una dimensione meno rilassata e serena del solito. Pensare che ero una persona teoricamente molto rilassata, certo alcune cose mi facevano agitare, ma erano solo attimi, solo momenti che poi passavano ed erano di solito legati al mio lavoro, invece che alla mia vita personale; nella quale non ero sicuramente una persona noiosa, ma non ero neanche eccessivamente melodrammatico. Ora invece girava tutto in modo molto diverso e quello dipendeva solo da una chiacchierata e un paio di abbracci con la persona giusta, o forse con quella più sbagliata che ci fosse. Ma se era bastato così poco per ritornare a pensare a lui in modo ossessivo, cosa sarebbe successo se fossero andati di nuovo oltre? Cosa sarebbe successo se quell'abbraccio si fosse trasformato in gesti più audaci? Eppure non riuscivo a smettere di pensare al suo profumo e al batticuore che mi procurava la sua vicinanza. 

Avevo paura, anzi ero terrificato, impietrito.

Ma da cosa ero così impaurito? Me lo chiedevo da quando quella mattina alle prime ore del giorno, il sole timido si stava alzando coprendo la luna, mi aveva svegliato e non mi aveva più fatto dormire. Forse non c'era una vera risposta a quella domanda, forse avrei dovuto solo ignorarla e vivere quello che sarebbe arrivato, anche se non fosse stato nulla, mi sarei tenuto quelle sensazioni strette intorno al cuore per molto, senza chiedermi altro.

Ma era impossibile farlo in quel momento.

Avrei voluto chiamare Alessandro, chiedergli cosa pensasse lui, avrei voluto dire tante cose, ma alla fine non dissi nulla, non ne avevo il coraggio.

-

Quel pomeriggio andai in teatro per assistere alle prove dei cantanti, volevo finalmente ascoltare le canzoni, anzi forse la canzone, ma quello era un pensiero solo mio, non l'avrei sicuramente condiviso con altri.

Ascoltai diverse canzoni, senza prestare reale attenzione, presi il telefono e mi misi seduto sul fondo del teatro, per non farmi vedere. Iniziai a guardare un pò si storie su Instagram, perdendomi a leggere quello che scrivevano i miei fan di me; ridacchiai pure, completamente solo in quel momento, leggendo un qualcosa che mi aveva divertito ma che ora non ricordavo, visto che i miei pensieri furono interrotti dalla voce di Alessandro, in lontananza. 

Lo osservai, era così bello, anche se indossava una semplice tuta, che però gli stava da Dio. Pensai che forse ero di parte, ma gli sarebbe stato bene qualunque vestito, su di lui aveva sempre una luce diversa. Iniziò a cantare, quando ancora il mio cervello stava invidiando il suo pantalone per essere così a contatto con il suo corpo.

'Se partirò a Budapest, ti ricorderai
Dei giorni in tenda, quella moonlight'

Stava parlando di me? Stava parlando del nostro viaggio in tenda? Stava parlando di quella notte sotto la luna, quando ci eravamo detti ti amo per la prima volta.

'Non era abbastanza, noi soli sulla Jeep
Ma non sono bravo a rincorrere'

Una lacrima scese sulla mia guancia, prepotente. Era tempo che non sentivo la sua voce, ed era tempo che una canzone mi emozionava in quel modo. Forse perché la sentivo così vicina, forse perché i ricordi di quella notte passata fra baci, carezze e promesse non dette ad alta voce, ma con gli occhi, mi lasciava dell'amaro in bocca, mi lasciava il dolore di quello che ora era così lontano, così sfuocato, che era solo un ricordo lontano.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora