Lily
Tutti si dicono amici, ma pazzo chi se ne fida; nulla è più comune del nome, nulla più raro della cosa.
-Jean de La Fontaine«Ripetimi un'altra volta quello che è successo.» Olive cammina avanti e indietro per la nostra stanza da ormai dieci minuti e lo fa con tale foga da farmi venire i giramenti di testa.
Distolgo lo sguardo da lei altrimenti sento che potrei rimettere le quattro tazze di caffè che ho bevuto questo pomeriggio tra una lezione e l'altra.
Butto fuori l'aria dai polmoni prendendomi la faccia tra le mani. Sono seduta sul mio letto, le gambe incrociate sotto di me e vorrei solamente che Olive mi lasciasse dormire in santa pace.
Sono appena le otto di sera, non ho fame, e anche se l'avessi non mi azzarderei a mettere di nuovo piede in mensa oggi. Anzi, credo che d'ora in poi escogiterò un metodo per mangiare senza varcare la soglia di quella sala, credo sia maledetta.
Oppure la sfiga mi perseguita, il che è più plausibile.
«Stanno insieme penso, non è un dramma Olly, tra stronzi ci si trova» rispondo.
Lei non si ferma, sembra intenzionata a percorrere una maratona nella nostra camera. I lunghi capelli biondi sono legati in una coda di cavallo perfetta, mentre la camicetta azzurra è leggermente stropicciata e macchiata di sugo dalla cena.
«E ti ha rubato la pizza.» Mi guarda circospetta. Non penso creda a questa parte, ma Jackson potrà confermare la mia versione, non appena l'avrà conosciuto.
«E mi ha rubato la pizza, si Olive, penso di averti ripetuto questa parte almeno dieci volte» dico guardandola di traverso. Ha questa magica capacità di concentrarsi sulla parte meno importante della questione, ogni volta, per qualsiasi cosa.
Per essere una studentessa di Matematica è un enorme problema.
«E tu hai mangiato la fetta che ti ha messo nel piatto?» Finalmente si ferma, guardandomi dall'alto circospetta. La luce soffusa della lampada le illumina parzialmente i tratti spigolosi, rendendo la situazione molto simile ad un interrogatorio. Non che io sia mai stata interrogata dalla polizia, ma più o meno me lo immagino così.
Decido di seguire il suo ragionamento. Da qualche parte dovrà pur arrivare, no?
Si, l'ho mangiata. Non mi sembrava avvelenata, e se lo fosse stata Jackson sarebbe stato un testimone chiave. Nell'intento di infastidirlo mi si era aperto lo stomaco, non avrebbe avuto senso buttarla solo perché me l'aveva data lui.
«Non avrei dovuto?»
La domanda evasiva le fa mettere le mani nei capelli come una bambina e schiamazzare. «No Lily, non dovevi mangiarla!» Esclama ad un tono troppo alto e con un gesto della mano la invito ad abbassare la voce di una o due ottave.
«Oddio Olive, ma perché? Era solo pizza!» Esclamo lasciandomi cadere a peso morto sul letto.
Il materasso è molto comodo, più comodo di quello che ho a casa. Quando andrò via di qua tenterò di rubarlo in qualche modo. Sarà come un souvenir di questa esperienza.
«Gliel'hai data vinta, ecco perché! Dopo quello che ti ha fatto dovevi pestargli i piedi con l'auto, non accettare le sue scuse!» Si appollaia ai piedi del mio letto colpendomi con il suo cuscino.
Non riesco a schivarlo ma con una mano afferro il mio e le do pan per focaccia.
Non erano esattamente delle scuse, le sue, sono stata io a interpretare il gesto in questo modo. E poi, l'auto nemmeno la ho.
A dirla tutta, avevo già pensato a un misterioso incidente, ma è poco pratico essere arrestata per così poco.
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Cast Gold. Follow the rules.
Lãng mạnLily ha sognato troppe notti la sua riuscita, il postino che, una mattina d'estate, consegna senza saperlo la lettera che cambierà per sempre la vita di qualcuno. «La Madison-Hill University è lieta di comunicare l'ammissione della signorina Layla E...