L'unico rumore che si sente a tavola è quello delle posate che si scontrano con i piatti. Se non fossi abituata a questo tipo di cene, avrei i brividi per la freddezza che si percepisce in questa stanza. Igor Smirnova è concentrato sul suo giornale, mentre Charlotte Davis controlla sulla sua agenda gli appuntamenti di domani. Non una sola sillaba è stata emessa da quando le domestiche hanno messo la cena a tavola.
Una volta finito il mio piatto di spaghetti al sugo, allungo una mano verso il cestino del pane, pronta a pulire il piatto, ma la voce della donna seduta a tavola mi ferma.
«Cosa fai, Elisabeth?» Charlotte mi lancia un'occhiataccia che mi raggela. Non che conosca altri modi per guardare le persone.
«Volevo mangiare del pane.»
«Dopo la pasta? Troppi carboidrati fanno ingrassare. E a nessuno piacciono le persone grasse. Non commettere certi errori, Elisabeth.»
Riporto il braccio sulle gambe e guardo il mio piatto. «Certo, signora. Non riaccadrà.»
Charlotte annuisce con la testa. «Bene.» La sua attenzione ritorna alla sua agenda, ma in compenso questa breve chiacchierata ha portato Igor a puntare gli occhi su di me. «Come è andata oggi a scuola?»
«Bene. Abbiamo fatto già due test d'ingresso, entro la fine della settimana dovrebbero riconsegnarli.»
«Se hai finito di mangiare, direi che hai altro tempo per continuare a studiare prima di andare a dormire.» Igor mi fissa impassibile.
«Ma certo.» Mi alzo da tavola. «Buonanotte.»
Non ottengo nessuna risposta e vado nella mia stanza.
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Mi sveglio di colpo con un dolore acuto al petto e allo stomaco. Un altro attacco d'ansia. Guardo il telefono e vedo che è l'una. Mi metto seduta e mi tolgo le coperte di dosso perché faccio fatica a respirare. Non posso fare respiri profondi perché il dolore al petto mi sembra più forte, e ciò mi porta a fare respiri brevi e più veloci. Per i successivi dieci minuti provo una tecnica di respirazione dove bisogna inspirare per tre secondi, trattenere il fiato per lo stesso tempo ed espirare per tre secondi e di nuovo trattenere il fiato. Mentre lo faccio cerco di focalizzare la mente sui rumori ambientali che ci sono intorno a me, e non sui dolori che sento, ma nulla sembra funzionare. Ormai è qualche mese che ho iniziato ad avere questi attacchi, e per ora non ho trovato ancora un modo per tranquillizzarmi. L'unica cosa che posso fare è attendere che passi. Rimango seduta sul letto a gambe incrociate, e ogni tanto tanto mi piego fino ad appoggiare la testa sul materasso quando sento la testa iniziare a girare. Dopo più di un'ora scompare il dolore al petto, ma rimane quello allo stomaco.
Sono quasi le tre di notte e capisco che sarà una lunga nottata. Non è la prima volta che sento un dolore costante e lancinante allo stomaco, e quando succede ce l'ho per ore. Mi muovo lentamente per stendere le gambe e appoggiarmi ai cuscini, in una posizione semiseduta. Anche così il dolore allo stomaco persiste, ma è più sopportabile. Riesco a dormire un pochino, ma è un sonno agitato. Mi riposo per dieci, massimo quindici minuti alla volta, prima di svegliarmi di nuovo.
Sono le quattro passate, e io sono ancora qui, in preda ai dolori. Lacrime di frustrazione mi rigano le guance. Mi sento impotente, e stanca. Non posso fare niente per migliorare questa situazione, o per stare meglio. Posso solo attendere e cercare di stare il più ferma possibile, perché la minima pressione che sento sullo stomaco mi fa venire una forte nausea.
Sono le cinque di mattina, e finalmente il dolore allo stomaco è passato. Dopo quattro ore. Per quanto sia stato terribile, spesso mi dura per più tempo. Mi restano un paio d'ore per dormire decentemente prima di dovermi svegliare e preparare per andare a scuola. Mi sdraio comodamente e mi tiro le coperte fino al mento. Per quanto abbia caldo, stare in un bozzolo mi fa sentire più tranquilla, protetta quasi. Stremata, mi addormento in fretta.
Quando suona la sveglia, la voglia di rimanere a casa è alta, ma non posso. Mi trascino in bagno e mi guardo allo specchio, notando la mia espressione stanca. E non è solo una questione di stanchezza fisica, ma anche mentale. Gli attacchi d'ansia mi prosciugano ogni energia. E dopo stanotte, ho ancora lo stomaco sottosopra. A causa della nausea non faccio colazione. Sono sicura che il mio corpo si ribellerebbe se dovessi assumere cibo. Mi lavo la faccia con l'acqua fredda per riprendermi un attimo, e poi inizio a prepararmi. Una volta pronta, prendo lo zaino e scendo al piano di sotto. Sto per aprire la porta di ingresso, quando vengono distratta da una voce.
«Buongiorno Elisabeth, non fai colazione oggi?» Cassandra, la domestica principale e anche la mia preferita, mi guarda confusa. Sono poche le volte in cui salto colazione, e di solito quando non sto bene. Quindi penso rapidamente a una scusa per non farla preoccupare. Non voglio essere un peso per le persone.
«Oh, sono semplicemente di fretta. Ho un pacchetto di biscotti nello zaino da mangiare per strada.» Cassandra sembra aver creduto alle mie parole, così mi affretto a uscire di casa, prima che chieda altro. «Ci vediamo dopo, Cassandra. Buona giornata!»
Mentre mi incammino verso scuola, metto le cuffie e cerco su YouTube un video da vedere. La scelta ricade su Elisa True Crime. «Bentornati sul mio canale, amici, o se siete nuovi, benvenuti. Sono Elisa True Crime e anche oggi sono qui con voi per raccontarvi una storia di true crime che mi ha particolarmente scioccata.» Ogni volta che vedo un nuovo video rimango sempre più sconvolta da ciò che alcune persone siano in grado di fare. Mi chiedo come facciano con tanta facilità a fingersi delle persone tranquille e per bene quando in realtà sono terribili assassini. E a fare cose tremende senza essere disgustati da sé stessi. Faccio fatica a fingere di stare bene, figuriamoci fingere di non avere qualche persona nascosta nello scantinato di casa che è più morta che viva. E loro lo fanno con tanta disinvoltura. Non sono sicuramente una persona socievole e che fa amicizia con chiunque, ma se continuo a vedere questi video mi verrà davvero difficile fidarmi delle persone.
La giornata a scuola passa molto lentamente. È un miracolo che non mi sia addormentata durante qualche lezione. Durante la pausa pranzo non mangio perché sento di avere ancora la nausea, e mi rifugio in un angolo remoto del cortile per starmene un po' in tranquillità. Sono talmente esausta che al termine delle lezioni non vado nemmeno al parco, ma mi sbrigo a tornare a casa per riposare un po' prima che tornino i miei genitori.
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L'insofferenza delle anime intrappolate
RomanceElisabeth Dalia Smirnova sente di star sprecando la sua adolescenza. Si sente oppressa: oppressa dai suoi genitori, che le negano la maggior parte delle cose; oppressa dalla scuola, che le impedisce di avere la sua già minima vita sociale; oppressa...