Broken

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Mi guardo nel riflesso dello specchio posto sopra al lavello, un rivolo di sangue scarlatto scende dalla narice sinistra.
Una goccia cade sulla porcellana bianca; la bustina trasparente risplende sotto la luce bianca, un piccolo residuo di cocaina accanto allo struccante.
I tagli sui polsi pulsavano e bruciavano, il liquido viscoso sul bianco lavello.
La testa che gira, vorticosa, perdo l'equilibrio e finisco con la schiena al muro; mi lascio cadere e finisco seduta sulle mattonelle a scacchi bianco e nere. Le fisso, tento di aprire le labbra; serrate come se fossero state incollate.
Cado a terra; priva di sensi, vedo le luci blu dell'ambulanza fuori dalla finestra, una voce femminile mi parla; non capisco ciò che dice, le palpebre diventano più pesanti e mi lascio svenire un'altra volta; forse per l'ultima.

Mi sveglio di colpo, madida di sudore. Mi volto il cuscino è umido. Goku mi guarda dalla sua nicchia che si è creato tra le lenzuola mentre Vegeta mi osserva da sopra una mensola. Il gatto scese e si posizionò accanto a me iniziando a fare le fusa ed il cane appoggiò il suo muso sulla mia coscia.

' Di nuovo lo stesso sogno '. Sospiro esausta, ormai nulla può cancellare il passato, ciò che è stato è stato, e ciò che è successo è successo. Mi alzo dal letto salutando con una carezza i miei due unici veri amici.
Guardo fuori dalla grande vetrata che mi ritrovo come parete; fuori è ancora buio. Osservo l'orologio appeso al muro; segna le quattro del mattino.
Mi vesto, non ho intenzione di rimettermi a dormire per rifare lo stesso sogno. Allaccio le scarpe e prendo le cuffie; esco di casa chiudendomi la zip della felpa.
Esco dal condominio e accendo la musica a tutto volume nelle orecchie e inizio la mia solita sessione di corsa mattutina.
Le strade sempre trafficate di Seul sono vuote, nessuno mi può vedere. Mi aggiro per i vicoli come un'ombra stanca.
Attorno a me nessuno, finalmente posso liberarmi da ciò che mi porto dentro.

Elestic Heart di Sia accompagnia le mie lacrime, il fiato affaticato dalla corsa e la costante impressione di essere fissata. Mi volto, ancora una volta nessuno dietro di me. Ormai non tengo più il conto di quanti chilometri percorro ma di quante ore sto fuori casa. È già l'alba e mi ritrovo davanti agli studios della JYPENTERTAINMENT; guardo l'ora, 6:10.
Le prime auto sfrecciano lungo la strada, mi trovo disorientata, e come al solito non so nemmeno che strada ho percorso.
Mi guardo attorno; lo sguardo magnetico di un ragazzo rapisce per qualche secondo il mio prima che lui si avvicini. Mi osserva in silenzio cercando di capire cosa ci sia che non vada.

«Hai bisogno di aiuto?» chiede

«Credo di si, cioè in realtà non lo so» rispondo.

«Ti sei persa?»

«Immagino di si»

«Vuoi chiamare un taxi o pensi di tornare a piedi?»

«Preferirei un taxi» vedo che estrae dalla tasca il telefono per chiamare il taxi. Flette il suo bicipite per portarselo all'orecchio, dalla maglia si intravede il suo fisico allenato. Finita la chiamata torna a guardarmi.

«Arriverà tra poco», alle sue parole tastai le tasche della felpa, non vi trovai nulla se non il cellulare.

«Cazzo il portafogli» mormorai tra me e me ma a quanto pare lui mi sentii.

Mi porse qualche banconota e se ne andò.
Rimasi lì impalata, nella stessa posizione di prima; non mossi muscolo. L'autovettura arrivò accanto a dove ero. Salì e dissi dove dovevo andare. Arrivata al condominio pagai e mi diede il resto; poi se ne andò.

Rientrai in casa, mi cambiai per andare al lavoro, presi il casco, le chiavi e scesi nel garage. Misi in moto la moto, misi il casco e partii per il lavoro.
Arrivata alla caffetteria entrai con la chiave aziendale e mi andai a sistemare con la divisa, camicia bianca, gonna corta nera aderente e grembiule beige.
Sistemai il bancone e aprii il locale con qualche minuto di anticipo.
La mia collega arriva puntuale come al solito. Si sistema la treccia dove sono raccolti i suoi lunghi capelli blu notte.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 03 ⏰

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