Colpe

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    Thranduil divise perfettamente a metà un orco, con un unico fendente mortale. Era furente, infervorato da un fuoco antico e senza freni, che gli dilaniava il petto.
Quella dannata stella.
Maledetta lei e le complicazioni che s'era portata appresso.
Si gettò senza indugio contro i non morti, deciso a sfogare su di loro tutta la rabbia e la tensione accumulate in quelle lunghe settimane. Come se il risentimento verso di lei non bastasse, adesso Thranduil doveva persino ammettere che, per tutto quel tempo, aveva ostinatamente, volontariamente e gratuitamente sottovalutato la potenza del nemico.
Appurare con i propri occhi che quell'esercito maledetto era composto solo da disgustosi cadaveri, lo scioccava e lo irritava oltre ogni misura. Da quando poi aveva ricevuto le ultime informazioni dai suoi corvi, non riusciva a non provare un cocente odio nei confronti dello stregone Pallando.
Anzi, degli stregoni in generale: dopotutto, non era certo la prima volta che uno degli Istari faceva tanto danno.
Sentiva la testa vorticare per la miriade di pensieri che vi si affollavano, senza sosta.
Non sarebbe dovuto giungere sino a Minas Tirith.
Certo, quella era l'unica certezza che lo accompagnava, giorno e notte, dal momento in cui aveva messo piede fuori da Bosco Atro. Eppure, aveva marciato con il suo esercito senza mai rallentare e aveva diretto lui stesso l'attacco, senza il minimo indugio. Coerente.
Ed era inutile cercare di negare il perché: voleva vederla.
Sì, voleva guardarla negli occhi e sputarle in faccia il proprio, profondo disprezzo: non sarebbe riuscito a lasciarsi quella storia alle spalle, non prima di aver pareggiato i conti con lei.
Era servito quel disgraziato di Felon per farglielo capire.
Però, quel silvano traditore aveva avuto torto su una cosa fondamentale: lei non l'aveva cambiato; aveva solo contribuito a ricordargli di non fidarsi di nessuno al di fuori di sé stesso.
Quando si conquista qualcosa, si deve fare di tutto per tenersela ben stretta, ecco tutto. E lui aveva permesso a quella ragazzina di scappare: non avrebbe ripetuto lo stesso errore due volte.
Decapitò quattro orridi orchi con un colpo secco, incurante degli schizzi di melma nerastra che volarono a macchiargli l'armatura argentea. Infine, Thranduil era di nuovo sceso in battaglia, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto per restarne fuori e per risparmiare altre sofferenze al suo popolo.
Per lo meno, non lo avrebbe fatto invano: non vedeva l'ora di vedere le facce degli alleati, quando li avrebbe costretti a omaggiarlo per la sua sola presenza.
Senza di lui, erano persi.
Improvvisamente, dalla ressa intorno a lui, una voce familiare attirò la sua attenzione. -Adar! (padre)-
Thranduil puntò gli occhi di ghiaccio su suo figlio, ignorando cocciutamente la sensazione di sollievo che provò nel vederlo.
Contrasse la mascella, seccato: -Mangia Terra, cadaveri che combattono, ordigni esplosivi. Sono sorpreso di trovare qualche inutile umano ancora in vita.- Commentò sprezzante, non senza lanciare una rapida e discreta occhiata a valutare lo stato di salute del figlio.
Legolas giunse in fretta al suo fianco, stringendo d'istinto i pugni: come poteva lui, giunto solo adesso, parlare in quel modo?
Gli alleati avevano perso molte vite e altrettante sarebbero state spezzate se non avessero portato a termine il piano in tempo.
Solo per quel motivo decise di non curarsi delle dure parole di suo padre, controllando le proprie emozioni: -Non avanzate oltre, non servirà.- Lo avvertì. Thranduil spostò lo sguardo sui propri soldati, che stavano ricacciando i non morti verso Sud a suon di legnate. -Li stiamo contrastando, mi pare.-
Legolas scosse con forza la testa, stizzito: -Stanno per aumentare ancora di più il loro numero, non vedi che i Mangiatori di Terra continuano ad aprire varchi?-
Poi indicò con un gesto deciso i segni scuri che percorrevano il terreno davanti a loro, sparendo a tratti nell'erba alta e secca: -I Campi del Pelennor stanno per diventare una distesa di fuoco. Abbiamo creato una rete di materiale altamente infiammabile per carbonizzarli: è l'unico modo che abbiamo per distruggere definitivamente i non morti.-
-E i vostri caduti? Bruceranno con loro?-
Legolas sollevò il mento, deglutendo a vuoto. Fedele a sé stesso, Thranduil aveva pensato ai loro morti, al popolo: al loro posto, suo padre non avrebbe mai permesso che il corpo di un singolo soldato del Reame Boscoso rimanesse indietro.
-Erano consapevoli di questa possibilità, dal momento in cui hanno accettato il piano.- Tagliò corto, con voce bassa.
Thranduil lo fissò, stringendo gli occhi a due fessure lucenti ma non si oppose: -Bene allora. Vorrà dire che ci limiteremo a spingerli nei Campi.- Si voltò con uno svolazzo del mantello rosso sangue, impartendo ordini secchi ai capi della guardia elfica.
Legolas abbassò la testa, respirando a fondo: doveva ammettere che una parte di sé, quella più nostalgica e antica, gioiva della presenza forte e rassicurante di suo padre.
Era improvvisamente tornato un giovane elfo alle prime armi, terrorizzato all'idea di dover affrontare la pericolosa battaglia ma ispirato dal coraggio e dalla destrezza del padre: l'unica differenza era che, adesso, Legolas si sarebbe sotterrato di buon grado pur di evitare la vergogna che stava provando nel desiderare l'aiuto del Re.
Ad ogni modo, gli elfi di Bosco Atro erano rapidi ed efficienti e, dando man forte agli alleati, circondarono il nemico in brevissimo tempo. Ora, Uomini, Elfi e Nani contenevano i non morti, che si abbattevano come onde nere contro il cerchio formato dalle loro armature e dalle loro armi impietose.
Per quanto forti fossero però, gli alleati cominciarono quasi subito a dare segni di cedimento: i nemici stavano aumentando a dismisura, presto sarebbe stato impossibile trattenerli.
Legolas scrutò il crinale con la sua acuta vista, mentre affiancava suo padre: -Avanti Sillen, fai in fretta...- Sussurrò, ansiosamente.
Non riusciva ad individuarla e gli elfi, per quanto resistenti, cominciavano ad arretrare: non poteva permettere che tutti gli sforzi della stella venissero vanificati proprio all'ultimo.
Estrasse la spada con fare risoluto: -Adar, vorrei unirmi all'avanguardia.- Thranduil non si oppose, una maschera di indifferenza sul viso affilato: -Come se tu avessi bisogno di chiedere il mio permesso. Fai come desideri.- L'altro si inchinò brevemente, sparendo poco dopo tra le file composte dei soldati, senza guardarsi indietro.
Thranduil chiuse per un attimo gli occhi, respirando a fondo.
Perché si comportava sempre in quel modo?
Quanto poteva essere difficile complimentarsi, esprimere la sua preoccupazione o la sua ammirazione verso il suo stesso figlio? "Ottimo lavoro, Legolas. Stai attento, figlio mio."
Ogni padre era in grado di farlo.
I suoi cupi pensieri furono interrotti dall'arrivo di Galion, che si sistemò rumorosamente la già impeccabile armatura, giusto per far notare al Re la propria presenza.
Thranduil, regale e immobile come una statua di marmo e argento, si sforzò di non guardarlo, tenendo gli occhi di ghiaccio incollati sulla battaglia. -L'hai trovata?- Chiese solamente, con falsa noncuranza. -Sì mio signore. Ovviamente, non ha accettato il mio aiuto, perciò continuerà da sola. Da quanto ho inteso, appiccherà lei stessa il tanto atteso "fuoco risolutore". Comunque, è ferita e anche in modo grave. Non so per quanto l'athelas riuscirà a frenare le emorragie ma le conviene fare in fretta o ci lascerà le penne.- Fece l'altro, guardandosi le unghie.
Thranduil, suo malgrado, rabbrividì a quelle parole ma scacciò in fretta tutte le emozioni che stavano minacciando di invadergli il petto. Dunque quella donna era in pericolo.
Tanto meglio, voleva dire che non era ancora irrimediabilmente morta. Non gli sarebbe piaciuto venire a sapere che fosse già morta o chissà cos'altro: non poteva vendicarsi su un cadavere.
L'aria si fece più pungente, ora che il sole stava sparendo oltre la città di Minas Tirith e il Re volse istintivamente lo sguardo sul suo unico figlio, che combatteva poco lontano.
Somigliava davvero tanto a sua madre ma forse non glielo aveva mai detto. Anche adesso, mentre cercava di far avanzare l'esercito del Reame Boscoso per spingere i non morti dentro la rete di pece e olio scuro, Legolas aveva la stessa espressione risoluta della Regina.
L'immagine dei capelli d'oro di lei, sparsi sul terreno tinto di cremisi, invase prepotente la mente dell'antico Sindar, che si ritrovò a stringere nuovamente la spada.
Avanzò verso suo figlio, respirando a fondo, per mantenere più salda che mai la sua maschera di ghiaccio.
Roteò la lama elfica velocemente, con fare annoiato: -Bene, Galion. Allora non stiamo qui con le mani in mano. Qualcuno dovrà pur dare a quella donna il tempo che le serve. E vediamo di risolvere questa scomoda faccenda prima che faccia buio: odio combattere di notte, lo sai.-

La Stella dei ValarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora