Il mio nome sussurrato dal vento

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Londra era una città meravigliosa sempre. Ma durante il periodo di Natale diventava qualcosa di magico.

Era il secondo Natale che trascorrevo in quella città. Mi ero trasferita poco più di un anno prima e lavoravo per una rivista di moda importante.

Erano più di cinquant'anni che facevo quel lavoro, dovevo solo stare attenta a non apparire troppo, per il resto era un giusto compromesso tra la mia voglia di stare sotto i riflettori e il mio bisogno di non farmi notare.

Avevo lasciato Mystic Falls molti anni prima, senza mai farvi ritorno con la speranza di lasciarmi tutto alle spalle.

Ricordo con precisione la mattina in cui partii.

Dopo la morte di mia madre, prematura neanche a dirlo. Lasciai un biglietto a Bonnie e subito dopo il funerale decisi che avrei proseguito la mia vita altrove.

Durante quei lunghi anni non avevo più né visto né sentito nessuno dei miei amici. Non ero ancora pronta.

In realtà non era completamente vero, una presenza aveva continuato a seguirmi con discrezione continuando a ricordarmi di tanto in tanto cosa fossi e da dove venissi. Ogni anno per Natale e per il mio compleanno ricevevo qualcosa da "un ammiratore misterioso" . Gioielli, fiori, cioccolatini, capi firmati. Lui era sempre presente, sapeva sempre dove mi trovassi e non lasciava mai un biglietto, non che ce ne fosse bisogno. Dentro di me sapevo perfettamente chi fosse, ne riconoscevo lo stile.

Non potevo fare a meno di perdermi nei ricordi mentre lentamente addobbavo il mio appartamento.

Durante la mia vita umana avevo adorato quel periodo dell'anno, ed era una cosa mi ero portata dietro anche dopo la morte. Sistemavo in modo maniacale le decorazioni in ogni angolo della casa: fili blu ed argento andavano ad impreziosire il tutto rendendola un'adorabile bomboniera.

Mi piacevano le luci, mi piaceva l'atmosfera, mi piacevano i regali, adoravo il clima delle feste anche ora che ero sola.

Il suono del cellulare mi strappò brutalmente dai miei pensieri –Pronto!- risposi senza neanche leggere il nome sul display.

-Care, buonasera!!!- la voce squillante di Dana mi fece sorridere.

Dana era una mia collega, eravamo immediatamente diventate amiche. Lei si occupava della rubrica sui fenomeni paranormali, la qual cosa mi divertiva moltissimo, soprattutto perché tendeva a vedere stranezze ovunque ma non notava quelle che aveva sotto gli occhi, me per esempio.

Era una tipa strana, con la testa perennemente tra le nuvole, ma sempre di buonumore. Sognava una famiglia, dei figli, un marito e non perdeva mai occasione per spingere anche me in quella direzione.

"Sei una così bella ragazza Care, dovresti trovarti un uomo!"

"Ma non vorresti qualche bel bambino un giorno?"

Sì che lo avrei voluto. Ma non potevo. Non avrei mai potuto. Questa possibilità mi era stata strappata via, anni fa, senza che neanche io me ne accorgessi. Non avevo nemmeno vent'anni.

Nonostante tutto però, non potevo lamentarmi. Con il tempo mi ero arresa alla mia natura, avevo imparato a gestirla a modo mio ed ero cresciuta, ero diventata la donna che avrei sempre voluto essere: bellissima, forte, indipendente, decisa e soprattutto equilibrata. Una sola debolezza: un ammiratore misterioso che non riuscivo a togliermi dalla testa.

Per quel che riguardava gli uomini, dopo Tyler non avevo più voluto una relazione seria. Non che fossi vissuta nella castità, ma mi limitavo ad assecondare i miei istinti senza legarmi troppo, anche perché altrimenti non avrei potuto nascondere la mia natura in eterno. L'unica soluzione sarebbe stata trovare un compagno il quanto più possibile simile a me, ma per il momento era un'ipotesi che volevo scartare.

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