Forse era destino, oppure no.

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Alessandro era un casino unico. Era convinto che in quei trent'anni di vita avesse rovinato così tante vite accanto a lui, da non accorgersi neanche di quale fosse la sua strada. Si sentiva spesso un peso allo stomaco, una confusione che gli pulsava nella testa e non gli permetteva mai di essere la persona migliore - che fra i denti - spesso aveva promesso di essere. Prendeva sempre le decisioni sbagliate, ne era consapevole, ma nonostante questo non era mai riuscito a cambiare una virgola dei suoi comportamenti tossici. Sua mamma gli diceva sempre che era gran bravo a auto-sabotarsi, ed effettivamente era così, perché ogni qualcosa lui avesse provato la prima avvisaglia di felicità, poi aveva rovinato tutto, distrutto tutto; come si distrugge un foglio, spezzandolo in piccoli pezzettini, prima di buttarlo nel cestino, ormai rotto e inutilizzabile per sempre. Ormai aveva fatto a pugni con la vita, aveva deciso che non ne valeva la pena di provare a rincorrere quella felicità, sapeva in cuor suo che forse non era destinato a nulla, forse il suo obiettivo di vita era altro, anche se ancora non lo capiva, ancora non lo sapeva.

Non c'era spazio nella sua vita per l'amore. Non c'era spazio nella sua vita per provare emozioni più forti, di quello che avrebbe provato a scambiare sudore e intimità con uno sconosciuto, incontrato per caso in qualche locale milanese. Ormai era come una procedura su un libretto d'istruzioni, che gli garantiva di proteggere il suo cuore, dalle incursioni non richieste di chiunque altro. Era da due anni che non sentiva più nulla, era completamente anestetizzato e l'ultima volta che aveva, senza il suo consenso, provato qualcosa per qualcuno, era qualcuno di così inarrivabile, che aveva anche dubitato di averle provare sul serio, sulla sua pelle. Se ci pensava oggi, a distanza di due anni, sembrava un ricordo sbiadito: ma purtroppo i brividi, il batticuore, le nottate passate a immaginare la bocca di quel ragazzino, sul suo corpo nudo, li ricordava così bene, che se si concentrava bene, sembrava di viverle anche nel presente.

Quel ragazzino, così diverso da lui. Quel ragazzino, viziato, infantile. Pieno di energie, che ogni tanto avrebbe tanto voluto spegnere, cercare un pulsante "off" dietro il suo collo, come si faceva con gli elettrodomestici e metterlo in pausa. Perché lui in pausa non ci si metteva mai, era così esplosivo da convincerlo a fare qualunque cosa, anche le cose più folli, anche quelle che a cui non avrebbe mai dovuto dare spazio. Aveva rifiutato l'idea di sentire quelle sensazioni per così tanto tempo, le aveva addirittura chiuse in un cassettino dentro di lui, ma alla prima occasione era sempre riemerse e solo stando lontano da lui, finalmente si era assopite. Capita però, ancora oggi, che riemergessero sotto forma di ricordi, sotto forma di piccoli apostrofi nella sua vita, e quel momento era uno di quei momenti in cui si dava la possibilità di cascarci ancora una volta, di pensare ancora ad una volta agli occhi di quel ragazzino, che avevano la stessa intensità dell'inferno.

Ricordava quella notte di un anno prima, quando si erano incontrati per caso in un locale a Milano (dopo mesi che non si sentivano e vedevano) e lui lo aveva stretto così forte a sé, che il cuore gli era quasi esploso nel petto. Si ricordò immediatamente i brividi sulla sua pelle, quando il ragazzino gli aveva baciato il collo, per scherzo sicuramente, ma a lui quello scherzo non piaceva per nulla.

Riccardo era così, non pensava mai alle conseguenze delle sue azioni. Faceva cose strane senza neanche pensarci, senza mai chiedersi se fosse la scelta giusta. Era irresponsabile forse, ma era giovane, tanto giovane e con la voglia che contraddistingueva la sua età, viveva senza limiti, senza chiedersi realmente se gli errori commessi potevano in qualche modo segnarlo. Ed era giusto così, perché a vent'anni ancora non hai vissuto nulla, ancora non hai sofferto per nulla, ancora hai il cuore pieno di speranze. E Riccardo era così, viveva alla giornata. Si innamorava alla velocità della luce, cambiava idea con la stessa velocità con cui si si cambiava le mutande. Non era realmente infantile, ma gli piaceva far credere alla persone che lo fosse, perché questo lo avrebbe protetto dalle aspettative, e lui non era pronto nella sua vita ad assecondare gli altri, o a cambiare per far piacere a qualcuno. Giulia, Martina. Aveva amato entrambe le ragazze a modo suo, e avrebbe potuto amarne anche altre dieci allo stesso modo, perché era così frettoloso, voglioso; che un giorno avrebbe sicuramente preso a morsi la vita. Ma non ora, non era quello il momento giusto. Era single da qualche settimane, ma come tutti i ventenni aveva superato il lutto della perdita della sua ultima fidanzata, a suon di gin tonic, serate in discoteca con gli stessi amici di sempre, e del sesso terribile con chiunque gli capitasse sotto tiro, promettendo a tutte le ragazze con cui stava che si sarebbe fatto sentire, ma poi non lo faceva mai.

Ho sognato di volare con te su una bici di diamanti - BLANCO X MAHMOODDove le storie prendono vita. Scoprilo ora