26. Perché ti voglio bene veramente

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Marco POV

"Ti porto da Anna?"

Mi sentivo il cuore in gola, per l'agitazione e la paura che avevo avuto anche solo nel vederlo così da lontano.

"No, a mia mamma viene un'infarto se mi vede così."

"Da qualche tuo amico?"

"Idem. Portami in un hotel, starò lì qualche giorno."

Alessandro aveva uno sguardo perso, la mano tremante e decisi di prenderla e intrecciarla alla mia. Il suo sguardo, i suoi occhi gonfi per l'ansia, si tranquillizzarono immediatamente.

"Vieni da me, per qualche giorno."

Non era una domanda, ma piuttosto un dato di fatto, lui non me lo avrebbe mai chiesto, ma non avrebbe neanche rifiutato.

"Ad una condizione Alessandro, che non pensi che questo cambi qualcosa. Possiamo essere amici, ma nulla di più."

Lo vedi annuire e non tolsi la mia mano dalla sua. Non c'erano altre parole da aggiungere, c'era solo quello e le sensazioni che dava a tutti e due.

Appena arrivammo a casa, chiamai un amico carabiniere e gli chiesi il favore di andare sotto casa di Alessandro per parlare con Noah, non dissi nulla a lui, non volevo agitarlo, volevo solo che tutto si risolvesse nel modo migliore e senza dolori, per nessuno, ma sopratutto per lui.

"Ale ti serve qualcosa di urgente a casa? Mando qualcuno a prendere le tue cose se vuoi." Gli parlai dalla mia camera, vedendolo in bagno di fronte, che si lavava il viso a fatica.

"Non ho nulla, mutande, vestiti. E mi servirebbe il pc, però nulla di urgente ecco."

"Queste cose te le posso dare io." Commentai subito. "Se non hai schifo a mettere le mie mutande."

"Io ci metterei le mani dentro le tue mutande Marcolì."

Doveva essere una battuta, probabilmente non doveva neanche essere sentita dalle mie orecchie, fin troppo attente.

"Alessandro." Lo sgridai sorridendo. "Ti posso ricordare che hai due costole inclinate?"

"Infatti ho detto che metterei una mano dentro le tue mutande, non ho detto altro."

Andai da lui e lo guardai con sguardo divertito. Stava scherzando, lo sapevo, ma come sempre mi faceva effetto, come sempre se non fossi stato così ferito, l'avrei baciato anche subito. Lo osservai, guardandolo con affetto, mentre si medicava con fatica il viso. 

"Ti posso aiutare?"

Lui annuisce subito, con uno sguardo rilassato, pensando forse che fosse bello avermi lì a prendermi cura di lui, ancora una volta.

"Non abituarti troppo a questa cura." Lo presi in giro e una volta finito di mettergli i cerotti e la pomata antibiotica che mi aveva dato il medico, mi restò a guardare intensamente per qualche secondo.

Fui io a distogliere lo sguardo. "Ti serve una mano ad arrivare fino al divano?"

Lui fece un cenno con la testa, non voleva farsi aiutare, voleva fare il duro e io avrei voluto ridere, visto che si reggeva a malapena in piedi. Lo vidi percorrere il corridoio, con la mano appoggiata al muro e io dietro di lui, che trattenevo le risate. 

"Sei proprio un testardo eh." Osservai andando verso la cucina, per preparare il pranzo.

"Non è vero, è che mi hai già aiutato abbastanza."

"Se ti ho chiesto di venire qui, è perché non mi dispiace aiutarti. Nonostante tutto Ale, io ti voglio bene e lo sai." Alzò lo sguardo su di me e il suo viso si aprì in un sorriso così bello e dolce, che avrei voluto fargli una foto e stamparla.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora