He's my angel
He covers of flower my scars
He blows over my pain
Shining just for me
Angel, Joy and Grief
Una sera di autunno, io e la band ci esibimmo per la prima volta davanti ad un pubblico.
Un'amica di Joel e Rob, co-proprietaria del bar in cui molto spesso facevo colazione, ci aveva offerto l'opportunità di cantare qualche canzone sul piccolo palchetto del loro locale. Di solito, erano gli amici più cari suoi e del marito che animavano le serate, ma aveva pensato che cambiare avrebbe attirato più clienti.
Speravo con tutto il cuore che fosse così, per il futuro del bar ma anche per il futuro della nostra stessa band.
Il papà di Joel ci prestò il suo furgone per trasportare tutti gli strumenti: dal basso di mia proprietà alla chitarra elettrica di mio fratello, alla batteria del padre di J., visto che era più facile che portare da una parte all'altra quella di Rob. Non aiutava il fatto che i genitori di Robbie non sapessero ancora del suo hobby giornaliero.
Io, Blade e Joel salimmo sul furgone e ci recammo al bar tutti insieme, al contrario di Rob che ci avrebbe raggiunto lì.
In pochi minuti arrivammo al locale, già aperto perché offriva anche apericene, sandwich e stuzzichini, oltre a bevande alcoliche e non.
Scaricammo il necessario dal retro del furgone ed entrammo uno dietro l'altro. Prima Joel con dei cavi in mano, poi Blade con la custodia della sua chitarra sorretta dalla maniglia laterale, ed infine io e il mio basso a penzolare dalla spalla destra.
Il calore ci avvolse, una volta all'interno. Ormai era dicembre inoltrato e a Cremona le temperature erano piuttosto basse. Ciononostante mi ostinavo ad andare in giro con il mio giubbotto di pelle, sopra la felpa. Aveva vari buchi nel tessuto, creati appositamente per dare quest'effetto vedo e non vedo, quindi non ero così riparato dal freddo come mi ripetevo.
Il mio sguardo venne calamitato da una figura appoggiata al bancone. Portava dei jeans calati oltre la vita e una lupetto bianco a maniche lunghe che gli fasciava il busto e risaltava i suoi fianchi stretti.
Robbie stava conversando con la tipa mora, che avevo scoperto chiamarsi Micol. Era la sua migliore amica e anche la figlia dei proprietari del bar.
«Robbie», lo chiamai.
Il volto di Rob si girò di scatto e i suoi occhi si focalizzarono sulla mia tenuta, soffermandosi sui buchi della mia felpa e i capelli legati in un piccolo codino dietro la testa.
Era forse la prima volta che mi vedeva con i capelli raccolti, doveva essere una sorpresa per lui.
Lo raggiunsi e mi appoggiai al bancone lateralmente, incrociando le braccia sul petto. La custodia del basso risuonò sbattendo contro il legno.
«La batteria del padre di Joel è nel furgone».
«Vengo a prenderla», si offrì Robbie e si diresse verso l'uscita.
Feci un cenno del capo a Micol - o Miki, così come lei diceva di preferire -, e poi seguii il mio angelo fuori dal locale.
Non sapevo bene come Robbie fosse diventato il mio angelo.
Forse tutto era successo in un battito di ciglia, forse fu un semplice attimo a cambiare tutto. Un attimo in cui, da ragazzo della spazzatura, Robbie era diventato il mio splendido e grazioso angelo. Il ragazzo che non vedevo l'ora di rivedere e di cui sognavo il sorriso. Il ragazzo che rendeva le mie giornate più gioiose con la sua sbadataggine, le sue battute spiritose e il suo perenne imbarazzo.
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How to love Phoenix Kant [Trilogia How To #2]
Romance𝐒𝐞𝐜𝐨𝐧𝐝𝐨 𝐥𝐢𝐛𝐫𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐭𝐫𝐢𝐥𝐨𝐠𝐢𝐚 [...] I Joy and Grief sono la rockband del momento. Se una loro canzone passa alla radio, stai certo che la canteranno tutti. E che dire dei suoi membri? Sono da perdere la testa. Il cantante, J...