Il piano c'era. Folle, estremo, rischioso, ma non insensato. Metterlo in atto sarebbe stato complicato, un'impresa non da poco. In realtà non sapevano nemmeno da dove cominciare, ma l'idea c'era. Almeno quella. Ne avevano discusso per ore, quattro delle quali passate a bere pesantemente. A poco a poco riflessioni, intuizioni e idee geniali, per quanto strampalate, avevano ceduto il passo a voli pindarici, congetture insensate e battute che non facevano ridere a meno che non foste stati ubriachi quanto loro. Nemmeno quei due sapevano come si erano ritrovati in quella situazione. Una cosa tira l'altra si presuppone. Comunque, al loro stato attuale, non se ne sarebbero fatti un problema fino al mattino dopo.
Alastor lo reggeva bene l'alcool, benché i suoi movimenti fossero più ampi, fluidi e lenti. E il suo sorriso decisamente più genuino e rilassato del solito. Era anche più incline al contatto fisico. <Mademoiselle> strascicò quella parola offrendo il braccio a Angel con un largo gesto. <Conosci il francese?> rispose lui scoccandogli un'occhiata colpita, ma svenevole. Avvolse con una mano l'incavo del gomito. <Solo qualche parola> precisò Alastor aiutando Angel a issarsi barcollante dalla sedia. Angel si sentiva la testa pesante come il piombo in bilico sul collo. Ogni minimo squilibrio la faceva oscillare terribilmente. Abbassò lo sguardo sulla punta degli stivali: non sentiva più le gambe che avanzavano, l'una avanti all'altra, senza che lui se ne accorgesse. Alastor lo stava conducendo giù per dei gradini. <Um? Dove stiamo andando?> biascicò Angel ancora concentrato sui propri piedi. <Adesso comincia lo spettacolo!> annunciò Alastor.
Davanti ad Angel, sbucando dalla scalinata, si aprì una platea di tavoli che accerchiavano il palchetto di legno. Qui la banda del locale intonava un brioso swing che attirava, come topi, i clienti più fedeli in attesa della grande star. Alastor si fermò, impettito come suo solito, a qualche passo dal proscenio e, dal basso, osservava trepidante la scena. Angel gettò uno sguardo alle sue spalle. Notò che il locale si era svuotato. Le luci soffuse delle lampade ad olio indicavano che qualche tavolo era ancora occupato. Tuttavia la platea era quasi interamente sprofondata nel buio agli occhi di chi stava sotto i riflettori del palco. Alastor lo richiamò all'attenzione muovendo il braccio. Il crescendo della tromba esplose quando le tendine consunte a fondo scena vennero spalancate scoprendo- <Mimzy!> esultò il demone della radio facendo sparire il bastone per lasciarsi andare in un composto, ma caloroso applauso. Angel si voltò sbigottito, ma l'altro parve non farci caso. Dopo aver salutato il pubblico, compiacendosi delle lodi e dei commenti coloriti, Mimzy si lanciò in un ballo sfrenato e fu presto imitata dagli altri avventori. <Avanti ragnetto, tieni il passo!>;
<Aspetta cos...?>. Angel venne trascinato al centro della sala, poi volteggiò. Alastor gli stringeva una mano menandolo a destra e manca in quella danza frenetica. Angel cercò di imitare goffamente lo sgambettare del cervo, seguendo i suoi passi per non farsi strattonare. Dopo un po' igranò il ritmo e i due non si fermarono neanche quando il sudore cominciava a inumidirgli le tempie.
Persa la concezione del tempo, solo quando l'ultima canzone terminò, Angel sentì il fiatone abbattersi sul proprio petto. Allora ricadde trafelato e sorridente su una sedia. Incredibilmente, Alastor era ancora in piedi. Angel lo guardò trangugiare l'ennesimo bicchiere di whisky. <Ah proprio come ai vecchi tempi> sospirò soddisfatto lasciando il bicchiere sul tavolo. <Alastor!>. Angel allungò il collo e scorse Mimzy, oltre le spalle del demone, venirgli in contro a braccia aperte. <Zucchero filato quando ti ho visto fra il pubblico sbatterti con questa puttanella non potevo credere ai miei occhi!>. Alastor si voltò con il sorriso intontito dell'alcool, ma i suoi occhi erano impassibili. Si irrigidì guardando le braccia aperte di Mimzy. <Pensavo che dopo l'ultima volta che ci siamo visti in quel pulcioso hotel non volessi più parlarmi>;
<In effetti ne avrei fatto volentieri a meno> gracchiò semplicemente la radio. Indicò Angel con un cenno del capo, <Noi siamo qui solo per la musica, il wishky e lo swing sfrenato> aggiunse accennando un passo di danza. <Lo vedo, lo vedo> borbottò delusa Mimzy a braccia conserte squadrando Angel che, in posa sulla sedia, dondolava una delle sue lunghe gambe. Lui, di tutta risposta, ammiccò. <Continui a metterlo in buca> lo punzecchiò Mimzy, <Monello!> schiamazzò tirandogli una gomitata d'intesa. <Come prego?>, i denti della radio stridettero. <Mi sembra di averti già visto> Mimzy superò Alastor puntando uno sguardo inquisitore su Angel. <Proprio in quel pulcioso hotel> ribatté Angel con un sorriso sornione, ma non senza una punta di stizza. Con la coda dell'occhio intravide Alastor sbuffare una risata. <E ora Mimzy...> intervenne il demone della radio, <Spero tu ci perdonerai, ma la tua bettola sta chiudendo, è quasi l'una di notte e noi dobbiamo tornare all'hotel>;
<Al pulcioso hotel> lo corresse Angel prima di accorgesi che gli artigli di Alastor gli avevano cinto le spalle con garbo, facendolo alzare e indirizzandolo verso l'uscita. <Aspetta... ce ne andimo di già?> protestò voltandosi con un movimento che voleva essere repentino. Il suo corpo, invero, gli obbediva ancora a rilento. Alastor lo lasciò andare, <Non hai sentito quello che ho detto?> gracidò lanciandogli un'occhiata di sbieco. <E' solo l'una di notte intendevi dire!> starnazzò Angel con il tono ancora inebetito dalla sbornia. Alastor indugiò un istante fissandolo, sbattè lentamente le palpebre, <Ebbene. Fa' come credi>. Senza aggiungere altro, di punto in bianco, si diresse all'uscita, <Buona serata, Mimzy>. Angel lo seguì con lo sguardo. Silenzio, dentro di lui. <Il solito guasta feste> cianciò all'improvviso Mimzy. Angel si rivolse a lei, serio tutto d'un tratto. <Notte Mimzy> la salutò freddo. Afferrò il collo di una bottiglia semipiena, prima di avviarsi frettolosamente. <Aspetta! Dove vai?!?> schiamazzò Mimzy inviperita, <Ma guarda tu! Potevi farti una nuova amica!>. Amica? pensò stizzito Angel. <Va bene! Per qualsiasi cosa posso contare su di te!> la sentì gridare quando ormai era alla porta. Sbuffò e scosse la testa per poi affacciarsi dall'uscio semiaperto. L'aria fredda gli sferzò il volto facendogli raggrinzire il muso. Guardò la strada con lieve apprensione: la vita notturna in quel distretto sembrava pari a zero. Ben distante da come trascorreva le serate tra la V tower e il club Hell 666. La strada era semi deserta e su di essa era calata una fitta penombra interrotta unicamente dai fasci di luce sporca, color ocra, emanata dai lampioni; tra cui, quello dinanzi al locale, sfarfallava leggermente. Di Alastor nessuna traccia. Rassegnatosi all'idea di dover tornare a casa da solo, Angel richiuse la porta dietro di sè. Immediatamente il vibrare della luce del lampione si fece più vistoso, tanto da arrivare ad accendersi e spegnersi in una ritmata intermittenza. Angel trasalì e rimase un attimo ad osservare quello strano lampione un po' in soggezione. Acceso, spento, acceso, spento... Acceso di nuovo. La sagoma nera e frastagliata di Alastor emerse alla luce. Ghignava come se si stesse facendo beffe crudeli di lui. Finchè, all'improvviso, fu trapassata dal demone della radio in carne e ossa, dissolvendosi. Alastor sorrise pacatamente, <Finalmente. Cominciavo a pensare di doverti lasciare qui>. Angel contrasse la fronte e si avvicinò, <Cos'era quello?> chiese. <Quello cosa?> ribattè Alastor ed Angel ebbe l'impressione che facesse il finto tonto. <Quello... spettro. L'ho visto prima con i miei occhi> lo accusò. <Ah! E' solo la mia ombra> rise il signore supremo, <Tontolone tutti ne abbiamo una. Anche tu> picchiettò sull'asfalto dove era proiettata la silhouette di Angel. Lui fissò il suolo, parve poco convito della spiegazione, ma se la fece andare bene.
Si incamminarono in silenzio per la strada di casa. <Le piace giocare> si sentì di dover spiegare Alastor con nonchalance, mentre l'ombra faceva capolino dalle sue spalle sotto lo sguardo inquieto di Angel. <Ma... ammetto che talvolta è un po' irritante> la scacciò agitando il bastone da passeggio. Guardò di sottecchi Angel come per assicurarsi qualcosa. Lui sorrideva. Aveva imparato a stare in guardia da chi trafficava con le anime e dalla magia nera, ma, forse per la sbronza o per la serata tutto sommato divertente, decise di chiudere un occhio e di non vedere quella parte di Alastor.
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The Vees' Hotel-Giochi di potere, an Hazbin Hotel fanfiction.
FanfictionI Vees tornano a rompere le scatole nella selvaggia competizione che regna a Pentagram city. Sia Anthony che Alastor sono collegati in qualche modo alle tre V che la fanno da padroni all'inferno, ma una serie di vicende e di equivoci li costringerà...