The Vees' Hotel-parte uno.

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Vi assicuro che, la mattina dopo l'accaduto, non avreste voluto essere Velvet, per nessun motivo al mondo. La giornata era cominciata in modo abbastanza normale: Velvet aveva sfilato il telefono da sotto il cuscino, maledicendo la sveglia. Segnava le 8:15. Con mugugnii infastiditi si liberò goffamente dal piumone. Scese le scale dell'attico, con tuta e ciabatte, in cerca di un po' di caffeina. <Kiittyy> biascicò ancora con i sensi a rilento.
Riacquisita padronanza di sè, uscì dalla cucina con una tazza di macchiato, controllando le ultime notifiche. Una volta nel salone comune tutto il sorso le andò di traverso. Sputacchiò per terra, <Vox ma che cazzo!>. Seduto sul divano del soggiorno, con le maniche della camicia arrotolate e due occhiaie mostruose, c'era Vox in preda ai deliri per la notte passata in bianco. <Non riesco a controllarla> farfugliò rigirando febbrilmente una scatola. Velvet si avvicinò cauta e dalle sue spalle potè scorgere una radio. Inarcò un sopracciglio, <Ma che cazzo di problemi hai? Avrà novant'anni quel catorcio>. Vox sbattè l'aggeggio sul tavolino da caffè per poi saltare in piedi. <E poi è una radio, cazzone, non una televisione> puntualizzò Velvet seguendolo con uno sguardo inquisitorio mentre errava per il salone. <ahn CAZZO!> sbottò Vox scaraventando una delle piantine grasse di Val dall'altra parte della stanza. Velvet rimase immobile, con gli occhioni color nocciola sgranati. In queste situazioni era proprio Vox a intervenire con diplomazia per placare gli animi, cosa avrebbe dovuto fare ora? <Ma non hanno una televisione!> rimuginò Vox rivolto a se stesso, marciando avanti e indietro per la sala come se volesse scavare un solco. <Chi?> lo interrogò Velvet esausta. <O se ce l'hanno è troppo vecchia...>;
<Vox, di chi cazzo stai parlando?!?>;
<Della concorrenza!> imprecò Vox di rimando <Quel branco di disadattati dell'Hazbin Hotel>. Velvet alzò gli occhi al cielo esaurita, <Che cazzo te ne frega di loro? Perchè dovresti contattare...uuh> solo in quel momento realizzò. <La chiacchierata non è andata come previsto> insinuò portandosi la tazza alle labbra con un mezzo sorriso. <Peggio!> gracchiò Vox, <Dove cazzo è Val?!?>. Velvet sbuffò, <Te lo vado a chiamare> rispose avviandosi. Bussò sgarbatamente alla camera della falena. Senza attendere risposta aprì e un'onda di miasmi rosa dall'odore dolciastro si riversò dalla porta, invischiandosi nei suoi capelli inselvatichiti dalla notte. Indietreggiò, poi prese fiato e sventolò con la mano libera per farsi strada nella stanza. Al primo passo sentì qualcosa sotto la pantofola: il pavimento era tapezzato di mozziconi. <Val, ma che schifo!> si lagnò. Un sibilo furente fu la risposta. Alzò lo sguardo, una sagoma stava emergendo fra i vapori: due occhi sottili rilucevano nella foschia e la sua bocca sbuffava fumo ritmicamente come una locomotiva. <Ma che cazzo avete tutti e due oggi?> lo interrogò Velvet con arroganza. <Angel non mi risponde>, un borboglio lento e grave, prese una profonda boccata <ed è nella merda fino al collo quel laido frocetto>. Il mozzicone che aveva in mano si aggiunse a quelli sulla moquet, sfortunatamente però questa volta era ancora acceso. <Di nuovo con quella troia!> inveì Velvet. La puzza di bruciato non ci impiegò molto a farsi riconoscere in quella sauna. Velvet aveva appena finito di scagliarsi su Angel che annusò sospettosa l'aria, <Val...Val c'è puzza di bruciato!> non fece in tempo a terminare la frase che delle lingue di fuoco cominciarono a divorare velocemente la moquet e i tendaggi. <Oh cazzo!> imprecò Velvet gettandosi sul pulsante dell'radiofono. <Si Signo...>;
<La camera sta andando a fuoco!> strillò terrorizzata al microfono. In breve arrivarono i soccorsi.

 Velvet roteò gli occhi per l'ennesima volta lasciandosi alle spalle Valentino che sfogava la sua ira sui dipendenti, continuando a indicare il largo buco bruciato nella camicia da notte di raso. Si allontanò portandosi il telefono all'orecchio. <Dove cazzo sei finito?> aggredì il cellulare non appena ebbero risposto alla chiamata. <Velvet?>, il tono confuso e strascicato di Angel tacque un attimo, <Mi hai svegliato> disse infine. <Ma che vuoi che me ne freghi> inveì Velvet <Porta il tuo culo qui. Adesso!>. Angel si strofinò un occhio ed emise uno sbadiglio di dimensioni bibliche che gli schiarì la voce, poi aggrottò la fronte. <Da quando mi chiami al telefono? Se è per il vestito scordatelo...>;
<Da quando quel cazzone del tuo pappone ci ha quasi fatti ammazzare perchè tu non rispondi al telefono!>. Silenzio di nuovo. Angel stava trattenendo il fiato ripensando all'auto e, cosa peggiore, che non si era presentato all'innaugurazione quella sera. Velvet inarcò un sopracciglio, dall'altro capo del telefono giungevano, flebilmente, colorite imprecazione che lei stessa non aveva mai sentito. <Sì sei fottuto alla grande> confermò annoiata, <Ora porta il tuo culo lavorato qui e ripulisci questa merda!>;
<Ascolta Velvet> ansimò Angel <non posso venire. Non è stata colpa mia, ma se mi presento lì, ora, quello mi smembra pezzo per pezzo>;
<Non lo farebbe mai è troppo attaccato ai tuoi orifizi>;
<Non puoi calmare tu le acque?>;
<Senti bello...>, un fracasso sovrastò la voce di Velvet. Lei si voltò di scatto, Vox aveva gettato gambe all'aria il tavolino con la radio. <Qui la situazione è già parecchio incasinata senza i tuoi capricci fra le palle. Quindi vedi di muoverti!>. Angel lanciò un'occhiata inviperita al cellulare quando Velvet gli chiuse la chiamata in faccia. Capricci?!?. Poi, si rigirò supino nel letto con un peso che gli comprimeva le viscere, in fin dei conti lui era stato l'artefice, seppur ignaro, di tutto quel bordello. Se solo fosse rimasto nella limousine... Poteva immaginare che Vox stesse dando i numeri e Val... be' non voleva neanche pensarci.

Gli ospiti dell'hotel si erano pigramente radunati nella hall quella mattina. C'era chi sbadigliava ancora, al contrario di Charlie che animava l'atmosfera col suo entusiasmo, trepidante per le attività in programma. Niffty le sfrecciava attorno contagiata dalla sua euforia senza sapere bene perchè. <Allora? Ci siamo tutti?> esordì Charlie sfregandosi le mani. <No, manca ancora Angel> replicò accigliata Vaggie, scrutando le scale. 

<Ma tu guarda chi si è degnato di unirsi a noi> bofocchiò Husk alle sue spalle, allineò l'ultimo calice alla fila per poi poggiarsi al banco. <Oh-ho ti sbagli micione>, Alastor fece dissolvere il suo bastone approcciado il bancone, <Volevo solo coronare la mia colazione con un sazerac>;
<Un che...?>;
<Un sazerac! Whisky, cognac, zucchero, assenzio... Mai stato in Louisiana?>;
<Bah!> Husk si voltò in cerca degli ingredienti. In quel momento sul brusio della hall risaltò un frettoloso ticchiettio che scendeva i gradini. Angel Dust sgambettò davanti al gruppetto diretto verso l'uscita, <Angel aspetta!> Charlie lo fermò per un braccio, <Oggi ho in mente un gioco pensato apposta per te!>;
<Ehm..> Angel sgusciò dalla presa con una punta di disagio, <Lo apprezzo principessa, ma ho da fare>, si congedò sbrigativo, <Aspetta...>. Vaggie vide il volto della sua compagna intristirsi. <Angel> lo richiamò severa, <Se vuoi continuare a dormire qui, gratis, devi partecipare agli esercizi di redenzione> gli fece notare con un velo di soddisfazione. Angel sbuffò con una mano già sulla maniglia e fu costretto a tornare sui suoi passi. <Ascolta: l'ultima cosa che vorrei fare oggi è vedere Valentino> ansimò con apprensione, raggiungendo gli altri attorno all'angolo bar, <Ma è successo un casino... per causa mia>. Alastor, a cui era stato appena servito il sazerac, tese un'orecchio verso la conversazione. Charlie deglutì e annuì con gli occhi languidi, parve comprendere. <Per questo devo andare a sistemare quel bordello> spiegò Angel. Alastor shottò il drink, <Ahh, il peggiore che abbia mai assaggiato> sorrise al barista, restiruendogli il calice sul bancone. Quando si voltò, Angel stava per andarsene. Per una frazione di secondo i loro sguardi si incrociarono. Poi lo osservò affrettarsi verso l'uscita, <Cosa succede principessa?>. Lei sospirò col cuore in gola, <Angel deve andare a lavoro, sono preoccupata>;
<E per quale motivo?> ribattè Alastor con superficialità, <In fondo è un ambiente che si confà perfettamete al suo stile>. Husk si accigliò. <Non lo so...> pigolò Charlie, <Non è al sicuro con il suo capo> si voltò a implorare il signore supremo con i suoi occhioni da bambina. <Cosa c'è?> gracchiò Alastor brusco, Charlie sbattè le lunga ciglia nere. <Oh no!> esclamò il signore supremo ridacchiando genuinamente al pensiero. <Scordatelo principessa. No no no no no> scosse più volte la testa come a scacciare quell'assurdità. <Avanti, per favore> lo incalzò Charlie, <Se non ha dato retta a me, tu riuscirai con il tuo...> Charlie venne fulminata da quegli occhi infernali, <...carisma e... buon senso>;
-mpf- fece Husk tenendosi occupato. <Cosa ci trovi di tanto divertente, micio?> stridette Alastor, <Mi fa ridere che uno come te possa stare dietro a Angel>, mise giù la caraffa che stava strofinando, <E poi se la sa cavare da solo>;
<Si, ma ha detto di aver combinato un casino e Val...> intervenne Charlie. Husk sbuffò, <Non mi fido di lui> mormorò scrutando furtivamente Alastor che assottigliò le palpebre contrariato, <Potrei andare io a dare un'occhiata!>;
<Ah! Questo sì che è esilarante> Alastor si chinò verso il barista con un ghigno di scherno, <A mala pena si ricorderanno di te!>;
<Senti!> ringhiò Husk avvicinandosi al suo muso, <Non so cosa sia successo ieri, ma Angel non è pazzo e->;
<Malgrado ciò,> troncò Alastor prima che Charlie intervenisse, <coincidenza vuole che questa mattina potrei avere delle faccende da sbrigare in quel distretto> riapparì il bastone da passeggio che fece roteare con giovialità. Abbassò lo sguardo riluttante sulla principessa, le brillavano gli occhi, con un sorriso che avrebbe battuto i suoi.





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