Ho un piano

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MARGHERITA

<<E quindi che facciamo?>> mi domanda alzando le sopracciglia chiare Diletta.

<<Entriamo>> le dico sfregando le mani l'una contro l'altra. Devo solo individuare l'entrata giusta e poi avremo la meglio sul mio destino. Dall'alto del suo metro e sessanta la mia migliore amica mi osserva spazientita, la ho tenuta sulle spine per tutto il pomeriggio. Sapevo che non avrebbe accettato la mia proposta se le avessi detto la verità. Devo ancora raccontarle del misfatto di ieri a casa dei nonni. 

<<Marge, perché hai quello sguardo?>> devo dire che non ricordavo di essermi portata dietro la mia coscienza, se avessi saputo che sarebbe andata così mi sarei arrangiata. Diletta, mia cara Diletta, non imparerai mai.

<<Ho un piano>> butto lì in velocità, la sento sbuffare poco distante da me mentre osserva impaurita i passanti, non serve che io mi volti per vedere lo sguardo di rimprovero, aveva lo stesso quando sette anni fa ho preso in prestito quella pennetta per le macchinette del liceo. Poi però guarda come si è goduta la cioccolata calda la mattina per cinque anni. 

 <<Non pensi che sia, come dire, illegale?>>. Quante storie per una piccolezza simile. Siamo di fronte all'entrata secondaria della Basilica del Santo, manca poco a giugno e tra poco si festeggia Sant'Antonio da Padova, nessuno noterà due giovani ragazze non troppo devote - l'anticristo in persona- che si avvicinano all'ingresso della preghiera in modo furtivo e che salteranno la fila per la visita alla tomba del santo.

<<Quindi il tuo grande piano per il nostro pomeriggio è questo?>> Diletta mi prende per le spalle e quasi mi scuote, spalanca gli occhi azzurri e i folti capelli biondi oscillano dietro la sua schiena. <<Tutte quelle ore in biblioteca ti stanno dando alla testa, penso sia la polvere>>. Il mio lavoro alla biblioteca universitaria non ha a che fare con questo, o forse sì, mi ero candidata per quel ruolo principalmente per scovare qualche bel nerd da ammaliare con il mio fascino goffo ma nulla, e quindi eccoci qui.

<<Quanti giorni mi dai, doc?>> scherzo e prendo tempo. Devo solo trovare il momento giusto per far sembrare tutta l'operazione il più naturale possibile. <<Rilassati, ci metteremo poco e poi potrai tornare a fare qualsiasi cosa scientifica tu faccia come al tuo  solito>>.

<<Cose scientifiche>> spazientita mi lascia andare dalla sua presa decisa, <<Te lo dico sempre io->>, sì, sì, lo so pulisce i beker, sistema le ampolle e fornisce il laboratorio con le sostanze chimiche che serviranno il giorno dopo. Ormai la so, la tiritera è sempre la stessa è solo che la mia repulsione per le cose appunto scientifiche è tale da rifiutare pure la sola pronuncia.

<<Forza, andiamo a implorare Toni di mandarmi un bel moroso>> borbotto tra me e me mentre improvvisando un eccesso di fede faccio il segno della croce -si faceva di sinistra o di destra?- e mi dirigo spedita verso l'entrata della Basilica.

<<Dio, dimmi che non lo stiamo facendo sul serio>> mi segue a ruota Diletta a quanto pare preoccupata di essere messa in prigione per questo. Il suo Nobel per la Chimica non se lo guadagnerà di certo dalla prigione.

<<Ma che Dio, muoviti che qua ci scappa il morto, capita?>> in velocità mi volto a vedere se le spunta un sorriso sul volto alla mia pessima battuta che non pare aver fatto breccia. Niente battute, ricevuto.

<<Tutto questo perché non vuoi scaricare un'app di incontri>> si lamenta.

<<Lo faccio per il nostro bene, non mi pare che tu abbia la fila>> la rimbecco stizzita, mentre le afferro il polso e la conduco verso il nostro obiettivo: la tomba. Schiva un fedele, schiva l'altro e immettiamo nel flusso dei fedeli che alle nove del mattino non ha di meglio da fare se non baciar un pezzo di marmo baciato da chissà quanti altri prima.

<<Scusi, sorella>> mormoro educata al pinguino bassetto che mi ha tagliato la strada.

<<Eccoci, qua>> asserisco orgogliosa delle mie doti da agente segreto mentre uno sbuffo familiare mi si abbatte sul collo.<<Diletta, ora concentra tutta la tua energia e prega>>, mi assicuro che lo faccia e non le tolgo lo sguardo di dosso fino a che le sue mani non sono congiunte di fronte al suo viso pallido. Mi ritaglio il mio spazietto contro il grande parallelepipedo di marmo bianco, sollevato dal livello del pavimento da qualche scalino e tra le varie fotografie di richiedenti sussidio mi metto in contatto con il morto. Non ci credo che sto per farlo ma a mali estremi estremi rimedi, no?

<<Ciao, Toni. Lo so che non credo in te e lo sai anche tu ma Google dice che sei il protettore delle zitelle. Non è mica che potresti fare un'eccezione ed espormi a qualche bel ragazzo, grazie? Buon riposo>> inginocchiata sugli scalini e con ancora la mano appoggiata al lato del monumento mi volto e vedo una cosa abbastanza singolare: Diletta che si porta un palmo alla fronte e borbotta qualcosa e una signora che con gli occhi sgranati mi giudica apertamente. Ti pareva che dovessi trovarla io quella matta?

<<Te pare el caso, te dovarissi vergognarte!>>, Capelli grigi acconciati in una crocchia che risale alla fine dell'Ottocento e un rosario che vale più di quanto non valga io tra le dita nodose, la signora per poco non mi pizzica l'orecchio e mi porta fuori. Io però non ho tempo per le sue ortodossie quindi me ne libero velocemente.

<<Do spaghetini de cassi sui, siora>> le rispondo in padovano stretto e con molta più agilità di quanta ne avrà lei mi dirigo spavalda e senza perdermi a guardare la bellezza di quel posto verso l'uscita dove inferocita mi attende Diletta.

<<sti tosi de oggi>> si lamenta la mia nuova amica mentre zampettando allegra me la svigno prima di prendere fuoco in quel posto che ho tanto evitato per anni. Ricordo ancora le messe in latino... chissà se questo ha influito sulle mie capacità di tradurlo!

<<Visto? Niente galera>> provo a sdrammatizzare ma Diletta che batte il piede sinistro a terra e le mani ben piantate sui fianchi può voler dire solo una cosa: <<Lo so, lo so: lavo io i pavimenti per il resto del mese. Non guardarmi così, mi metti paura.>>

Insomma, ora devo confidare in Toni e aspettare, penso.  Ho quattro giorni per portare a termine il mio piano diabolico e non essere relegata al tavolo dei bambini anche questa volta. Ho ancora il ragù nelle orecchie dall'ultimo Natale, maledetto Pietro e il suo "cucchiaio da grandi". 

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