16. High hopes are getting low

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Avrei voluto essere pronto, poter anticipare il crollo e rimediare agli sbagli disattenti con cui la avevo irrimediabilmente sporcata. Ma nessuno è mai pronto veramente alla rovina, e francamente non lo ero nemmeno io, che ero sopravvissuto migliaia di volte e mi ero rialzato  tumefatto e sanguinante fino allo sfinimento, ma ricordandomi sempre per cosa stessi combattendo.



 Ma nessuno è mai pronto veramente alla rovina, e francamente non lo ero nemmeno io, che ero sopravvissuto migliaia di volte e mi ero rialzato  tumefatto e sanguinante fino allo sfinimento, ma ricordandomi sempre per cosa stessi combattendo

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Presi l'ultima curva più veloce di quanto fosse concesso da qualsiasi regola del codice della strada e inchiodai vicino al marciapiede illuminato dall'insegna al neon rosa e azzurra.

Che posto del cazzo.

Sbloccai le portiere con il pulsante centralizzato e quando quella del passeggero venne spalancata mi arrivò addosso un'ondata di aria fredda invernale.
Avrei sperato mi aiutasse a raffreddare il corpo e ciò che mi ribolliva dentro, ma non sarebbe bastata nemmeno una tormenta di neve al Polo Nord per quello.

La ragazza si accomodò sul sedile di fianco al mio e non appena chiuse la portiera, partii ingranando velocemente le marce come se stessi partecipando ad una missione a tempo.

Il segnale sonoro della cintura di sicurezza non allacciata iniziò a riempire l'abitacolo in modo snervante, ma non abbastanza da far scattare un campanello di allarme nel cervello del passeggero.

«Devi allacciarla o continuerà a suonare.» Strinsi più forte il volante tra le mani e tentai di controllarmi per evitare di urlarle addosso rabbioso.

Era così difficile da capire?

In tutta risposta sentii uno sbuffo e qualche secondo dopo il silenzio più totale.

Finalmente.

«Ci hai messo un sacco a tornare» mi disse offesa, come se mi importasse veramente di quello che pensava e la sua finta delusione potesse scalfirmi.

«C'era traffico.»

Che Jenny non fosse propriamente una donna sveglia lo avevo immaginato quando, senza nemmeno conoscermi, si era lasciata scopare gratis in quel bagno durante il suo turno di lavoro.
Più minuti passavo con lei e più le mie certezze trovavano fondamenta, facendomi sentire a disagio nel pensare a quello che avevo fatto e a quello che sarebbe successo una volta arrivati a casa mia.

La mora non riuscì a rimanere in silenzio neanche un secondo durante il tragitto che separava il Guilty Pleasure dal mio appartamento.
Si lamentò tutto il tempo di come il suo capo facesse preferenze quando era il momento di scegliere chi dovesse servire ai tavoli e chi dovesse salire sui palchi a ballare, e poi partí in quarta in un monologo superficiale in cui elencava tutti i difetti di una certa "puttana" che lavorava con lei e che quella sera si era aggiudicata il palco che lei pregava di avere da mesi.

La lasciai parlare, ascoltando solo poche frasi sconnesse tra loro di ciò che aveva da dirmi, e quando arrivammo di fronte al mio appartamento mi sbrigai a scendere dall'auto e a spingerla verso la porta d'ingresso del palazzo.

𝚩𝐋𝚨𝐂𝚱𝐎𝐔𝐓Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora