29. Incontrollato

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Hawk

Il caffè bruciava attraverso il bicchiere, il tepore del liquido oltrepassava il cartonato e mi scaldava i palmi. Alzai gli occhi su cosa mi circondava, le strade di quella zona quel giorno erano tranquille, il tempo era gradevole tanto che riusciva a mettermi di buon umore, il mio sguardo venne catturato da un locale. Lo conoscevo bene, proprio in quel momento dalla porta uscì Marcus.
«Ei Marcus!» gli sorrisi e sventolai la mano in aria.
Marcus si avvicinò per darmi una pacca sulla spalla e rivolgermi un sorriso.
«Come va la palestra?»
«Oh non ti preoccupare! Me la cavo piuttosto bene»
I miei occhi vennero catturati da una figura, intravidi una ragazza che attraversava la sala, una coda biondo miele risaltò ai miei occhi, non sentii più Marcus.
Jordan

«Bene, allora ti saluto Hawk, ci vediamo»
«Oh si, sto entrando un attimo, ho visto qualcuno che conosco.»
Marcus mi accennò un sorriso e io lo superai.

La luce del sole filtrava attraverso la porta di vetro della palestra di arti marziali di Marcus. Osservai attentamente il luogo circostante, aspettando che Jordan rispuntasse.

Conoscevo l'ambiente, si era diretta verso gli spogliatoi.
Non capivo perché mi ero così attaccato a Jordan, perché volessi stare spesso con lei.

Mi persi a osservare la pianta di un colore vivace depositata accanto all' ingresso, veniva colpita dal sole e le foglie di un verde intenso si erano ulteriormente illuminate, poi mi voltai.

Jordan mi osservava a sei metri di distanza con le labbra carnose leggermente dischiuse.
«Ciao... Scusa dell' improvvisata, ho salutato Marcus»
Distolse lo sguardo e le sue sopracciglia castano chiaro si deformarono per delineare la sua espressione.
«Come mai conosci Marcus?» diffidente, il suo tono era diffidente.
Alzai le spalle.
«Per un periodo è stato il mio allenatore, venivo anche io qui, perdonato?»
Per un attimo pensai avrebbe abboccato alla mia provocazione, ma Jordan non reagì, sorrisi.
Il suo viso si rilassò e mi guardò brevemente.
«Come ti pare»
Si era sciolta la coda e non aveva più addosso la tuta che avevo intravisto, aveva ancora le goti arrossate però. Uscii dal locale ed io la seguii.
«Ti va di camminare?»
Solo in quel momento mi ricordai del caffè che avevo in mano.
Giocherellai con il bicchiere in cartone che avevo tra le mani, poi la osservai.
Bella, così maledettamente e semplicemente bella.
«Così bella.»
I suoi occhi castani saettarono su di me.
Fece finta di nulla, allora sorrisi in modo sfacciato.
«Sei bella, Jordan»
Allora arrossì, e provò a nascondermelo.
«Come vuoi.» eppure il suo tono era cadente, scioglievole.

«Tu combatti Hawk?» annuii, la voglia di scontrarmi con lei annebbiò il mio cervello in un istante, un pugno da Jordan suonava la cosa più eccitante in quel momento, e in generale, del mondo.

Attraversammo una micro piazzetta, un' ampio spazio vuoto circondato dalla città, una piccola fontana in metallo ne era il fulcro e la rotonda era circondata da piccoli alberi dal busto sottile.

Mi accostai a Jordan, spontaneamente le tolsi una ciocca di capelli che le scendeva sul viso, con il lato esterno delle dita le accarezzai lo zigomo.

In un' instante venni spinto contro una ringhiera di metallo, mi appoggiai alla ringhiera e Jordan si avvicinò a me.

Mi pentii subito del mio gesto, pensai di averla spaventata.

«Ci penso continuamente e forse» la sua voce tremava.
«forse sto solo esagerando, ma tu già mi conoscevi, prima della sera dell' attacco di panico, no?»

Il suo volto era rigido, le sue sopracciglia inarcate e gli occhi minacciosi.
Alzai il mento per mettere un po' di distanza ma non distolsi lo sguardo dal suo viso.

In the ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora