Il prezzo da pagare

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John era americano, un imprenditore,  aveva una piccola azienda a New York.
Lo avevo salvato tempo prima quando si era perso nella giungla e non sapeva come uscirne, e da quel giorno aveva deciso di essere mio amico.
Quando aveva bisogno di qualcosa veniva da me a trovarmi.
Ci trovammo in una stanza d'albergo della capitale,  lui voleva ampliare la sua azienda,  renderla internazionale,  potente, famosissima in tutto il mondo ma per farlo aveva bisogno di una mano speciale, della mia.
Non gli volevo chiedere nulla in cambio,  del resto lui era mio amico, era bello, popolare, aveva successo con le donne e aveva una intelligenza davvero geniale,  sarebbe stato un grandissimo imprenditore, aveva solo bisogno di una piccola spintarella e quella solo io gliela potevo dare.
Io ero un esperto nel dare le spintarelle alla gente, e pure a lui, quando lui aveva bisogno,  io c'ero sempre,  per questo lui mi cercava sempre, non per invitarmi a mangiare qualcosa,  per farmi un regalo,  per farmi fare un giro in macchina, per dirmi che mi voleva bene,  che mi era grato, che ero un amico speciale per lui,  che mi avrebbe sempre voluto bene,  che ci sarebbe stato pure lui se io avessi avuto bisogno, no, lui mi cercava quando voleva qualcosa da me.
Io gli avrei dato la spintarella, non gli avrei chiesto nulla in cambio, io lavoravo come muratore, quella era il mio solo lavoro, però mi faceva tanto male che il mio amico si approfittasse della mia generosità, che mi prendesse per uno stupido dal cuore tenero, a cui chiedere sempre senza nemmeno dire un grazie, no, questa volta mi avrebbe dovuto pagare.
John si guardava allo specchio che ne rifletteva l'immagine nella stanza d'albergo, era bello, molto americano e molto bello, quando si era ammalato di cancro io lo avevo salvato, però non se ne ricordava, quando andava in giro per le strade di New York, a fare il pezzo grosso con le donne, a sedurle,  no, sicuramente andava a cena con loro, se le scopava, e mentre godeva con quelle puttane non gli veniva in mente di ringraziare il suo amico Edoardo che gli aveva salvato la vita e permesso di essere in quel letto a scoparsi tutte quelle puttane, lui pensava solo a sé stesso .
Lo detestavo,  come si guardava allo specchio,  come si ammirava compiaciuto,  era bello si, pure io ero bellissimo,  discendevo direttamente dai maya e per l'occasione mi ero vestito particolarmente sexy ma non mi vantavo in quel mondo,  mi avvicinai a lui,  lo presi per le braccia, mi scriveva solo quando aveva bisogno,  mai un grazie, un ti voglio bene, un sei importante per me, un sei una brava persona per me, niente, un cazzo,  però per quelle troie c era sempre, andavano al ristorante, al cinema,  al mare, a letto, e metteva le foto con le sue troie su Facebook e ovunque,  era fiero, soddisfatto, il re del mondo, per me però che gli avevo salvato la vita non c'era mai,  lo avrei reso uno dei più importanti imprenditori americani,  avevo tutti gli ingredienti pronti, ma prima doveva pagarmi.
Lo spogliai, lui non oppose resistenza,  e lo violenta, gli feci una foto, così quando avrei visto le sue di foto con le puttane, o con gli amici,  o con sua moglie, mi sarei sempre ricordato di come si era messo a pecora per me,  di come fosse stato la mia troia personale, lui il grande macho, la mia Dolcissima troietta, il mio tesoro, il mio culo da sfondare.
Lo lavai da testa a piedi con un mix di sangue di capra, liquore e erbe e recitai alcune formule.
Poi guardai quel suo bellissimo collo e l'arteria che pulsava forte,  mi si allungarono i canini e lo morsi, il calore denso del suo sangue,  la sua pelle, la sua carne morbida, la sua linfa vitale,  ritirai la mia bocca e la ferita si rimangino'.
Una volta tornato a New York sarebbe diventato un imprenditore potentissimo

Terrore nella giunglaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora