Nun me ricordo che vordì essere umano

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Sabato, 00.13

"Nun me ricordo che vor dì essere umano"
"Ma che dici amò?"
"Nono, proprio nun ce sto co'a testa"
"Sì, me so accorta! Ma Fè, c'hai diciassette anni e stamo ad una festa, balla un po' co me"

Margherita si strusciava contro Fede, con le tette che sbattevano sulla pancia del ragazzo.

"Scusa Marghe, ma sto per sbrattà" disse lui, spostandosi di lato.

Federico stava un po' così. Mezzo relitto, disperso un po' nel mare dei cazzi amari. Con la mamma che faceva la puttana per pagare da mangiare ed il papà a far la bella vita al centro di Milano. Non stava proprio bene Federico! E sbrattare ad una festa, insieme a Marghe ed altri amici, litri d'alcol, un tiro d'erba e 'na scopata, non è che lo facesse stare meglio! Proprio per niente, anzi. Ma ormai era quasi all'ordine del giorno.

"Ao Marghe, me sa che me so sbrattato fuori pure i sentimenti stavolta"
"Cazzo Fé, m'hai sbrattato su 'e scarpe! Se nun te stai zitto i sentimenti te li faccio smette de provà pe sempre"

Marghe mica diceva sul serio. Replicava con il suo tono scanzonato, ma sotto sotto c'era una scintilla di comprensione. Federico le sbrattava sulle scarpe almeno almeno tre volte al mese. Anche quattro! E le minacce poi passavano.

"Fallo Marghe, ammazzame i sensi, tanto mo è come che me trovo sottovuoto"
"Cazzo dici Fé, te pijo a schiaffi che te lascio i segni sulle guance pe tre mesi"

Fede se ne rideva. Un riso amaro, carico di quella disincantata consapevolezza che ti pervade quando ormai hai toccato il fondo ed il mondo intorno a te sembra perdersi nella nebbia. Barcollava tutto storto, schiena china, gambe tese e strascicate, si poggiava alla ringhiera, ora al tavolino, ora all'amica di Stefania e Genoveffa, quelle due della sezione accanto. Calpestava i piedi di Filippo, Mariella e di Giancarlo, uno dietro l'altro, passo sopra passo, nessuno scampava alla sua marcia disordinata. In quel labirinto id luci stroboscopiche e risate assordanti, Fede si sentiva come un fantasma, non altro che un'ombra sfocata tra i vivi. La festa, con tutta la sua frenesia e spensieratezza, mano a mano diventava un riverbero lontano. Era il suo modo di fuggire, di scacciare via l'amarezza che teneva dentro di sé. Poi all'improvviso, mentre barcollava con sguardo perso nell'incertezza, Fede vacillò e cadde a terra, come un burattino privo di vita. Il suo corpo inerte scivolò verso il pavimento affollato, quasi ignorato dalla festa che continuava a pulsare intorno a lui. Marghe, con una prontezza sorprendente, si fece strada attraverso alla massa e raggiunse Fede, prima che dei piedi danzanti e sconsiderati potessero schiacciarlo. Con forza e con determinazione, lo sollevò dal pavimento, stringendolo a sé come fosse un peso leggero anche se piuttosto ingombrante.

"Marghe, ma che cazzo c'ha Fede?" strillò Giulia tra la folla.

Luci strobo intermittenti danzavano sulle pareti, creando un caleidoscopio di colori che si rifletteva sulle vesti sgargianti dei partecipanti. Nel cuore della sala, una pista da ballo affollata pulsava al ritmo della musica.

"Nun ce vedi? Fammelo portà dellà, Giù! Pare che sta a morì e me sta spaccando i bracci a tenello come 'n manichino de legno"
"Ma nun ce la fai a tenello dritto che me sta a schiaccià i piedi da mezzora?" qualcuno urlava in mezzo a tutto quel casino. L'aria era impregnata di un misto di odori: una miscela di sudore, alcol e sigarette. Il calore dei corpi accaldati si faceva sempre più intenso.
"Ao, sta a schiumà da 'a bocca, aspe aspe glie faccio 'na foto" disse Genoveffa, quella che faceva la modella del pianerottolo.
"Ma te levi che sennò te meno" buttò fuori dalla gola Marghe. Così Stefania prese la sua amica tirandola dal braccio ed allontanandola verso gli altri del suo gruppo.

Tra sguardi furtivi e sorrisi compiaciuti, alcuni ballerini si contorcevano a ritmo frenetico, perdendosi nella musica. Altri, invece, si aggrappavano ai tavoli o alle ringhiere, cercando un momento di pausa nella frenesia della festa. Marghe sentì come di essere tirata da un'energia frenetica nel mentre che si apriva un varco tra la folla.

"Ohi Fè, ce semo quasi! Ohi Fè, guà che ce stanno 'e stelle! Te ripiji? Oh, Fè? Giù, ma me dai na mano? Questo se sta a fa 'n sonnellino"

Già, un altro sonnellino. Federico stava un po' così! Buttava giù i suoi cocktail, sentendo il sapore amaro del gin e il pizzicore dell'alcol sulla lingua. Si fumava mezza canna, lasciando che il fumo gli riempisse i polmoni e lo avvolgesse in una nuvola intorpidita. Ballava un po', sentendo il ritmo frenetico della musica che faceva vibrare il pavimento sotto di lui, ma dopo aver sbrattato pure l'anima se ne stava là, svenuto a terra, con le gambe sopra il vomito e Margherita che cercava di non farlo soffocare. Sentiva il suo respiro affannoso e irregolare, il cuore che batteva forte nel petto come un tamburo lontano.. Già a sognava, Fede, quando Giulia gli passava una salvietta sulla fronte e Marghe provava a togliergli i vestiti zozzi e luridi di dosso. Stava già a sognà d'esse co'a mamma, là a Trastevere, dove viveva con la nonna finché aveva 12 anni. Nel frattempo, l'avevano steso nel letto di Nicola, che tanto stava al bagno con la tipa e chissà se c'usciva tutto intero prima del mattino.

Nun mer ricordo che vordì essere umanoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora