LONTANANZA

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"Tre-tre-tre-tre-treni regionali di-di-di-disperdono me da te, co-co-co-condividiamo molecole ma cresciamo da soli. In due si sta un po' peggio che soli ma soli non si dice un bel niente. Urla, basta che mi parli, non puoi farmi nulla tranne che mancarmi"

"Marghe, il telefono". Margherita è distesa sul letto. Le sembra di non essersi mai mossa da lì per gli ultimi quattro giorni. I giorni che la separano da lui, da Matteo. "Margherita". Giulia continua a richiamarla. Margherita non accenna alcun movimento, alcuna risposta. Il mondo si muove, va avanti. Margherita immobile, silenziosa rimane sempre un passo indietro, sperando che chiunque si dimentichi della sua esistenza. Giulia entra nella stanza. Le passa il telefono. Margherita lo prende delicatamente, non stringendolo davvero. Matteo. Non risponde. Lo posa sul suo petto. Silenzio. Tutto torna come qualche attimo prima. "Non rispondi?". "Non saprei cosa dire". "Sono sicura che per Matteo non sia importante, chiamalo e basta". "Non voglio che lui inizi a pensare di avere bisogno di me, io non posso dargli quello che cerca, è meglio che lo capisca adesso che non abbiamo nulla da perdere". "Vi siete baciati, Marghe, avete entrambi fin troppo da perdere". "Io non so praticamente nulla di lui". "Ma ne sapevi abbastanza da tirarci su un articolo". "Come sai dell'articolo?". "Non sei molta ordinata quando scrivi, lo sai?". "L'hai letto?". Giulia annuisce. Margherita si mette seduta, stringendo nervosamente fra le mani il telefono. La guarda, la osserva, cerca di scovare nella sua postura, nel suo sguardo, nel suo modo di stare al mondo una risposta, una risposta che non pensava di temere, che non pensava di aspettare, che non pensava contasse così tanto per lei. Per lei che aveva smesso di credere che qualcuno potesse trovare del buono in lei, per lei che non rincorreva un sogno ormai da tempo, per lei che era convinta di non averne più uno, per lei che scriveva e scriveva parole consumate, sudate, solitarie, personali, per lei che riempiva gli spazi vuoti del suo cuore nello stesso modo in cui cuciva quegli articoli, quei pensieri sulla carta. Cuore di carta. Cuore d'inchiostro. Frastuono di pensieri. Nessun suono dalle labbra. Giulia sorride. Margherita respira. "Mi erano mancate, le tue parole mi erano mancate. Lui è riuscito a farle tornare". Cuore si accartoccia. Paura. Margherita non guarda al passato, non vive il presente, non crede nel futuro. Lascia ricadere il telefono accanto a lei. "Io non sono ancora sicura di voler fare questo, io... credo..., io non volevo deluderlo". Giulia sospira. Le si avvicina. Si abbassa alla sua altezza. La guarda dritto negli occhi. "Ecco il tuo problema, tu pensi troppo, Marghe, e finisci per non prendere nessuna decisione. Perciò te la rendo semplice: parlare con lui in questo momento ti farebbe stare bene?". Margherita sbuffa, ricadendo all'indietro. Riprende il telefono. Giulia fa una piccola risatina, rimettendosi dritta. "Ti aspetto di là tra mezz'ora". Margherite annuisce impercettibilmente. Giulia lascia la stanza. Numero. "Marghe". "Scusa". Il suo fiato è affannato, spezzato, le sue parole frettolose, imprecise, sospese, la sua voce tremante.  "Per cosa?". "Per non averti risposto, io pensavo... pensavo...". Qualcosa le impedisce di continuare. O meglio qualcuno. Giulia rimane lì, a due passi da lei. Il suo volto comprensivo e amichevole si contrae sotto il peso delle sua voce. Tu pensi troppo, Marghe. Lo ripete. Lo ripete nel silenzio. Lo ripete tra i discorsi. "Non è importante, Margherita". Sono sicura che per Matteo non sia importante. Deve esserlo. Lui continua a chiederle di rimanere. Lei alla prima occasione cerca di fuggire. Lascia che Matteo si allontani da lei, non accorgendosene. Ogni giorno un passo più lontano. "No, io voglio spiegarti, voglio spiegartelo davvero ma sembrano mancarmi le parole, ...quando...quando parlo con te tutto perde importanza". Cuore che si riempie. "È lo stesso anche per me". Sorriso nella voce. "Quando torni?". "Ti manco già così tanto?". "Potresti semplicemente rispondere?". "Tra 3 giorni, vieni a prendermi tu all'aeroporto?". Margherita non pensa. Margherita sente, percepisce. "Si, ho io la tua macchina". "Spero tu non l'abbia distrutta". Risate. "Potevi anche non lasciarmela". "Volevo essere sicuro che ti avrei rivista non appena fossi tornato". Guance arrossate. "Sarei venuta comunque". Sussurro. "Davvero?". Sorpresa. "Si". Respiri. "Sono felice, Marghe". Sincerità di sentimenti. Genuinità di sensazioni. Ingenuità di attimi. "Perché non serviva darmi la tua macchina per potermi rivedere?". Matteo fa una risatina. "No, intendo che sono felice di avere te, di poterti parlare". Margherita non sa che dire, non sa cosa rispondere. Margherita cambia argomento, sposta l'attenzione da sé. "Ho visto la partita". "Qualche opinione, qualche domanda?". "No". Risposta secca dettata dalla paura, dall'insicurezza, dalla velocità del suo battito. "Sai che non ti credo per nulla, tu non fai altro che pensare, qualcosa da dire dovrai averlo". Silenzio. Attimi di sospensione. Margherita posa il suo sguardo sulla finestra nella parete accanto. Sembra spostarsi su un'altra dimensione. Una dimensione che non si trova sulla terra. Una dimensione in cui vorrebbe incontrare il sorriso di Matteo e non soltanto immaginarlo. "Ti sei mai reso conto di come ogni lontananza si azzeri con una partita di calcio?". Matteo impiega qualche attimo prima di rispondere. Gli attimi necessari per riprendere fiato, per combattere con il desiderio cieco di baciare le sue labbra, così lontane da lui, così irraggiungibili. "Io... è come se riscoprissi il mondo ogni volta che tu dici qualcosa, è come se riuscissi a vederlo per un attimo con i tuoi occhi". "I miei occhi non vedono nulla di buono". "Non è così, sei tu a non rendertene conto". "Matteo". "Si?". "Noi, noi cosa siamo?". Matteo non aspettava quella domanda. Matteo non ne conosce la risposta. Matteo non vuole spaventarla. "Io... non lo so, lasciamo che tutto vada come deve, mh?". "Io non so se ne sono capace". "Non devi preoccuparti di nulla, anche per me è la prima volta, la prima volta che vengo travolto da così tanti sentimenti". Margherita trattiene il respiro. Non sa cosa le stia accadendo. "Ho letto l'articolo". "E?". "Finalmente ho scoperto cosa pensassi di me, il resto lo sai già". Margherita sa già il resto. Non servono parole tra di loro, anche se sono l'unico mezzo che hanno in questo momento per comunicare. Un'anima perduta e un cuore innocente.






Sorrisi||Matteo PessinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora