30. Se parlo poco mi sento quasi in colpa

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Alessandro POV

Avrei voluto dire tantissime cose, ma dalla gola non usciva neanche un suono, neanche una sillaba. Avrei voluto dirgli che non volevo andarmene, che sarei voluto restare per sempre; ma come potevo prometterglielo ancora, per poi rischiare di fargli ancora del male. Forse ero un codardo, forse leggere quella lettera mi aveva davvero aperto gli occhi su di lui e su quello che lui provava. Mi chiesi come mai avessi sempre deciso di non lottare fino in fondo per lui, come mai avessi preso sempre le decisioni sbagliate. Per quanto fossi conscio che ero gran bravo ad auto-sabotarmi, a rovinare ogni cosa bella che avessi avuto in vita mia; le decisioni che avevo preso erano sempre state irrispettose nei suoi confronti. Non meritavo tutto l'amore che mi stava dando nonostante tutti i miei sbagli, nonostante tutti i miei errori.

Rimasi a fissare la porta del bagno dove Marco si era chiuso ormai da dieci minuti, incerto su cosa e come farlo. Anche se avessi avuto la forza di parlare, di chiedergli di restare con me, io non potevo essere sicuro di non ferirlo più, e non potevo farlo ancora.

Presi un respiro e bussai.

"Cosa vuoi?" Chiese lui, lo sentivo era nervoso, triste, abbattuto forse.

"Non voglio andare via senza salutarti."

Aspettai secondi infiniti che lui almeno dicesse qualcosa, avrei voluto almeno abbracciarlo, non lasciarci in questo modo, confuso e disordinato.

Quando vidi la porta aprirsi e il suo viso davanti a me, tentennai qualche secondo. Osservai attentamente la sua espressione come se fosse in attesa di qualcosa, di un mio gesto, di una mia parola.

"Quindi?"

Sospirai fissandolo dritto negli occhi, poi in un secondo, visto che le parole ancora non uscivano, mi avvicinai a lui e lo strinsi forte a me. Lui oppose resistenza, rimanendo rigido con le braccia lungo il suo corpo.

"Marco io ci tengo a te."

E forse non bastavano quelle poche parole, ma non mi sentivo di dire nient'altro, di aggiungere altro, non in quel momento.

"Non basta."

"Lo so, ma ora è tutto quello che riesco a darti, a dirti."

Mi spinse leggermente, per poterci staccare, ma io lo fermai con il braccio, per non farlo andare via. Lo vidi cambiare espressione, immediatamente.

"Ti ho fatto male? Scusa." Mi chiese, prima di appoggiare il suo mento alla mia spalla, abbandonandosi finalmente in quell'abbraccio.

"Vedi Marco é proprio questo il problema. Io non mi sentirò mai alla tua altezza. Tu ti preoccupi sempre per me, mi metti davanti a tutto. Io no, io so solo rovinare tutto ciò che amo. Tu ti meriti altro."

Gli stampai un bacio sulla fronte, che andava in disaccordo con il discorso appena fatto.

"Ale io.."

Proprio in quel momento mi suonò il telefono, dovevo rispondere, dovevo per forza rispondere. Marco lo capisce, perché mi guardò e si staccò dalla presa.

"Scusa."

Mi allontanai leggermente, senza però smettere di guardarlo.

"Cazzo Paola hai ragione. Io ho perso la cognizione del tempo. Prendo un taxi e arrivo."

Continuai a guardarlo, sapendo che ora non ci sarebbe stato più tempo e forse non ci saremmo visti chissà per quanto tempo.

"Si Paola è inutile che urli. Non sono a casa mia. Ora arrivo."

Chiusi la telefonata e con passo incerto cercai di avvicinarmi ancora a lui, ma lui non me lo permise, delimitando la distanza fisica tra noi utilizzando il suo braccio come divisorio.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora