Prologo

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«Guardala. Osservala. Ammirala.

Cammina come se la terra fosse stata creata affinché lei la calpesti. Testa alta, occhi puntati dritti davanti a lei. I secondi sembrano scanditi dal ticchettio dei suoi tacchi. Il vento sembra si diverta tra i suoi capelli bianchi.
È così tranquilla e senza pensieri... Starà andando al bar, a soffocare qualche inutile dolore in un liquore da due soldi? Oppure starà tornando a casa, stanca e con voglia di dormire? Vorrà forse isolarsi da tutti, nella sua camera, con la musica al massimo, una sigaretta in mano e le finestre spalancate?»

«Perché guardi proprio lei, Morfeo? Cos'ha di così speciale? Mi sembra identica alle altre migliaia di ragazze che ci sono su questa terra.»

«Mi chiedi il perché... Selene, non la vedi? Non senti l'energia che trasmette al mondo? Non vedi la luce che ha attorno? Perché chiunque altro quando lei esiste? Ha qualcosa che mi attira. Ha qualcosa che non ho mai visto, non ho mai sentito, non ho mai provato. È umana, è mortale, è apparentemente effimera. Ma c'è dell'altro.»

«Non può essere nulla di così eclatante. Ti stai di nuovo fissando con una ragazza che fra qualche decennio morirà e che ti lascerà con l'amaro in bocca. Morfeo, mi sembra ironico dirtelo, ma svegliati. È una ragazza qualsiasi.»

«Ed è qui che ti sbagli, Selene. Non sembra una ragazza qualsiasi. Questa notte visiterò di persona i suoi sogni, e capirò quello che voglio capire. Scoprirò quello che sarà possibile scoprire. Darò una ragione a questo impossibile fremere che provo dentro. Che i suoi sogni siano le mie risposte.»


Quella notte, però, il caro Morfeo non riuscì ad entrare nei sogni della misteriosa ragazza che lo aveva tanto attratto.
Quello che lui scoprì è che lei non sognava. Non lo ha mai fatto e mai lo farà.
I sogni, per lei, sono storie per bambini. Una volta chiusi gli occhi c'era solo il buio ad attenderla. Niente storie fantastiche che prendono vita. Nessun desidero che si possa avverare solo nel mondo dei sogni. Niente magia, nessun incanto.
Solo buio infinito e silenzio assordante.

Non importa quante volte Morfeo ci provasse: lei, per lui, era irraggiungibile attraverso i sogni.

Questo Morfeo non lo poteva accettare. All'inizio dava la colpa a sé stesso: sarà di sicuro successo qualcosa al dio dei sogni. I sogni non gli rispondevano più, forse? La sua magia era finita, dopo tutto questo tempo? Sarà forse arrivata la fine degli dèi?
Poi, però, sovrappensiero, ha iniziato a viaggiare attraverso i sogni di centinaia di persone. Correva da una parte all'altra, senza una meta precisa, cercando di capire l'incomprensibile. Era ancora capace di fare la sua magia, e la faceva pure bene.

Arrivò in un campo pieno di margherite, senza che ci fosse alcuna anima viva attorno. Lui e le margherite sparse per terra, il riflesso terreno delle stelle sulla volta celeste.

Perché lei non sognava? Perché lui non ha potuto regalarle nemmeno un briciolo di un qualsiasi sogno? Chi l'avrà mai stregata, chi l'avrà mai condannata a questo tormento?

Queste domande rimasero nella testa di Morfeo per un bel po' di tempo. Come conseguenza, gli incubi frullavano tra le persone quella notte, frutti dell'animo tormentato di lui.

Fu la prima volta, dopo migliaia di anni, che Morfeo non vedeva l'ora che tutti si svegliassero, per poter avere il tempo per pensare in pace.
Per poter agire.


La luce del mattino accarezzò il viso di lei, che aveva il sorriso di una persona riposata a dovere. Gli occhi le si aprirono con fatica, quasi volesse avere ancora un po' di beatitudine prima di iniziare la giornata. Giratasi verso il comodino, trovò un mazzo di papaveri che non ricordava di aver comprato.

Sembravano freschi, come se fossero stati raccolti poche ore prima.

Un petalo era posato sul cuscino, accanto a dove pochi attimi prima si trovava il suo viso. 

Morfeo e leiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora