31. E prova a prendermi ma non voglio scappare

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Marco POV

Ero in pausa, potevo godermi un paio di mesi di relax, senza grossi impegni o grosse aspettative.
Da quando Alessandro era andato via da casa, piano piano stavo molto meglio, mi sentivo più leggero. Sicuramente ora che non c'erano più tutte quelle tensioni, potevo rilassarmi e cercare di trarre qualcosa di positivo da tutto questo; anche se al momento non mi veniva in mente nulla, ma ero certo che prima o poi ci sarei arrivato, come al solito.

Le mie giornate passarono veloci, fra partite di tennis, scrittura compulsiva, le mie tele bianche finalmente concluse e tante cene con amici, per recuperare tutte quelle che non avevo fatto negli ultimi tre anni di caos e lavoro impegnativo.

Quella notte, chiuso nei miei pensieri, abbracciando il cuscino, mi chiesi dove volessi realmente andare nella vita, che tipo di persona volevo diventare, e non parlavo del me artista e cantante, ma del vero Marco. Mi accorsi che negli ultimi anni avevo vissuto tanto, ma niente davvero intensamente, niente che valesse la pena di essere rivissuto. Avevo sbagliato a dare tutto quel potere ad una persona che forse non mi aveva mai amato, almeno come io avevo amato lui.
Che poi se ci pensavo bene, cosa era l'amore? Cosa era davvero? Forse io non dicevo ti amo così facilmente, forse perché quelle parole esprimevano un concetto per me, molto più ampio, irrazionale e non etichettabile. L'amore era qualcosa di divino, di troppo alto per essere definito. Ma se non era amore, quello che mi spingeva a fare tutto ciò che avevo fatto per lui, cosa mai doveva essere?

Mi suonò il telefono, guardai l'orologio erano le due di notte.
Era Alessandro.

"Ale che c'è?"

Risposi pensando che potesse essere in pericolo, potesse essere successo qualcosa, erano ormai giorni che non lo sentivo.

"Marco.. tu mi odi ve..ro?"

"Alessandro sei ubriaco? Dove sei? Sento un casino."

"Sono in quel locale dove andavamo sempre a bere insieme. Ti ricordi quella notte che abbiamo fatto l'amore nello sgabuzzino?"

Mi morsi il labbro, era inevitabile ripensare a quei ricordi.
"E perché mi chiami?"

"Perché ho voglia di fare l'amore con te, come quella notte."

Il cuore mi salì in gola e prese a martellarmi nel petto come un martello pneumatico.

"Ale sei ubriaco. Torna a casa, possibilmente da solo."

Lo sentii subito ridere. "Sei sempre geloso di me eh Marcolino."

"Ale non sono geloso, ma ti ricordo che sei ancora mezzo rotto e non dovresti fare sesso."
Certo che ero geloso, lo ero sempre stato, ma sicuramente non lo avrei detto in quel momento.

"Va bene vado a ca..sa."

Sospirai, con la tentazione di attaccargli il telefono, ma non lo feci, infondo ero felice di sentire la sua voce, a sentire il cuore ancora accelerare in quel modo.

"Sì vado a casa, la tua però."

Questa volta a ridere ero io, era sempre divertente sentirlo ubriaco, come ai vecchi tempi.

"Ale, dai fai il bravo vai a casa."

"Arrivo."

E mi chiuse il telefono in faccia. Smisi immediatamente di ridere, rimanendo a fissare la schermata del telefono ormai nero. 'Cazzo e ora cosa faccio?'

Sapevo che sarebbe arrivato fra qualche minuto, il locale era così vicino a casa mia che avrebbe potuto raggiungerla a piedi. Mi misi una tuta, ma rimasi a petto nudo, forse un po' apposta, forse perché tutto sommato desideravo anche io sentire il suo tocco sulla mia pelle.

Marco Mengoni & Mahmood - Shades of the MoonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora