Shadee è nello studio di suo padre. Dall'esecuzione di Isedu il re non gli ha lasciato nemmeno un secondo libero per pensare. Lo ha coinvolto negli aumenti delle tassazioni, lo ha fatto assistere alle esecuzioni pubbliche, lo ha costretto a sedare una rivolta dei Secondi, sorpresi a radunarsi senza l'approvazione règia. Non sa per quale motivo l'abbia fatto chiamare adesso. Si trovava con Kemala sulla torretta centrale quando ha visto Chanti varcare il ponte secondario, ma proprio mentre stava per correre da lei un ambasciatore l'ha convocato a rapporto.
"Pensaci tu" ha pregato Kemala. "Mio padre non la deve vedere."
Ed eccolo nello studio del re, davanti allo scrittorio con le boccette d'inchiostro e le piume di pavone, come un imputato in attesa della condanna. Suo padre siede sullo scanno e contempla l'arazzo sulla parete opposta. I fili intrecciati raffigurano un cervo che viene trafitto dalla tomba di rovi, la stessa mossa che Shadee ha usato per uccidere Isedu. Non ci deve pensare, deve liberarsi una volta per tutte di un incubo, di quel fantasma che lo perseguita, assetato di vendetta, e gli sussurra all'orecchio di prepararsi, per lui è finita: con quell'atto di violenza ha condannato quel poco di sé che esisteva alla morte.
"Smettila di fare il ragazzino" lo ha rimproverato Kemala. "Smettila di piangerti addosso."
Shadee non ha fatto in tempo a chiederle spiegazioni perché in quell'istante Chanti è tornata a palazzo e poi suo padre lo ha convocato e poi il resto è storia nota, anzi, da scoprire. Da un quarto d'ora il re fissa il vuoto senza spiccicare parola come se qualcosa lo stesse tormentando.
Shadee si rigira i pollici. «Hondo non c'è?»
«La sua presenza oggi non è richiesta.» Quindi già sa. Hondo non resta mai all'oscuro di nulla. «Ascoltami, Jaja» sussurra finalmente suo padre. «Quello che ti dirò adesso non deve uscire da questa stanza. Non deve saperlo nessuno, nemmeno Chenzira. Sono stato chiaro?»
Shadee sbatte le ciglia per scacciare il fantasma di Isedu che gli soffia negli occhi. «Chiarissimo.»
«Ci sono dei problemi a Spinarupe. Alcuni ribelli negli ultimi mesi hanno puntato la capitale. Per il momento si tratta solo di qualche scorribanda, ma i cittadini sentono che ci stiamo indebolendo e anche alcuni dei Primi iniziano a dubitare.»
Nelle lettere che arrivavano da Reggia Blu prima dei Mille Soli, gli aveva accennato spesso ad alcune scocciature con un gruppetto di ribelli, ma Shadee non credeva che il pericolo fosse così alto da allarmare suo padre e da richiedere una riunione segreta. È orgoglioso e grato che si stia confidando con lui, eppure gli sfugge il senso di quel colloquio, perché cosa potrebbe fare un semplice ripiego davanti a una massa di cittadini in rivolta?
D'un tratto capisce. «C'è dell'altro.» C'è qualcosa che il re, sempre così diretto, fatica ad ammettere.
Lui lo studia come se stesse cercando l'attimo giusto per vomitargli contro chissà quale terribile verità, a un certo punto sospira. «Tuo fratello si è schierato con i ribelli.»
Il tempo si ferma, la mente di Shadee invece corre, cerca frasi, parole, giustificazioni che possano scagionare Jaja. Ci deve essere un errore. Suo fratello non è scappato da Spinarupe per unirsi a una ribellione, se ne è andato solo per evitare un matrimonio con una donna. Solo un folle si lascerebbe accarezzare dall'idea che abbia tradito la casata. Non può averlo fatto perché un conto è andarsene e lasciarli soli, un altro volerli distruggere.
Shadee cade sulla sedia in una posizione scomposta. Sì, si ripete, si tratta di un equivoco. Forse Jaja è stato scambiato per un altro, forse i ribelli stanno sfruttando il suo nome senza che lui lo sappia, forse lo hanno imprigionato e lo stanno ricattando.
«Non può essere» boccheggia. Suo fratello non è un nemico. Ci crederà soltanto quando lo avrà visto con i propri occhi.
«Purtroppo è così» sospira suo padre. «Lo hanno avvistato quattro mesi fa.» Quattro mesi. Perché nessuno gli ha detto niente? «Era a capo di un gruppo di ribelli a Rocciabuia. Ha attaccato le nostre guardie. I suoi uomini hanno rubato denaro e cacciato i soldati dalle guarnigioni di stanza.»
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Una storia di ali e spilli
FantasiLe Bolle di Rovi e Rugiada sono nemiche per un motivo che con il tempo si è scordato. Omicidi, furti e agguati hanno generato una spirale di odio che non è mai sfociata in una guerra aperta, sebbene il terrore di uno scontro sia alle porte. Nella Bo...