Alessandro POV
Quando mi svegliai quella mattina, non trovai Marco accanto a me. Mi sembrò quasi che l'aver dormito stretto al suo petto fosse stato un sogno, ma poi vidi le coperte spiegazzate accanto a me e mi ricordai che era la realtà più bella. Quel pensiero fu interrotto da un dolore fortissimo al fianco, alla pancia e al petto. Sembrava come se qualcuno mi camminasse sopra con tutto il peso del suo corpo.
"Marco?" Lo chiamai, cercando di capire dove fosse, che cosa stesse facendo.
Dopo qualche istante mi si palesò davanti, era al telefono. Con il labiale mi disse "Aspetta", non capivo con chi stesse parlando, ma dal suo sguardo sembrava molto preoccupato.
Tornò da me qualche minuto dopo. "Buongiorno Ale."
"Buongiorno."
Non riuscivo a nascondere le smorfie sul mio viso, il dolore sembrava anche peggio del giorno precedente, sembrava tutto peggio in quel momento.
"Ale, fra mezz'ora arriva il medico, riesci ad alzarti? Ti ho preparato la colazione."
Tolsi le coperte dal mio corpo e mi alzai in piedi, ma persi leggermente l'equilibrio, le mani di Marco mi afferrarono subito per il braccio, tenendomi in piedi. Mi sorrideva leggermente, forse per tranquillizzarmi.
"Perché mi fa così male?"
Iniziai a singhiozzare quando arrivai, a braccetto con Marco, in bagno. Lui si fermò un istante, mise la sua mano sulla mia spalla. "Ale passa tutto. Te lo prometto."
"Tu non mi lasci solo vero?"
"L'ho mai fatto?"
E aveva ragione, non l'aveva mai fatto. Io si, l'avevo lasciato da solo così tante volte, lui invece no. Mi sentii immediatamente un verme ad essere lì, a chiedere una mano a lui, proprio a lui, che avevo ferito così tanto.
"Queste lacrime, non sono per il dolore vero?"
Sospirai immediatamente. Come faceva a capire sempre i miei stati d'animo?
Annuisco, senza aggiungere altro, il senso di colpa era troppo forte, così come il dolore fisico. Mi avvicinai al wc, lui rimase vicino a me, non accennava a voler uscire.
"Ale, ti ho visto miliardi di volte. Non ti lascio qui da solo, se cadi poi peggioriamo la situazione."
Lo vidi girarsi, tenendosi però ad una distanza tale che avrebbe potuto afferrarmi senza problemi, per il braccio e nel caso estremo per la maglia.
Shhhhhh.
Lo sentii ridere. "Adesso che ci penso non hai mai fatto la pipì davanti a me."
"Ma che dici? Non ti ricordi a Budapest?"
Il gelo, il silenzio. Lui non disse più nulla e conoscendolo sapevo che non avrebbe avuto senso insistere nell'avere una risposta. Anche per me Budapest, era una ferita ancora troppo grande, da razionalizzare.
-
Il medico non aveva dubbi: avevo due costole inclinate. L'ansia si propagò in ogni centimetro del mio corpo, appena lui se ne andò, lasciandomi solo seduto sul tavolo del soggiorno di Marco, che mi guardava con uno sguardo perso.
Si alzò in piedi e andò a prepararmi una tisana, la mia tisana al finocchio. Le aveva ancora a casa, anche se a lui faceva schifo. Sapeva quanto mi calmasse e gli fui grato per averlo ricordato. Quando tornò da me, si mise seduto davanti e mi passò la tazza fumante.
"Cosa ti preoccupa?"
"Fra tre giorni ho le interviste, gli show case, il firma copie. Come faccio?"
Lo vidi cambiare sguardo, mi capiva. Lo sapeva cosa significava, infondo anche lui aveva fatto San Siro, dopo essersi lesionato i legamenti del ginocchio. Sapeva anche lui che non avrei potuto cancellare gli impegni.
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Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the Moon
FanficCOMPLETA! Mi misi la camicia e allacciai la cintura dei pantaloni, non riuscivo più a guardarlo. "Quindi non mi ami?" mi chiese, con uno sguardo confuso, perso. "Non ti amo più." Il silenzio che portò quella frase, mi fece male, ma era necessario; s...