Capitolo 11

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Rimango a fissare il punto in cui Iris era fino a poco fa, rendendomi conto soltanto in seguito che lei non è più davanti a me, bensì riesco a notare ancora la sua chioma bionda danzare con il vento e allontanarsi sempre di più.

Cammina, ma in questo momento mi sembra stia correndo e il freddo che sento adesso che sono di nuovo da solo, mi mette quasi paura.

Ripenso ancora alle sue parole e mi tocco le labbra in un gesto delicato, come per appurare che le abbia viste davvero e che stiano ancora al loro posto.

Sembro un ragazzino alla sua prima cotta adolescenziale, erano anni che non mi sentivo così e questo sentimento, che ancora non ho capito bene cosa sia, mi mette ansia. Un mix tra smarrimento e voglia di saperne di più, di vivermelo a pieno senza la paura di una porta dritta in faccia, o di qualsiasi altra cosa che possa far riprecipitare il mio cuore dal baratro in cui pian piano sto cercando di tirarlo fuori, a fatica, ma ci sto riuscendo.

Decido di rientrare a casa, prendo le chiavi e le inserisco nella serratura e quando sento il famoso clic, apro il cancello che dà sul giardino, proseguo fino a raggiungere una seconda porta, che è quella di casa, inserisco la seconda chiave e finalmente sono dentro.

È tutto fin troppo silenzioso e ciò non promette mai nulla di buono.

Mio padre è a lavoro, così come la compagna e se non mi dice male, a casa dovrebbero esserci solo i miei fratelli.

Non sento porte che sbattono, o vetri che si rompono, quindi potrei essere anche fortunato dal punto di vista di una loro eventuale non litigata.

Percorro il corridoio che mi porta in sala e successivamente in camera mia, ma una volta oltrepassato la sala principale, una voce a me troppo famigliare, blocca il mio volermi rintanare lontano da tutti e da tutto.

Mi affaccio solo con la testa, mentre noto i miei fratelli intenti a fare quello che gli riescono meglio, ovvero niente.

<<Ti unisci a me Jo?>> mi chiede Jacopo, mio fratello più grande, mentre con un occhio mi intima di raggiungerlo e con un altro tiene d'occhio la televisione.

<<A fa che?>> gli domando di conseguenza.

Da dove sono non riesco a vedere cosa stia guardando, ma dal movimento che le sue mani compiono sul joystick e lo sguardo apparentemente furente che ha indosso, deduco stia giocando a fifa e molto probabilmente sta anche perdendo.

<<Ce famo 'na partita come ai vecchi tempi, daje, nun me pòi dì de no>>.

Ho sempre odiato giocare ai videogiochi con mio fratello.

In primis perchè sono assolutamente negato con ogni tipo di tecnologia e la playstation è la mia nemica numero uno e come seconda cosa, perchè ogni volta che giochiamo a fifa, lui si sceglie la mia squadra del cuore e a me assegna sempre quelle peggiori, di conseguenza perdo per il gusto di perdere, ma anche perchè non saprei segnare neanche se mi ci impegnassi con tutto me stesso.

<<C'avrei da fà in realtà>> mento, ma la bugia non va a buon fine perchè lo sguardo di fuoco che mi lancia, mi fa desistere dal volermene tornare in camera mia e poltrire sul letto tutta la giornata.

A malincuore accetto e mi siedo accanto a lui.

Jader, l'altro mio fratello, se ne sta in disparte a leggere una rivista. Eppure è lui quello più efferrato sul mondo del calcio, perchè non chiede a lui di fare una partita insieme?

Mi porge uno di quegli aggeggi infernali che si usano per giocare e improvvisamente mi dimentico di ogni cosa.

<<Come se usa sto coso?>> lo guardo di traverso, mentre tento di sbirciare qualche sua mossa per ricordarmi almeno i passaggi principali.

Salvami da me - HoldenDove le storie prendono vita. Scoprilo ora