PROLOGO

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«Ethan, vedi questa?» mio padre mi mostrò l’oggetto che aveva tra le sue mani: una pistola.
«Questa la userai per fare giustizia su certe persone» disse subito dopo con determinazione,quella che mi mancava essendo che il mio respiro era gia diventato affannato  dall’ansia…avevo un brutto presentimento,giustamente.
«Ma non siamo noi i cattivi cosi?» risposi balbettando come un coglione,come diceva quel bastardo.
A questa domanda non ribatté, mi prese la mano e mi portò  in una stanza con un uomo legato ad una sedia.
«C’è sempre una prima volta, questa sarà la tua».

Il mal capitato era stato violentato fisicamente, pesantemente…non sapevo cosa provavo per lui, forse pena ma non avrei mai potuto accettarlo sennò la avrei pagata con qualche tortura da parte di mio padre.
«Vedi quest'uomo? Ora tocca a te fare giustizia su di lui» disse come se fosse un ordine e non una riflessione.
Cazzo.
Era un’ordine, ero un ingenuo del cazzo.
«Non posso…papà…non è giusto così…» non so con quale coraggio quella frase uscì dalla mia bocca riuscendo ad affrontare mio padre, o almeno, pensavo…
«Che ingenuo, che sei prendi la pistola e spara, avanti!»
«Non posso» dissi mettendomi a piangere dalla paura.
non voglio ucciderlo.
non devo ucciderlo.
non posso ucciderlo.

A quel non posso, mio padre mi prese la mano e ci mise sopra la pistola poi mi bloccò tra le sue gambe e mi costrinse a reggere l’arma tra le mani con l’aiuto della sua che mi stava per bloccare la circolazione sanguigna dalla presa ferrea.
«Si uccide una persona per salvarne altre 100» disse poi.
Le Lacrime continuavano a solcarmi il viso e mi vergognai di me stesso.
Mi sentivo una femminuccia, mio padre lo diceva sempre quando piangevo.
Per farmi smettere mi tirò uno schiaffo talmente forte da farmi perdere quasi i sensi .
Volevo stringere le mani per cercare di parare gli altri incessanti schiaffi ma mi dimenticai che con una tenevo il grilletto della pistola che tenevo a stento.
Con una stupidità che solo io potevo avere schiacciai e il proiettile si fece strada nell’aria per poi finire nella testa dell’uomo , uccidendolo con un colpo secco.
Non riuscii a credere a quello che avevo fatto.
Ero così spaventato e disgustato che scappai via ,fuori dal capannone enorme, a piangere, e sentii mio padre raggiungermi.
Si sedette di fianco a me, mi diede una pacca amichevole come se non fosse nulla e disse una frase che ancora ora mi ronza ininterrottamente in testa ,come una mosca del cazzo che non si leva dai coglioni vicino all’orecchio…anzi ,peggio.
«Figlio mio, sono così fiero di te e di quello che hai fatto oggi».
Non me lo aveva mai detto in tutti gli anni della mia esistenza e per una volta mi sentii fiero di me.
Dopo quello mi aveva detto ripensai a quello che avevo fatto mi accorsi che mio padre mi aveva dato una sicurezza malsana quindi mi convinsi che  mi era piaciuto.
La mia testa continuava a ripetere come un testo da studiare a memoria questa frase: mi è piaciuto premere quel grilletto e vedere quel sangue sgorgare.
«Spero che tu un giorno diventerai come me»
Sarò meglio di te, stanne certo paparino.
Sarò il tuo orgoglio.
Te lo prometto… 

THE CEO: in the mafia Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora