✮ ↬ [ seungjin ]

240 13 5
                                    

─── ⋆⋅☆⋅⋆ ───

↬tw: morte ;
genere: soft, fluff ;
ship: seungjin ;
richiesta da jnk2rsie

─── ⋆⋅☆⋅⋆ ───

─── ⋆⋅☆⋅⋆ ───

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Rosso

; e di tagliarmi la carne
e farmi addormentare,
come tre o quattro anni fa


Gli occhi spenti e bianchi dei corpi inermi che coprivano il suolo, come foglie in autunno, sembravano rivolti verso la luna, che con il suo pallore faceva loro da lenzuolo bianco, li copriva e li congedava, riflettendosi nel vuoto delle loro orbite. Forse i suoi raggi sottili, riflesso di quelli del sole, toccando i loro volti scarni e grigi, stavano strappando l'anima dal loro corpo, lasciandogli solo sette secondi per salutare il mondo ostile che li aveva ammazzati.

Il rumore insopportabile degli spari si schiantò violento nelle sue orecchie, stringendo i suoi timpani, senza lasciargli la possibilità di fuggire, lontano di lì, con il corpo come con la mente. Era tutto troppo crudo, tutto troppo reale, e ogni grido strozzato, ogni urlo intrinseco di terrore, lo scricchiolio potente dei passi in punta di piedi per fuggire lontano, ogni singhiozzo sporcato di tremori, si abbatteva su di lui calpestandolo e scuotendolo di brividi.

L'odore ferreo e nauseante del sangue penetrava attraverso le sue narici, pungente e violento, e gli annebbiava la mente, facendogli girare la testa. Quasi ne sentiva il sapore avverso nella bocca, mentre lo stomaco vuoto e in subbuglio sembrava minacciarlo di voler rigettare da un momento all'altro ogni singola traccia di bile.

L'unica cosa che poteva fare era cercare di attutire tutto il trambusto che lo circondava, proteggere i suoi sensi come ad avvolgerli con l'ovatta, come custodendoli in una teca di vetro, coprendosi le orecchie con le piccole mani sporche, rannicchiandosi e chiudendo i suoi grandi occhi scuri. Eppure, neanche quello serviva ad allontanare il caos che lo stava sopprimendo, che lo stava macchiando indelebilmente, che si spargeva sul suo esile corpo come inchiostro vermiglio su un foglio irrimediabilmente accartocciato.

«Resta lì, piccolo, non muoverti» la voce dolce e femminile che gli parlava era in contrasto con qualsiasi altra cosa in quel momento, sembrava quasi fuori luogo, un ossimoro, un paradosso, ma in qualche modo lo rassicurò.

«Torno subito» gli aveva detto, forse stava tremando, forse la voce vacillante aveva tradito la sicurezza di qualche istante prima, e proprio nel momento in cui il bambino aveva avuto l'impulso dannato di tenere gli occhi semiaperti e guardarla allontanarsi, la scena che gli si presentò davanti sembrava scivolare come mani virili lungo il suo collo e afferrarlo ostile, stringendolo, opprimendolo, bloccando crudelmente il passaggio dell'aria come le dighe con l'acqua del fiume.

Uno sparo sordo, che si perdeva in mezzo a tanti altri colpi e corpi, aveva colpito sua madre in pieno petto, rosso viscoso spruzzato da quella ferita, e il suo corpo era caduto leggero sull'asfalto che immediatamente si era colorato di rosso, quella sfumatura che era un pugno nell'occhio. Un pistillo bianco intorno al quale si espandevano petali purpurei e ripugnanti.

| ombre di vetro || racconti dettati dal vento |  stray kids oneshots Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora