27. La tua voce mi lega come catene

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Alessandro POV

Ero a letto, con un dolore che mi spezzava in due e l'incapacità di chiedere aiuto di nuovo, a quel ragazzo che aveva, ancora una volta messo da parte se stesso, per prendersi cura di me.
Come avrei potuto svegliarlo in piena notte solo per starmi vicino? Come avrei potuto disturbarlo ancora? Eppure il dolore non passava, ogni minuto anzi peggiorava. Delle fitte fortissime iniziarono a propagarsi per tutto il mio corpo, facendomi tremare, e stare ancora peggio, visto che più mi muovevo e più aumentavano. Iniziai a piangere, cercando di stare il più fermo possibile, cercando nonostante l'agitazione di respirare a fondo.

Singhiozzi e sospiri.

Senso di smarrimento, di impotenza.

Vuoto.

Marco.

I pensieri diventarono sconnessi e più passava il tempo e più intorno a me iniziava a farsi sfuocato, come un vortice, come un tornado. I pensieri, la testa, tutto girava così velocemente che appena mi mossi leggermente, caddi per terra.

"Ale che cosa è successo?"

Riaprii gli occhi, misi a fuoco la vista, davanti a me c'era Marco, che come sempre veniva a salvarmi quando c'era qualcosa che non andava. Ripensai alla notte dell'incendio, ripensai a tutte le volte che avevo avuto paura in vita mia e lui c'era. Anche ora avevo paura, anche ora mi sentivo smarrito e lui era sempre lì. Perché avevo rovinato tutto? Come avevo permesso che questo potesse succedere?

"Sono caduto. Ho... un po' di dolore. Niente di che..." Balbettai a fatica, guardandolo con gli occhi pieni di lacrime.

"Perché non mi hai chiamato?" Disse lui in un sospiro. Mi afferrò per il braccio, tirandomi su delicatamente.

"Vado a prendere il ghiaccio."

Tornò qualche minuto dopo, con una busta di ghiaccio secco, che non avevo neanche notato avesse comprato. Lui era così, sempre così attento, così premuroso.

"Marco, grazie"

Cominciai a piangere ancora, senza sosta. Lo volevo vicino, lo volevo più vicino. Come se fosse un bisogno primario, come se fosse l'unica cosa che contasse nella mia vita. Avrei potuto rinunciare a tutto, ma a lui come facevo a rinunciare.

"Ale ti prego non piangere. Adesso passa, te lo prometto."

Si mise seduto accanto a me, sul letto. Mi tenne il ghiaccio sulla pancia e mi passò un antidolorifico. Mi accarezzò il braccio, con delle carezze dolci, lente, delicate; come lui.

"Marco... mi dai un bacio?"

Lo vidi sorridere, anche se la mia vista risulta ancora un po' sfuocata, per lo scombussolamento che sentivo. Appoggiò le sue labbra alla mia fronte e mi diede un bacio, leggero, veloce.

"Ale ma scotti... hai la febbre... vado a prendere il termometro."

Sbuffai, sentendomi vuoto senza le sue braccia addosso. Quando tornò da me, io avevo gli occhi semi-chiusi.

"Cazzo Ale hai 39 di febbre."

I ricordi successivi furono abbastanza confusi, ad un tratto sentii qualcosa di bagnato sulla fronte, lui che continuava ad accarezzarmi le braccia e io che tremavo prima dal freddo e poi dal caldo.

"Marco io ti amo..."

E non importava se stessi farneticando per la febbre, se il giorno dopo neanche me lo sarei ricordato, se tutto era confuso e delirante in quel momento. Non importava nulla di tutto ciò, l'unica cosa che importava era che nonostante tutti i deliri, quella fosse l'unica verità.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora