CAPITOLO 1 - una nuova vita

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"Perché dolore è più dolor, se tace"
-Giovanni Pascoli

Playlist: Potograph/ Ed Sheeran


Maya
Irvine è una città piena di grattacieli e colossi del mondo giornalistico, letterario, televisivo. Insomma, un sogno!
Ci ho messo un pò ad orientarmi anche solo per capire da dove potevo prendere un taxi, ma alla fine ci sono riuscita e ora mi trovo davanti al mio nuovo appartamento.
La proprietaria, al telefono, mi aveva preannunciato che avrei avuto una coinquilina o un coinquilino ma nessuno mi aveva preparata a quello che stanno vedendo i miei occhi in questo momento.
La porta d'ingresso si apre su un salotto sui toni del bianco e del grigio molto elegante se non fosse per il gran disastro sul pavimento.
Valigie aperte e vestiti sparsi ovunque, maglie, pantaloni, boxer.
Un momento...boxer?
Questo significa che il mio coinquilino è un ragazzo.
La mia espressione stravolta la dice lunga su ciò che sto pensando al momento.
Eppure il meglio deve ancora venire a quanto pare perché davanti mi appare la figura di un ragazzo muscoloso a torso nudo, un asciugamano intorno alla vita e i capelli neri zuppi e spettinati.
Questa sì che sembra la scena cliché di un film o un libro primi anni duemila.
Mi schiarisco la voce e parlo per prima:
《Io sono Maya》
Nulla, mi ignora completamente.
Sembra più preso a passarsi le mani tra i capelli che a sembrare almeno un minimo educato di fronte ad una sconosciuta.
《Tu saresti?》riprendo.
Finalmente alza gli occhi per guardarmi...e che occhi! Di un verde intenso che quasi mi spiazza.
《A quanto pare il tuo coinquilino》
La sua voce sembra quasi una cioccolata calda, liscia e morbida ma anche profonda.
Si okay, forse la comparazione con un cibo non era proprio adatta ma io sono un pò fuori dagli schemi.
《Si, a questo c'ero arrivata anche da sola, grazie. Il tuo nome?》rispondo con una punta di fastidio nella voce.
《Dylan》dice per poi sparire in una stanza che presumo sia il bagno.
Sbuffo spazientita, se questo è l'inizio non oso immaginare il resto.
Carica delle mie due valigie decido di cercare la mia stanza, impresa non difficile dato che l'appartamento è piccolo e vi sono solo due stanze, una piena della roba di quel maleducato.
Entro in quella libera e la ammiro portandomi le mani sui fianchi.
Pareti bianche, letto a due piazze, armadio e scrivania, mi piace da morire! A New York non avevo una stanza tutta per me, la condividevo con mia sorella minore ed era sempre un gran caos.
A proposito di mia sorella, mi sta squillando il cellulare.
《Grace, tutto bene?》
《E lo chiedi a me? Com'è andato il viaggio?》
《Credo che quando tornerò a casa per Natale farò a meno di prendere l'aereo》
Sento Grace ridacchiare dall'altro capo del telefono.
《Mamma e papà?》chiedo dopo qualche secondo.
《Papà è a lavoro mentre mamma sta preparando il pranzo. Sai, mi annoio senza di te》
《Ma se passavamo tutto il tempo a litigare!》
《Era pur sempre qualcosa da fare per non morire di noia》
《Va bene ragazzina, ora fammi sistemare le mie cose, chiamo questa sera per salutare anche mamma e papà》
Io e Grace ci salutiamo e poi mi metto le mani ai capelli dopo avere aperto le valigie.
Respiro.
Okay, a noi due valigie.

Dopo un'ora posso dire di essere a buon punto: i vestiti sono tutti nell'armadio e i libri e le penne sulla scrivania.
Non avevo chissà quanta roba alla fine, rimane solo un'ultima cosa sul fondo del mio bagaglio: una fotografia.
Siamo abbracciati e sorridiamo guardando l'obbiettivo.
Ricordo il giorno in cui è stata scattata, avevo sedici anni e, nonostante I mille problemi, stavo bene.
Noi due stavamo bene.
Sospiro lasciandola ricadere dentro la valigia.
Coraggio Maya, città nuova vita nuova, non dimenticarlo.
Passo qualche ora a leggere e mezz'ora al telefono con i miei genitori, fino a quando il brontolio del mio stomaco mi ricorda che non mangio da circa quattordici ore.
Io e il cibo non andiamo molto d'accordo ma è una cosa su cui sto lavorando.
Decido di andare in cucina a vedere se c'è qualcosa da mettere sotto ai denti e trovo il gran maleducato seduto al tavolo.
Comincio a frugare negli sportelli ma non trovo assolutamente nulla.
《Siamo arrivati oggi, è chiaro che non abbiamo un cazzo. Se vuoi mangiare ordina d'asporto》
《Molto fine oltre che molto educato, a quanto vedo》
《Tanto ti innamorerai di me》sorride beffardo.
Cos'hanno appena sentito le mie orecchie scusate?
《E sentiamo, cosa ti da questa sicurezza?》
《Cadete sempre tutte ai miei piedi, alla fine》
《Non hai mai incontrato delle ragazze con le palle allora》
《Vedremo》
Sbatto con forza lo sportello che tenevo ancora aperto.
Non adesso Maya, non qui, ti prego.
Prendo dei respiri profondi e mi fiondo nella mia camera.
Frugo nell'astuccio fino a quando non tiro fuori il mio salvavita: quella piccola lama d'acciaio.
La avvicino al mio braccio, chiudo gli occhi ed è un attimo.

So cosa starete pensando adesso di me, so che forse vi starò antipatica per quello che ho fatto.
O magari mi starete riservando compassione.
Non voglio essere compatita da nessuno.
Io...ci sto lavorando okay? Vado in terapia.
Che non stia funzionando molto bene è un'altra questione.
Ma ne uscirò, lo giuro.
Stremata dal viaggio e dolorante decido di infilare il pigiama e mettermi a letto. Domani avrò il primo giorno di lezione e voglio essere carica.

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