Atto XI

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Violet's Pov
Dopo il giorno in cui avevo dato fuoco al giardino della scuola estiva, io, mamma e papà c'eravamo trasferiti nella casa in legno ai piedi della montagna. Ero nella mia camera ed ero rannicchiata nel mio letto. Erano passati cinque giorni e non ero ancora uscita fuori per ammirare da più vicino il panorama che stavo vedendo dalla finestra.

Mi sentivo in colpa perché gli abitanti della città avevano bandito anche mamma e papà per quello che avevo fatto. Ora eravamo costretti a vivere ai piedi della montagna isolati da tutti.

Sentì papà tornare, dopo aver tagliato la legna che serviva per il prossimo inverno. Lo sentì chiudere la porta e poco dopo mamma si avvicinò a lui per parlargli in tono basso. Non serviva che parlassero piano, li avrei sentiti sussurrare a chilometri di distanza.

"È uscita?" chiese papà in tono basso, sicuramente guardando con i suoi occhi chiari le scale che portavano alla mia camera.

"No. Le sto preparando il suo dolce preferito, magari la tirerà un po' su" rispose mamma con tono affranto e deglutì pesantemente per il dispiacere che le stavo procurando.

Non sentii più nulla da parte loro. Sentii la porta aprirsi e il cuore di mamma accelerare lievemente. Aggrottai la fronte e alzai il busto non riuscendo a capire cosa l'avesse portata a provare quel tipo di stupore. Stavo per uscire e affacciarmi per vedere cosa stava succedendo, ma la voce di papà mi richiamò.

"Violet, puoi scendere un attimo?" domandò e sentii il battito del mio cuore accelerare.

Non volevo guardarli negli occhi e vedere che li stavo procurando dolore, ma non volevo neanche disubbidire a papà, così, con il cuore in gola e le gambe tremolanti, mi alzai dal letto.

Aprii la porta della mia camera e uscì. Percorsi il corridoio e guardai i gradini in legno delle scale con occhi persi, poi, feci un respiro profondo e iniziai a scendere le scale. Quando arrivai alla fine e voltai l'angolo, arrivai in cucina, incrociando gli occhi verdi di papà.

Papà mi guardava dall'alto con la statura possente e il mento affilato. I suoi capelli scuri erano brizzolati, i suoi occhi verdi erano a forma di mandorla e le sue labbra a forma di cuore mi sorridevano in modo gentile. La sua pelle chiara era messa in risalto dai vestiti scuri che portava.

Mamma era dall'altra parte della cucina e mi stava guardando con un sorriso sul volto e una luce negli occhi. I suoi occhi color cioccolato erano illuminati da una strana luce, mentre mi guardava. I suoi capelli   corvini e lisci le arrivavano alle spalle rendendola ancora più bella di quanto non fosse già. Indossava un grembiule da cucina sopra gli abiti colorati che era solita usare.

"Abbiamo una sorpresa per te" disse papà e lanciai un'occhiata a mamma che mi sorrideva in modo confortevole.

Papà si spostò di lato e guardai il piccolo lupo dagli occhi gialli che tremava impaurito. Era seduto sopra il pavimento e il suo pelo grigio era in contrasto con il pavimento in legno. Schiusi le labbra, ricordandomi del lupo che avevo visto tra le fiamme. Era identico, solo che l'animale che avevo di fronte era un cucciolo.

"È un Armoc" guardai gli occhi verdi di papà, mentre brillavano.

"Un cosa?" domandai piano, non capendo cosa significasse quella parola.

"Una creatura magica. Quando ti sentirai sola ci sarà lui con te" rispose, sorridendomi.

Spostai nuovamente lo sguardo sul lupo che era rannicchiato contro la porta, mentre ci guardava con attenzione. Vedevo su i suoi occhi gialli, la paura che gli venisse fatto del male. Perché era tutto solo? Perché non c'era nessuno a proteggerlo? Mi domandai dove fosse la sua famiglia. Erano loro che dovevano proteggerlo.

SOLDATI DI CRISTALLO.                          IL LABIRINTO DI HEGROVE.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora