Prologo

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Era un' afosa giornata di novembre mentre camminavo sul molo di Venice Beach.

Come amo Los Angeles.

Stavo andando da Chip's, il mio ristorante preferito di tutta la zona quando ad un certo punto due uomini sbucarono da dietro l'angolo.
Il primo mi prese per i polsi e il secondo tirò fuori un coltellino dalla tasca della felpa.
Non feci neanche in tempo a provare a difendermi che me lo piantò nel costato.

"Questo è un avvertimento, digli che con noi non si scherza" disse il primo, : " Vuole giocare con noi, bene.... giochiamo" e mi diede un pugno in pieno stomaco facendomi crollare a terra.

Sapevo benissimo di chi stava parlando.
Lo sapevo anche fin troppo bene.
Il mio caro papà è una sorta di gangster-mafioso che gestisce dei giri loschi e che fa affari con persone poco affidabili, come avete appena visto.

Provai in tutti i modi ad alzarmi da quel pontile, ma crollai a terra e svenni.
Non so per quanto tempo rimasi senza coscienza.

Quando aprii gli occhi una fitta mi colpì il basso ventre e mutuali dal dolore.
La prima cosa che vidi fu un Michael Austin trasandato come non mai, seduto sulla poltroncina vicino al mio lettino. d'ospedale.

"Papà" sussurrai.

"Kendall". Mio padre si alzò di scatto e mi raggiunge, concordando mi con le sue braccia. "Sono due settimane che aspetto il tuo risveglio".
Quando alzò lo sguardo su di me, vidi per la prima volta in vita mia il suo sguardo rigato dalle lacrime.
"Cosa ti hanno fatto?" questa domanda era rivolta più a se stesso che a me.

"Sta- stavo andando da Chip's quando ho girato l'angolo e mi sono trovata addosso due uomini" dissi con le lacrime agli occhi. " Hanno detto che- che con loro non si scherza".

Mio padre sbiancò di colpo.
Sul suo volto si creò un espressione di colpevolezza, di chi aveva appena capito che la sua unica figlia era andata in coma per più di due settimane per colpa sua, solo sua, ,a cercò di non darlo a vedere.

Passarono un paio di giorni prima che io venni dimessa dall'ospedale.

Appena misi un piede in salotto, feci un respiro di sollievo.
Ero a casa, contava solo quello.

Mio padre mi guardò con uno sguardo che significa solo una cosa: ho delle notizie da darti e non sono affatto belle.

Come avevo previsto: "Vai a preparare le valigie, domani parti per New York".

"Eh ?" ero a dir poco sconvolta.

"Hai capito bene, ti farai ospitare da lei."
Lei, la donna che più odiavo.

"Ma-"

"Niente ma, è non voglio ripetertelo", queste furono le ultime parole di mio padre, visto che si chiuse nel suo ufficio chiudendo la porta con un calcio.

My Best EnemyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora