Occhio per Occhio

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    Sillen sentì qualcosa di umido sfiorarle la fronte e aggrottò le sopracciglia. Qualsiasi cosa l'avesse svegliata dal suo sonno, non era la benvenuta: si sentiva come se un'intera montagna le fosse crollata addosso, frantumandole tutte le ossa. Il bisogno di riposare era tale che di certo non avrebbe mosso un dito per almeno un secolo.
Sbatté le palpebre velocemente, tentando di mettere a fuoco ciò che aveva davanti e subito la sensazione di umido si dissolse.
Le girava la testa, tanto da non riuscire a coordinare le estremità del suo corpo. Con non poca fatica, la stella lasciò vagare lo sguardo ottenebrato e riconobbe la sua stanza, immersa in una penombra morbida e accogliente.
Il letto era caldo e decine di coperte la avvolgevano piacevolmente, alleviando il dolore sordo che le percorreva le membra. Sulla specchiera, un paio di candele erano state evidentemente accese da poco, poiché la cera non aveva ancora avuto il tempo di gocciolare lungo la loro forma affusolata.
Lentamente, Sillen si portò una mano al viso, sfregandosi gli occhi affaticati. Subito, la stessa mano ricadde a peso morto sul materasso e la stella ansimò, sfiancata da quel semplice gesto.
Nonostante le numerose coperte, sentiva piuttosto freddo e il suo intero corpo era gelido come la neve.
Sospirò profondamente, ricordando i suoi ultimi momenti di coscienza: Elessar stava bene, questo era l'importante. Lei poteva di certo sopportare, anzi, era il minimo che potesse fare dopo ciò che aveva causato.
Non ebbe il cuore di guardare oltre la finestra, dove i suoi occhi stanchi, invece dello svettare fiero della Torre di Ecthelion, avrebbero incontrato solo il cielo stellato. Chiuse i pugni debolmente, ricacciando indietro le lacrime: sarebbe stato quello il prezzo da pagare per riportare la pace nella Terra di Mezzo?
Poteva il suo destino condurla su un sentiero ancora più tortuoso? Più doloroso?
Si accorse di non essere sola soltanto quando, con la coda dell'occhio, notò del movimento alla sua sinistra. Un movimento quasi impercettibile, tuttavia Sillen era sicura che ci fosse qualcuno in piedi accanto al letto, ne percepiva chiaramente la presenza. Chiunque fosse, possedeva un'energia potente, che invadeva la stanza come un piccolo incendio. La stella si stupì di non averla avvertita prima. Forse era davvero troppo stanca.
Per quanto tentasse però, Sillen non riusciva proprio a voltare la testa in quella direzione e si arrese sui cuscini, stringendo le labbra in un'espressione di disappunto.
Deglutì, sforzandosi di parlare: -Chi c'è?- La voce, invece che perentoria come sperava, le uscì arrochita e debole, a metà tra il lamento e il rantolio di un moribondo. Tossicchiò, stringendo gli occhi che ricominciavano a lacrimare per il dolore. La gola le bruciava da impazzire, come se qualcuno vi avesse spinto un ferro incandescente a forza.
La presenza alla sua sinistra si mosse di nuovo, questa volta avvicinandosi leggermente: -Non parlare, il veleno ti ha lesionato la gola in profondità.- All'istante, Sillen sentì i battiti del proprio cuore accelerare violentemente e lo stomaco si serrò in una morsa terribilmente familiare.
Quella voce.
Il respiro si fece improvvisamente affannoso.
Conosceva bene quella voce, troppo bene: -Thranduil?-Bisbigliò, senza fiato. L'elfo apparve finalmente nel campo della sua visuale, facendola sussultare vistosamente.
Sillen fu subito sopraffatta dalla sua presenza fisica e psichica, più imponente di quanto ricordasse, e si sentì minuscola in quel grande letto sfatto.
I sottili capelli d'argento del Re degli Elfi, liberi da ogni orpello, le piovvero attorno come una cascata di metallo liquido mentre lui si chinava su di lei.
Sillen tossì ancora, tentando di sollevare la mano per toccarlo, ma l'elfo, immediatamente, le trattenne il polso tra le dita, tenendolo incollato al materasso in un gesto gratuitamente rude.
La sua pelle pareva incandescente in contrasto con quella fredda di lei: -Stai ferma.- Ordinò, con un tono che non ammetteva repliche. -Thranduil?- Ripeté lei, come ad accertarsi che lui fosse davvero lì. Quello le portò l'altra mano alla fronte, premendovi un panno bagnato: -No.- Rispose, monocorde.
Sillen ignorò i suoi modi e tenne gli occhi ancora appannati dal sonno fissi sul viso dell'elfo, incredula. Studiò avidamente i suoi lineamenti affilati, il bagliore freddo dei suoi occhi di ghiaccio, la linea severa delle sue sopracciglia, le curve virili ma delicate delle sue labbra. -Sto sognando vero?-
L'altro si alzò, impassibile, lasciandole velocemente il polso e tornando a bagnare la pezza: -Sì, è un sogno.- La stella ascoltò il suono dell'acqua nel catino, immaginando le mani dell'elfo come se le avesse dinanzi agli occhi. -Sapevo che non poteva essere reale. Galion ha detto che anche tu stavi marciando sul campo di battaglia. E forse sei davvero qui a Gondor... Ma di certo non saresti mai venuto da me.- Una lacrima le scappò dalle ciglia, scivolando verso il cuscino candido.
-Esattamente.- Confermò Thranduil, immergendo la pezza nel catino con uno scatto nervoso.
Sillen chiuse gli occhi, ferita. -Però sono stanca di sognarti ogni volta che riesco ad addormentarmi.- Si lamentò, arrabbiata più con sé stessa che con lui: -Riesci ad essere... irragionevole e scortese persino nei miei sogni.-
Il rumore dell'acqua mossa nel catino si arrestò e, dopo pochi attimi, la voce di Thranduil le arrivò alle orecchie, carica di tagliente sarcasmo: -Irragionevole? Io sarei irragionevole? Ti sei vista, Stella dei Valar?- Anche senza guardarlo, Sillen sapeva che la stava fissando con quella solita espressione di sufficienza stampata sul viso affilato.
-Fatti un esame di coscienza se non ti sembra vero, Heru en amin (mio signore, formale).- Lo riprese lei, nonostante ogni parola pronunciata le facesse dolere la gola oltre il sopportabile.
L'elfo si piegò nuovamente sulla stella, il viso ancora più freddo e contratto di prima: -Dînna (sta'zitta). Ho detto che non devi parlare.- Sillen si zittì controvoglia, decisa comunque a non staccare gli occhi da quel bellissimo viso per nulla al mondo.
Ogni volta che l'elfo si avvicinava in quel modo, il suo cuore impazziva come a volerle sbriciolare il petto.
Era certa che anche lui lo sentisse.
Inoltre, in quegli attimi, il calore che il corpo dell'elfo emanava pareva sciogliere un po' il ghiaccio che la stella sentiva addosso, liberandola momentaneamente da quell'innaturale rigidità.
Nonostante tutto, Sillen arrossì, inspirando il profumo di sole e rugiada che Thranduil portava con sé e si rilassò gradualmente, lasciando che l'acqua tiepida le donasse un po' di sollievo.
In quel sogno, l'irritante elfo era insolitamente disadorno: mai Sillen lo aveva immaginato senza la sua corona, senza i suoi anelli, senza i suoi abiti riccamente decorati. Eppure, adesso lui si presentava con un anonimo camice bianco e un mantello bruno come la terra appena smossa.
-Perché mi fissi così?- Chiese Thranduil, incrociando casualmente lo sguardo violetto della stella.
-Perché è un sogno strano...- Sussurrò lei, senza imbarazzo.
-Ma sei bello. Sei sempre bello.- Ammise. Alla fine era un sogno, pensò: quanto poteva importare ciò che diceva o non diceva?
Thranduil scosse la testa, tornando a tamponarle i polsi e gli avambracci: -Questo me l'hai già detto. Poco originale. Commentò, riferendosi al loro primo incontro.
Le sue mani, intanto, erano insolitamente delicate.
Tutto di lui era oltremodo insolito, in quell'assurdo e meraviglioso sogno, si rallegrò lei. Le era mancato in un modo che non era in grado di esprimere a parole.
Sorrise appena, addolcendo lo sguardo: -Senti Thranduil...- Con le dita fredde riuscì a stringere un lembo della manica candida dell'elfo, tirandolo debolmente. Lui non sembrò darvi peso, limitandosi a continuare quell'operazione: -Mhm.-
-Perché nei sogni mi aiuti sempre?- Tossicchiò lei. Le parve di vedere una strana ombra passare sul viso del Re degli Elfi, come un brutto ricordo tornato a punzecchiargli la memoria. Poi lui inclinò appena la testa, scostandole i capelli dal collo per sistemare lo stretto bendaggio: -Non lo so. Forse perché il Thranduil nei tuoi sogni è un povero idiota, per nulla in grado di tenere a mente chi è. E che cosa ha promesso di farti, una volta ritrovata.- Le confessò, a denti stretti.
Sillen deglutì a fatica, sia per il dolore sia per le dure parole dell'elfo argenteo. Quella frase non le suonava nuova, dopotutto: già in un precedente sogno, Thranduil aveva sottolineato che ben presto le avrebbe fatto pagare lo scotto delle sue azioni.
Tuttavia quello era il suo dannatissimo sogno e lei non aveva intenzione di fargli prendere la piega dell'incubo proprio adesso.
La vista si stava lentamente schiarendo e Sillen poté finalmente distinguere più dettagli del suo onirico visitatore. Nonostante l'abbigliamento spartano, Thranduil non aveva rinunciato a una bella spilla argentata, tempestata di smeraldi scintillanti. Il solo scorgere quel piccolo seppur pomposo dettaglio, donò nuovamente allegria alla stella. -Thranduil?-
-Cosa?- Sospirò lui, chiaramente infastidito: -Guarda che ti ho già detto di stare zitta. Se poi le ferite peggiorano, saranno problemi tuoi.- Chiarì, anche se dal suo tono non traspariva alcuna reale preoccupazione in merito. Sillen non se ne curò, perseguendo i suoi buoni propositi: -Scusami, hai ragione. Sono ridotta male, eh? Mi trovi brutta adesso?- Chiese, scrutando divertita la sua reazione. Thranduil, per tutta risposta, si fermò all'istante, la pezza bagnata a mezz'aria.
No, lui non era affatto divertito.
L'atmosfera nella stanza si caricò immediatamente di un'elettricità pulsante, tanto potente da dilatare i secondi.
Sillen vide gli occhi adamantini di lui correrle sul viso, socchiudendosi leggermente. Erano diventati improvvisamente più liquidi, caldi e la stella ricordò con fin troppa chiarezza quegli attimi brucianti vissuti nella Sala delle Udienze, nel Reame Boscoso. Proprio come allora, Sillen non riuscì più a respirare, tanto era intenso lo sguardo del Re elfico.
Si sentì avvampare, dandosi della stupida per aver fatto una domanda tanto sciocca e infantile proprio a lui.
Aspettò che accadesse qualcosa, che lui le inveisse contro, magari. Invece, dopo qualche secondo, Thranduil le staccò delicatamente le dita dalla propria camicia, chiuse gli occhi e respirò a fondo, la fronte impercettibilmente contratta.
Quando li riaprì, il suo sguardo era tornato freddo e distante.
-Sì, sei decisamente ridotta male.- Le fece, con voce bassa e incolore. -Se stessi zitta sarebbe meglio. Quest'acqua contiene un'antica medicina del mio popolo, molto potente. Le ferite sono già migliorate rispetto alle scorse notti.- Commentò poi, parlando più tra sé e sé, per distogliere la propria attenzione dalla stella.
-Dovresti solo ringraziarmi. Se avessi lasciato fare a quegli incapaci dei tuoi- Sussultò e si zittì immediatamente, conscio di ciò che aveva appena fatto. Si voltò di scatto verso la stella, lo sguardo colpevole. Sillen, infatti, aveva cominciato a boccheggiare, incredula e agitata: -V-vuol dire che tu sei qui, che sei davvero qui. Eri qui anche ieri notte e-
Tentò di sollevarsi dal letto ma Thranduil tornò su di lei, tenendola ferma sul materasso facendo pressione sui suoi polsi doloranti: -No, ferma. Ho detto che è un sogno.-
Le ricordò a denti stretti, cercando di rimediare al proprio errore. -Stai mentendo!- Esclamò lei, fuori di sé dalla gioia.
L'altro serrò i pugni, facendole quasi male: -Basta, smettila! Non voglio aiutarti, non lo meriti.- Le sibilò a pochi centimetri dal viso.
Lei rimase a fissarlo con gli occhi sgranati, oltremodo confusa da quelle parole velenose: -C-cosa?-
Il Sindar contrasse la mascella, senza nemmeno accorgersi di aver rovesciato la bacinella d'acqua dietro di sé. -Pensi che io sia qui perché colto dall'altruistica voglia di curare le tue ferite?- Le domandò, tagliente. -Sono venuto fino a qui solo per ricordarti che con me non puoi fare ciò che vuoi senza aspettarti delle conseguenze.-­­­­
-Conseguenze?- Ripeté lei, cominciando, suo malgrado, a capire. L'altro non diede segno di volersi calmare: -Dannazione, chi credi che io sia? È vero, sei riuscita a scappare dal mio Reame, ma non per questo ti lascerò andare come se niente fosse.-
Lei sgranò ancora di più gli occhi viola, intuendo finalmente cosa quelle parole volessero dire realmente. La sua bocca si piegò in una smorfia oltraggiata: –Oh ma tu mi hai lasciata andare, Thranduil. Non è per me che ti sei disturbato ad abbandonare il tuo prezioso Trono, non è così? Sei qui perché non accetti che sia io a guidare questa gente, non mi ritieni all'altezza! Che cosa vorresti fare, adesso? Rivendicarmi come tua prigioniera?-
Lui strinse gli occhi a due fessure, i denti serrati dolorosamente: -Rivendicare? Io non ho mai rinunciato al mio possesso su di te, per quanto tu sia stata tanto impudente da cercare di usarmi. Io ti ho trovata, in quella radura, non darti tante arie!-
Sillen cercò di sottrarsi a quella presa ferrea, nonostante il dolore che provava in tutto il corpo le mozzasse il fiato. Tanto, era troppo furiosa per darvi peso: -Usarti!? È questo che credi?-
Lui s'incupì ancora di più, se possibile: -Te ne sei andata non appena hai capito che non saresti riuscita a usarmi, questa è la verità. E non mentire più, non ne hai bisogno.- La voce dell'elfo era carica d'odio, un odio velenoso: -Volevi il mio esercito? Ebbene, lo hai ottenuto. Ma a me cosa spetta adesso?- Il suo sguardo vagò sul viso della stella, implacabile: -Sono stanco di rimpiangere le mie azioni. Questa volta non ho intenzione di lasciare che le cose sfuggano dal mio controllo!-
Lei quasi non riusciva a respirare: percepiva la sua rabbia, forse riusciva anche a comprendere il suo cuore ferito. Ma come poteva Thranduil anche solo imputarle delle azioni così meschine? Sentì tutto il suo corpo fremere e un profondo senso di nausea invaderla. -So che in passato ho fatto qualcosa che ti ha ferito e ti chiedo scusa. Ma non ti permetterò di parlare in questo modo di me, la Stella dei Valar.-
Thranduil, in un battito di ciglia, chinò la testa, piegandosi verso di lei. La stella, nonostante non lo temesse ormai da tempo, tremò a quel gesto improvviso: ma il Sindar, semplicemente, stava affondando il viso nei suoi capelli, fino a posare la fronte sulla sua spalla dorata.
Non accennò a muoversi per diversi secondi e Sillen, tesa come una corda di violino, a malapena riuscì a tornare a respirare.
Poi, il Re degli Elfi rise, una risata profonda e incolore che le fece vibrare il petto: -Tu chiedi scusa? Mi hai deliberatamente riempito la testa con le tue belle parole, con la tua presenza... No, non bastano le tue scuse. Non le voglio. Non dopo che hai ottenuto ciò che volevi, riducendomi a... questo.- Sputò l'ultima parola a denti stretti, alludendo a sé stesso.
Sillen soffocò un singhiozzo, tentando di allontanarsi: -Bene, se le cose stanno così, non mi opporrò. Prenditi i tuoi meriti e vattene, Re degli Elfi. A guerra conclusa tornerò nel tuo Regno e potrai sbattermi nelle caverne per l'eternità, non m'importa! Ma ora devo adempiere il mio destino e non sarai di certo tu a fermarmi. Tornartene nel tuo dannato Palazzo, non avvicinarti mai più a me! Kéla! (vattene)- Soffiò, con le lacrime agli occhi.
Thranduil, suo malgrado, rimase spiazzato dalla reazione così realistica e intensa della stella ma non si fece intenerire.
Molte volte aveva ceduto sotto quello sguardo, adesso sapeva come combatterlo e bramava la sua vendetta ora più che mai.
-Non ti renderò le cose così facili, Sillen. Ora sono qui e voglio tutta la mia parte. Pensi che m'interessi il tuo "valoroso destino", forse? Credimi, nemmeno gli déi riuscirebbero a strapparti al mio volere.- Ringhiò, stanco di essere contrastato da tanto inutile orgoglio. -La vittoria non è tua, è mia. I meriti di questa battaglia sono miei, tanto quanto lo sei tu, non esiste discussione in merito. D'ora in avanti, deciderò io cosa farai o non farai, così come sarebbe dovuto essere dal principio. La storia ricorderà che fu il Re degli Elfi a guidare il più grande esercito della Terra di Mezzo. Poiché sarà lui a vincere questa guerra e a lui sarà consegnata ogni ricchezza conquistata!-
Lei si divincolò, ignorando il dolore lancinante che il suo corpo stava soffrendo. Non voleva più ascoltare.
Maledetto egoista, quel dannato elfo non era altro che questo.
-Ho detto vattene!- Gridò.
Thanduil le tappò la bocca con una mano e tornò a fissarla negli occhi, l'espressione tesa, decisa, arrabbiata e al contempo stanca, allucinata. La immobilizzò facilmente, ignorando le sue proteste. -Perché ti agiti tanto?- Le strinse la spalla destra con le dita, scostando leggermente la stoffa della veste.
-Lo hai detto tu stessa... Questo è solo un sogno.-
Le fece notare, prima di premere forte un punto della stessa spalla, con letale precisione.
Sillen sussultò per il pizzicotto e cercò di urlare, prima di sentire le forze abbandonarla inesorabilmente, intrappolandola nel buio.

La Stella dei ValarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora