Capitolo 14 - Dylan

78 6 0
                                    

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.


Era successo qualcosa al barbecue. Ormai ne avevo la convinzione più completa.

Il viaggio di ritorno era stato silenzioso, quasi teso. Grace era rimasta per tutto il tempo chiusa nel suo mutismo. Quando avevo allungato la mano verso di lei, per poggiarla sul suo ginocchio, si era irrigidita talmente tanto che avevo creduto si sarebbe spezzata.

Non ero salito da lei quella sera.

Aveva inventato un fantomatico mal di testa.

Avrei potuto pensare che stesse dicendo la verità, ma ormai conoscevo quella donna. C'era qualcosa che la turbava.

Qualcuno le aveva detto qualcosa?

Eppure, mi era sembrata a suo agio per tutta la giornata. Aveva bevuto qualche birra, mangiato un hot dog e un hamburger, chiacchierato più o meno con tutti. I mutaforma non era impiccioni, ma quando una donna umana finiva tra loro – intenzionalmente – allora diventavano un po' protettivi verso il clan. Avevano voluto scoprire tutto di lei e, anche se Grace si era tenuta i dettagli scabrosi riguardo la sua famiglia, la donna era stata molto disponibile a rispondere a tutte le curiosità.

Sembrava andare tutto liscio come l'olio. Ma, evidentemente, mi ero perso qualche dettaglio per strada, perché quando eravamo rimasti soli Grace si era come trasformata.

Avevo deciso di lasciarla sbollire.

Era già complicato avere a che fare con lei quando non teneva il muso. Non si poteva di certo dire che fosse una donna semplice da gestire e, forse, era proprio questo che mi piaceva di lei. Era capace di giostrare fuoco e ghiaccio con una maestria impressionante.

Poteva bacchettarti con le parole più affilate e, due secondi dopo, infilarti la lingua in gola in preda al desiderio più estremo.

Ero certo di poterla gestire anche in quel frangente.

E, invece, mi sbagliavo.

Grace La Despota Smith, assistente personale del Governatore del Montana, per la prima volta da quando aveva iniziato a lavorare per Alec, si era presa una settimana di ferie.

Il fatto era già eclatante di per sé, ma a renderlo ancora più estremo c'era il fatto che non mi rispondeva al telefono... e ci avevo provato, che cavolo.

Mi ero intestardito a tal punto da chiamarla ogni dieci minuti, finché non aveva staccato il cellulare o, più probabilmente, mi aveva bloccato.

A quel punto, mi ero rivolto a quella che sembrava essere l'unica persona con cui Grace avesse un rapporto decente: Samantha.

«Non so cosa le piglia, Dylan.»

La scrutai attentamente, cercando di capire se stesse mentendo oppure no.

«Possibile che non ti abbia detto niente?» grugnai.

Sam sospirò. «Lo sai meglio di me quanto sa essere ermetica Grace. Non è che puoi semplicemente andare da lei e chiederle cosa c'è che non va.»

«Ah, no?» chiesi confuso.

«No,» sbottò, battendo le mani sul ripiano della scrivania dietro la quale era seduta.

Ogni volta che si fermava al Montana State Capitol si rifugiava in uno degli uffici del personale e ne approfittava per studiare.

«Quella ha un carattere particolare» continuò. La guardai come se avesse scoperto l'acqua fredda. «Non è capace di mettere a nudo i suoi sentimenti.» Si bloccò come se avesse avuto un'intuizione. «Che cavolo, ha appena scoperto di avere dei sentimenti.»

Sghignazzò di fronte alla mia espressione scocciata. Non stavo ricavando alcuna informazione utile da quella conversazione, anzi, mi stavo alquanto irritando.

«Possibile che non puoi renderti utile in qualche modo?» le chiesi sgarbato.

«Fai parte del mio team e sei un mio amico, ma se parli di nuovo in questo modo alla mia ragazza penso proprio che noi due avremo dei problemi.»

Sbuffai, di fronte alla sviolinata di Alec che era appena entrato nella stanza. Carson lo seguiva a pochi passi di distanza, sul viso un'espressione fin troppo divertita.

Fulminai entrambi con un'occhiataccia, poi tornai a fissare la ragazza rossa che sembrava godere un mondo nel vedermi sulle spine.

«Facciamo così,» affermò, chiudendo il libro di testo che aveva davanti, «andrò da lei e la farò cantare.» Scoppiò a ridere.

«E ora che cos'hai da ridere?» borbottai.

«Ho sempre voluto dirlo» confidò, continuando a ridere.

Sbuffai scocciato. «Pensi di riuscire nel tuo intento?»

«Lotterò fino allo stremo per farla ragione. Così tornerete a fare gli sporcaccioni negli sgabuzzini appartati e non dovrò più sorbirmi il tuo muso lungo.»

Mi rifiutai di sentirmi a disagio a proposito della sua frecciatina sui luoghi in cui amavamo amoreggiare Grace e io.

La ragazza si alzò e raccolse le sue cose, scoccò un bacio ad Alec e uscì dalla stanza. Il Governatore ne approfittò per andare ad appoggiarsi con il sedere alla scrivania.

«Non l'hai sentita?»

«Ti sembra che io l'abbia sentita?» ribattei scontroso.

«Rinfodera gli artigli, lince» mi rimproverò. «Sai, Grace è un tipetto particolare...»

«Lo so, grazie mille» bofonchiai sarcastico.

«Ha solo bisogno di tempo.»

«Tempo per cosa?» sbottai. Non era successo niente che giustificasse la sua ritrosia. Almeno niente che io avessi notato.

«È passata dal tenere tutti alla larga, a fare sesso con te negli sgabuzzini. Un bel cambiamento, no?»

«Quindi cosa dovrei fare, restare in disparte e aspettare che rinsavisca?»

«Che cavolo, no!» esclamò, prendendomi in contropiede. «Non devi lasciarle il tempo di ragionare. Più pensa e più diventa pericolosa.» Si piegò verso di me, come se volesse confidarmi un grande segreto. «Le donne, ma Grace ancor di più, sono creature complesse. Basta una parola fuori posto e subito scattano. Probabilmente hai detto qualcosa che ha mal interpretato.» Rimasi perplesso cercando di portare alla mente cosa potessi aver detto, ma non mi sovveniva niente. «A questo punto non puoi fare altro che andare da lei strisciando, implorare il suo perdono mentre le dichiari tutto il tuo amore.»

«Ma non ho fatto niente di male» protestai.

A nessuno sfuggì il fatto che non avessi obiettato al secondo punto della frase di Alec.

Ero innamorato di Grace? Sicuramente non nel senso stretto del termine.

Il mio cuore sembrava stordito da quando le cose tra noi si erano fatte più intime. Mi vedevo al suo fianco tra dieci anni? Sì. Volevo continuare a farla impazzire di desiderio, pungolarla fino a farla uscire dal suo guscio? Decisamente.

Mi interessava costruire qualcosa di importante insieme a lei? Volevo che guardasse me, solo me, e che fra noi non ci fossero limiti, segreti o impedimenti? Assolutamente.

L'amore poteva avere tante forme. Sia io che Grace eravamo troppo spigolosi per lasciarci cogliere dalle smancerie, ma era certo che il mio cuore avesse trovato la sua compagna.

Ora dovevo solo capire come riportarla al mio fianco.

GelidaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora