Capitolo 8 - Grace

86 7 0
                                    

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


La schiena sbatté contro la porta d'ingresso e gemetti.

Sentivo caldo, poi freddo.

Dylan mugugnò un'imprecazione quando l'orologio che portava al polso si impigliò nei miei capelli. Afferrai la ciocca e tirai forte. Non mi importava di spezzarli, quello che contava era sentire di nuovo le sue mani su di me.

Il legno freddo mi causò un brivido incontrollato, o forse a provocarlo furono le mani calde di Dylan che si insinuarono sotto la gonna del vestito.

Avvertii i polpastrelli giocare con i miei glutei, impastarli come si farebbe con una pizza o una pagnotta di pane. Le lunghe dita scivolarono verso la mia apertura posteriore e andarono a giocare nella fessura del sedere.

Se qualcuno, qualche giorno prima, mi avesse detto che le mani di Dylan sarebbero finite proprio lì dietro, gli avrei dato del pazzo. E invece, era tutto vero.

Era vero il calore del suo corpo contro il mio. I suoi occhi che bruciavano di passione incontrollata. Era vero il battito del mio cuore impazzito, la salivazione portata a zero e la figa che grondava umori per la voglia di averlo.

Mai mi ero sentita in quel modo. Libera, priva di inibizioni.

Dovevo ringraziare Dylan per quello, per la sua idea di fingerci sconosciuti, di toglierci ogni maschera e poter essere chi volevamo: anche noi stessi.

Per la prima volta in vita mia, sentivo di potermi comportare come volevo, senza essere giudicata e senza dover pensare alle conseguenze.

Ero io, in ogni mia movenza.

Nei gemiti incontrollati che mi uscivano dalla bocca quando le sue labbra mi toccavano la pelle. Negli spasmi che mi causava al ventre quando sfiorava un punto particolarmente sensibile. Nei fremiti che le sue dita provocavano nel momento in cui si insinuavano negli anfratti più erogeni.

Il livello di seduzione era al massimo.

Mi sentivo di poter conquistare qualsiasi cosa, anche lui.

Gemetti quando le dita di Dylan arpionarono il tessuto sottile degli slip e tirarono forte. L'aria fresca andò ad aggredire la mia carne nuda e scommisi che l'uomo riuscisse ad avvertire il mio desiderio.

Non potei resistere all'idea di stringergli i capelli tra le dita, ma erano così corti che non riuscii a infilarci le dita, quindi decisi di usare le unghie per mostrare tutto il mio coinvolgimento in quel momento.

Lui gemette contro la pelle sensibile del mio collo.

«Che cosa vuoi?» ringhiò.

La pelle fremette contro le sue labbra.

«Essere scopata.»

Lo dissi in modo crudo, senza indugi. Era quello che volevo e non avrei finto di fare la ritrosa solo per mantenere una parvenza di decoro.

GelidaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora