Sabato, 02.38
"Pronto?" Marghe rispose al telefono con un tono familiare, riconoscendo la voce di Fede all'altro capo della linea.
"Ao Mà! Che dici?"
"Ao Fè! C'hanno cacciati amò"
"Sì, m'ha scritto Nico. Tutto a posto?"
"Seh dai, sto sotto casa! Te? Tua mamma?"
"Il solito! Messà ce sta uno"
"Uno tipo?"
"Eh boh, nun ce parlo tanto co mamma e non c'ho voja de conoscè n'artro porco"
"Ah, vabbè..."
"E senti, che è, v'hanno chiamato gli sbirri?"
"Nono, 'na vecchia rompicoglioni! Je stava a minaccià de chiamà i genitori a Nico, che già c'hanno problemi de lavoro, poi colla storia delle elezioni, quindi..."
"La vecchia che sta di fronte?"
"Eh, la vecchia che sta di fronte!"
"E quindi alla fine v'ha cacciato Nico? Pe colpa de sta vecchia demmerda?"
"Eh, diciamo... Je stava pe lancià 'na bottiglia alla vecchia! Ce siamo messe io e Giù insieme pe fermarlo e convincerlo a spegne tutto e mandà 'a gente a casa. Tanto molti già se n'erano andati"
"Ah 'nfatti nun me pareva tanto sereno quando m'ha scritto"
"Eh, sereno 'na cifra! Vabbè amò, te devo già lascià che ce stanno i miei che dormono a casa. Ce sentiamo domani eh?"
"Okay Mà! A domani allora. Buonanotte"
"Buonanotte Fé, te vojo bene!"La casa di Margherita, distante solo poche centinaia di metri da quella di Nico, sorgeva maestosa in mezzo ad un condominio di recente costruzione. Era il suo santuario, un luogo in cui trovare rifugio tra le mura familiari che emanavano un senso di sicurezza e protezione. Viveva lì con la madre, una donna coraggiosa ma spesso angosciata dalle difficoltà della vita, e con il padre e il fratello maggiore, quest'ultimo diventato da un po' di tempo una presenza silenziosa e quasi invisibile nell'ampia dimora.
La ragazza si avvicinò al portone del condominio, passando attraverso un breve vialetto ciottolato che risuonava sotto i suoi tacchi, creando un sordo eco nella quiete della notte. Percorse la stradina illuminata con passo cauto, alternando il passo sulle pietre leggermente ricoperte di un verde muschio e, per non rovinare le sue scarpe, evitando una macchia d'olio sul pavimento di mattoni che anticipava la palazzina. Voleva entrare silenziosa, senza disturbare i vicini o svegliare i suoi familiari che dormivano. Con un sospiro di rassegnazione, si tolse le scarpe prima di iniziare a salire le scale. Conosceva bene le lunghe scalinate del suo condominio, ormai abituata all'assenza dell'ascensore che non funzionava da tempo.
Ancora sotto l'effetto dell'alcol, Marghe faticò, e non poco, a salire quelle scale. Ogni gradino sembrava una montagna da scalare. Il cuore le batteva forte nel petto, quasi a ritmo di musica. Arrivata al sesto piano, si appoggiò alla ringhiera per riprendere fiato, sentendo il suo respiro affannoso riempire l'aria. Con le mani tremanti, tentò infine di inserire la chiave nella serratura, ma la porta sembrava resistere. Improvvisamente, la porta si aprì di scatto, sbattendo contro il muro con un tonfo sordo. Marghe restò sorpresa e guardò confusa all'interno del suo appartamento poco illuminato, cercando di capire cosa potesse averla aperta così improvvisamente.
"Aò, che ci fai sveglia ma'?" La voce di Marghe trasudava ansia mentre scrutava il volto preoccupato di sua madre.
"Tu il telefono ce l'hai per collezione?" rispose la madre con un'espressione tesa, mostrandole il telefono che squillava con insistenza.
"Sta 'a batteria a terra ma', guà! Che c'è?"
"Tuo fratello" disse la madre con voce appena più alta del normale.Marghe si sentì un brivido lungo la schiena all'udire quelle parole. "Mio fratello che?"
Entrò in casa con il petto serrato, il cuore che batteva forte nell'attesa di scoprire cosa potesse essere successo. Sua madre, con l'espressione preoccupata, si affacciò dalla cucina. I loro sguardi si incrociarono.
Marghe cercava risposte nei lineamenti tesi di sua madre. Il suo sguardo si concentrò sulla ricerca del fratello: dove era finito? Fu solo girando e rigirando lo sguardo per la stanza che lo vide, seduto sul divano, accanto al padre. Il fratello, presente ma apparentemente distante nei suoi pensieri, sollevò appena lo sguardo quando la sorella entrò nella stanza. Una leggera ruga, tremante e persistente, si era formata sulla fronte del ragazzo. I suoi occhi rivelavano una profonda preoccupazione e la sua espressione rifletteva un vortice di pensieri turbolenti. Un sospiro di sollievo sfuggì involontario a Marghe, un peso si alleviava dal suo petto. Almeno, sapeva che suo fratello non era finito male per strada.
"Cazzo Frà, che t'hanno fatto?"
Marghe gettò le scarpe e la borsa a terra, il suono dell'impatto, che rimbombò per l'ampia sala muta, simboleggiava la brusca fine di una serata che avrebbe dovuto essere spensierata. Il cuore le martellava nel petto mentre si precipitava verso il fratello, una fitta di angoscia serrava il suo stomaco. Il viso di Francesco, segnato dalle ferite e avvolto da un foulard giallo a fiori ormai intriso di sangue, rivelava la brutalità dell'aggressione. Senza esitazione, Marghe si chinò accanto a lui. I suoi capelli neri cascavano disordinati sul volto affranto di Francesco. Le ferite sul suo viso erano un inquietante dipinto di violenza, e il suo sguardo riflesso nel sangue sul foulard faceva trasparire una sofferenza profonda.
L'abbraccio di Marghe fu un rifugio, un tentativo di proteggere il fratello come una madre che avvolge il figlio con il suo corpo. Francesco si aggrappò a lei, singhiozzando, e Marghe sentì il calore delle sue lacrime bagnare la sua pelle. Nel cuore di Marghe risuonarono le strigliate della madre, i rimproveri dati ai due fratelli quando erano ancora bambini. Adesso era lei la custode del fratello, come lui lo era stato per lei tante volte in passato. Le sue carezze sulla testa di Francesco cercavano di lenire il dolore, di comunicare il suo amore e il suo impegno a proteggerlo.
"L'hanno accerchiato, sti burini der cazzo".
Il padre, visibilmente preoccupato, cercò di spiegare la situazione, aggiungendo un'ulteriore tensione all'atmosfera che già era carica di emozioni. Le rughe sul suo volto si accentuarono, mentre serrava le labbra con preoccupazione.
"Ma dove Frà? Ma stavi solo?" Marghe abbassò la voce, cercando di controllare la propria ansia, ma i suoi movimenti erano nervosi.
"No Mà, stavo con Claudio! Je l'hanno date pure a lui. Praticamente sotto casa de Clà, poi", rispose Francesco con la voce spezzata, lasciando trasparire la vulnerabilità che solo chi ha appena subito una violenza di quella portata può provare. Il suo viso, segnato dalle ferite, si contrasse in una smorfia di dolore.
"Sti fasci del cazzo, dobbiamo denuncià!" aggiunse Marghe mentre stringeva i pugni. Il suo volto era contratto dalla rabbia. I suoi occhi, solitamente dolci, brillavano di determinazione.
"Denuncià a chi? A sti du' cojoni? Se magari la smettessi pure te de vestirte come 'na ragazza" aggiunse il padre scrollando la testa con frustrazione.
"Ao pa', nun te ce mette pure te! Nun me stai a confortà così"
"Me preoccupo Frà, prima de inizià a vestirte così nun succedevano ste cose"
"Nun me frega 'n cazzo pa', mo levate pure te"Francesco si alzò dal divano, passando accanto alla sorella e ignorando completamente la madre. Entrambe si affrettarono dietro di lui, ma Francesco riuscì ad arrivare alla sua camera prima di loro. Marghe bussò alla porta. Non ottenne alcuna risposta. Provò a girare la maniglia, ma la porta era chiusa dall'interno.
"Cazzo Frà, me fai entrà? Che ce fai tutto solo, che te dobbiamo pure medicà"
"Nun me rompete, vojo sta solo", disse con la voce che tremava per l'agitazione.
"Frà... Sono mamma! Fam..."
"LEVATEVE E BASTA! Ce stà domani pe parlà" urlò infine il ragazzo.
"Ma porco cazzo, che c'avete voi maschi eh? Nun ce sto proprio co 'a testa, me fai entrà o te spacco er culo Frà" urlò Marghe di risposta, pungendosi la fronte con le unghie.
"Sorellì, nun c'ho voja de parlà, famme sta solo, per favore"Francesco a quel punto smise di rispondere, e Marghe, frustrata, sospirò profondamente. La madre tentò a sua volta di avvicinarsi, chiamandolo affettuosamente, ma la porta rimase immobile.
La ragazza, sentendo sulle spalle un enorme senso di impotenza, si sedette sulla sedia di fronte alla porta, cercando di captare ogni minimo rumore proveniente dalla camera di Francesco.
Solo silenzio, un silenzio che sembrava dilatarsi inesorabilmente. La madre si avvicinò ancor di più, preoccupata, e si sedette accanto a Marghe.
Le due donne rimasero lì, in attesa, il cuore stretto dall'angoscia, mentre il tempo sembrava non passare mai abbastanza veloce. Marghe si avvicinò alla madre e si strinse a lei. La madre sembrava decisa ad accettare la scelta di Francesco, ma la preoccupazione per il figlio non l'abbandonava. I loro sguardi erano rivolti alla porta chiusa, sperando in qualche segno di vita dall'altra parte.
Nel frattempo, il padre era seduto nel soggiorno, arrabbiato e pieno di rimorsi, cercando forse di elaborare la propria frustrazione. Fumava il sigaro, sul posto che poco prima era occupato dal figlio. Nel mentre in TV mandavano qualche vecchio film Western.
Marghe decise di lasciare i genitori da soli per qualche istante e di chiudersi in bagno.
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Nun mer ricordo che vordì essere umano
Teen FictionFederico è un giovane ragazzo di 17 anni che vive a Roma. Colto da una silente depressione, affronta un percorso conoscitivo che lo porterà a scoprire nuovi aspetti di se stesso e magari anche a trovare il suo grande amore. Nadir è un ragazzo arabo...