Dammi un ultimo bacio

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Era il 4 gennaio del 1917, Argante, il mio promesso sposo era venuto a prendermi da lavoro, avevo da poco iniziato a lavorare in fabbrica per portare soldi a casa.                                   

"Mirella guarda che cosa ho trovato" disse mostrandomi un fiore.
"Questo è per te amore" lo presi e lo ringraziai. Lo amavo così tanto...Eravamo amici d'infanzia, lui era di un anno più grande, era nato nel 1899, io nel 1900. 

Arrivati a casa ci accorgemmo di una lettera, lui la aprì, fortunatamente entrambi sapevamo leggere e scrivere. Mi guardò con aria distrutta prima di prendermi le mani

"Amore...da domani mi arruoleranno nell'esercito..."                                            

"N-non è possibile...sei troppo giovane Argante" 

Mi spiegò la situazione, tutti i ragazzi nati nel 1899 della città sarebbero partiti la mattina successiva. Scoppiai in lacrime e lui mi consolò baciandomele dolcemente, lo abbracciai sapendo che sarebbe potuta essere l'ultima volta. Sperai che quel momento non finisse, ma lui doveva avvisare la madre e i fratelli piccoli. Ci staccammo, lui si abbassò alla mia altezza e sentii le sue labbra posarsi delicatamente sulle mie. Ancora oggi mi ricordo le farfalle che mi roteavano nello stomaco in quel momento. Non ero abituata ai baci, anche per questo fu bellissimo. Ci staccammo dopo pochi secondi che mi sembrarono infiniti. Lo salutai un'ultima volta prima di tornarmene a casa.

Passarono i giorni, Argante era partito, sentivo già la sua mancanza, dovevo trovare un modo per vederlo. Un giorno eravamo a tavola, stavamo mangiando le poche razioni concesse dal governo quando mia sorella Maria disse "Sapete, la mia amica Lucia ha deciso di diventare crocerossina, ci vuole coraggio, stare lì con i feriti e le malattie, rabbrividisco solo al pensarne. Povera Lucia" guardai la mia sorellona, mi resi conto che quella era l'unica cosa che avrei potuto fare per vedere Argante. Decisi il giorno dopo di annunciarlo alla mia famiglia "mamma, Maria, Giosuè, andrò a fare la crocerossina, voglio aiutare in guerra come fanno le altre ragazze" furono tutti d'accordo con la mia scelta, così mi informai al più presto sui requisiti necessari per diventare una crocerossina, e appena mi accorsi di soddisfare ogni singolo requisito mi diressi dalla croce rossa dove mi diedero dei moduli da compilare che diedi indietro il giorno del colloquio. Una settimana dopo mi arrivò una lettera dove accettavano la mia richiesta.

Eccomi qui, il 10 febbraio del 1917 con la divisa tipica da crocerossina addosso al mio primo giorno di formazione. Lì incontrai due ragazze che diventarono velocemente mie amiche, si chiamavano Nilde e Vilma, la prima aveva pochi anni in più di me mentre la seconda era una mia coetanea. La formazione era difficile ma riuscimmo a superarla. Un mese dopo iniziammo il nostro primo giorno di lavoro. Ci portarono subito in un ospedale da campo, c'erano degli uomini feriti sdraiati su lettini da ospedale, sentivamo le urla e gli spari da fuori, fu straziante. Iniziammo così a lavorare, era orribile.

Il tempo passava, ogni giorno era pieno di puro terrore, ansia di ritrovarsi faccia a faccia con soldati che conoscevamo in quelle condizioni. La paura era angosciante. Lavoravamo giorno e notte, che ci fosse il sole o che diluviasse, eravamo consumate mentalmente e fisicamente. Pregavamo ogni mattina e sera affinché la guerra finisse e che i nostri cari ne uscissero vivi, purtroppo capimmo troppo tardi di quanto fosse inutile farlo. Non servì a niente.

Un giorno mi rimane impresso da tutto quell'inferno. Il 17 aprile 1917, quel giorno stavo parlando tranquillamente con Vilma quando Nilde ci chiese aiuto per un paziente. Ci avvicinavamo alla barella, mi girai verso Vilma e la vidi sbiancare

"Vilma? Tutto ok?" Lei mi ignorò, la vidi correre verso l'uomo e si mise a piangere "fratellone per favore svegliati! Apri gli occhi, non lasciarmi qui sola. Vito! Non abbandonarmi!" Capii, quello era Vito, il fratello maggiore di Vilma, lei era molto legata a lui, purtroppo però era troppo tardi. Non riuscimmo a salvarlo. Vilma non parlo per 5 giorni, mangiava solo il minimo per sopravvivere e quando non lavorava piangeva, piangeva tantissimo. E così ingenuamente, pensai che non sarebbe potuto andare peggio...questo prima di quel fatidico giorno, il 23 aprile, una settimana esatta dalla morte di Vito, mi ritrovai davanti l'unica persona che non avrei voluto vedere. Argante era lì, davanti a me, Corsi verso di lui e lo abbracciai "amore, ti ho finalmente ritrovato non sai quanto sono feli-" non finii la frase che mi accorsi in che condizioni era: aveva una ferita alla testa e delle bende allo stomaco, il sangue non smetteva di uscire. "A-amore? Amore non scherzare per favore" lo guardai negli occhi, la sua espressione morente mi fece venire una potente stretta al cuore, mi venne in mente una cosa: il portamonete dorato che mi aveva regalato. Il primo regalo che mi aveva fatto dopo che eravamo ufficialmente diventati una coppia. Le sue deboli braccia si allacciarono dietro al mio corpo abbracciandomi "dammi un ultimo bacio e vivi per me" con le lacrime agli occhi lo baciai, le sue labbra bagnate dalle mie stesse lacrime mi staccai e lui esalò il suo ultimo respiro. 

Mi giro, noto mia nipote che piange "oh? Non piangere bambina mia, va tutto bene ora" "veramente vuoi che lo tenga nonna?" Guardo lei e poi il portamonete dorato, annuisco "amore, questo è il mio più grande tesoro e voglio che sia tu ad averlo" mi abbraccia, chiudo gli occhi, sento la mia famiglia piangere, soprattutto mia figlia, ma questo non è più importante, aspetto di vederlo di nuovo, il mio caro Argante, insieme al caldo abbraccio della morte.





Parole: 909

Spazio autrice

Spero che questa storia sia di vostro gradimento, è stato un piacere scrivere per voi
Questa è la mia prima storia spero sia venuta bene

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