23. Quindici diciotto

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Con tutti i discorsi che vorrebbe fargli, Riccardo potrebbe riempirci un libro (diversi libri): ha fatto la conta delle cose che ha da dirgli e, quando si è trattato di metterle nero su bianco o nero su sfondo di WhatsApp, ha scoperto di non saperlo più fare.

Ciao, sono io, come stai?

Sa che la domanda che vorrebbe fargli non è quella – mi ami ancora? – e che la risposta, anche fosse semplicemente affermativa, è quel che gli spezza il cuore quando fa i biglietti per Parigi e nemmeno glielo dice.


23. Quindici diciotto


Ha imparato a correre, non sapendo che può anche gareggiare con Jacobs alle prossime Olimpiadi (sempre Parigi) e comunque, pur vincendo l'oro e pure il platino, non riuscirebbe a distanziarsi da sé stesso.

Riccardo sa fare una marea di cose, Alessandro gliel'ha detto ogni volta che ha provato a sminuirsi, ma sicuramente è estremamente bravo nel farsi ricordare. Alessandro ha sempre avuto una pessima memoria, non gli è mai entrato in testa che l'Italia è stata neutrale per il primo anno della Grande Guerra (quindici diciotto, si dice, il quindici diciotto), che Lagrange era un matematico e non un Mangiamorte e che per vincere a Poker bisogna imparare a contare le carte.

Si dimentica le cose più utili, il tempo di cottura della pasta dopo averlo letto sulla confezione, come fare un risotto che non sia riso in brodo, come risintonizzare i canali della televisione. E anche qualcosa di meno utile, si dimentica appuntamenti, i sogni che lo svegliano e quelli che invece lo tengono sveglio da principio, dove ha nascosto i biscotti al burro per le emergenze e su che canale hanno trasmesso le Olimpiadi di Tokyo, che ha seguito per patriottismo e perché non aveva niente di meglio da fare. Ma Riccardo sta sempre lì.

Che fa il conto sulle mani e mica ci crede, che quindici diciotto siano gli anni della Prima Guerra Mondiale, cazzo ma è davvero già passato un secolo?

È che il tempo passa e, anche se non vuoi crescere, ti ritrovi a guardare i cantieri con le mani dietro la schiena pensando che il problema non è tanto il caldo, quanto l'umidità: una volta qua era tutta campagna, giovane, lo sai?

Ha silenziato la loro chat su WhatsApp, con la pretesa di essere quello che può fregarsene e, invece, quando apre l'applicazione rimane dolorosamente deluso nello scoprire che Riccardo non lo pensa. Che forse non ha parole, e se le ha magari non è nemmeno interessato a dirgliene una: di tutte le promesse che avrebbe potuto fargli, Riccardo ha dimenticato la più importante – non lasciarmi così.

Michelangelo gli porta in dono i cocci.

Come un ovetto di cioccolata discount, Alessandro cerca la sorpresa per poi pensare: fatti bastare il cioccolato, che chi rompe paga e si tiene pure i cocci. Non chiede mai, si fa violenza per non porre la domanda che gli consuma la gola al pari di un brutto raffreddore.

Non domanda mai che fine abbia fatto, Riccardo, se ha dei piani per il futuro e se lo ha veramente, un futuro, se ha scoperto che gliene frega qualcosa che quindici diciotto non è il 2015 e il 2018, e che le guerre sono lontane sui libri di storia ma solamente finché non accendi la televisione e al TG1 ti raccontano che sta finendo il mondo. Che siamo finiti da tempo, perché ogni cosa ha un inizio, uno sviluppo e una conclusione.

La sua è la telefonata che gli fa Michelangelo, mentre Alessandro sbuffa sul cadavere del suo trolley e si prepara a pensare che Londra sarà bella e there is no place like London, ma comunque non è Parigi: vorrebbe saper dire mezza parola in francese (che non sia baguette, escargot, omelette e altre robe commestibili) per mettersi a urlare che la città dell'amore un cazzo.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Mar 30, 2024 ⏰

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