Capitolo 26

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Fabio

Entrare in sala rossi, mi riporta indietro nel tempo; mi fa pensare a quando ero uno studente di medicina scapestrato che non aveva ancora le idee chiare sul proprio futuro. Studiare medicina è stata quasi un'imposizione di mio padre, non so se l'avrei scelta se non mi avesse ripetuto ogni santo giorno che, in quanto erede, avrei dovuto portare avanti la clinica di famiglia.

Specializzarmi in pediatria è stata una mia scelta invece, una scelta che ha fatto infuriare il mio caro padre, ma che mi ha reso libero dalle sue imposizioni. Stare a contatto con i bambini mi è sempre piaciuto, per me fare il pediatra non è un lavoro, ma una passione del cuore.

<< Fabio, se non te la senti, possiamo evitare>>
Fabrizio mi ridesta dai miei pensieri.
<< Voglio vederla>> affermo deciso.

In questa sala c'è tanta sofferenza, non provavo questa sensazione di vuoto e tristezza da tanto tempo. Lavorarci non è per niente facile. Trovarsi a visitare un proprio caro, lo è ancora meno.

Quando arrivo di fronte alla barella su cui è stesa la mia piccola Lucri, provo un vuoto che mi sconquassa lo stomaco. Vederla con il volto graffiato, le mani piene di escoriazioni ed ecchimosi e il collare al collo, mi fa stringere i pugni.

Perché è stata così incosciente? Se mi avesse chiamato, mi sarei catapultato a prenderla, non le avrei mai permesso di guidare la moto sotto un'alluvione. Ma cosa le è saltato in mente?

Non posso fare a meno di ricordare quel giovane ragazzo che è morto quando io, appena laureato in medicina, avevo avuto la bella idea di fare dei turni al pronto soccorso. Credo che quella notte non la dimenticherò mai, mi ha segnato per sempre.

Perdere un paziente, soprattutto se giovane, è un dolore immenso. A volte facciamo tutto il possibile, impieghiamo tutte le nostre conoscenze e le nostre forze pur di salvarlo, ma il suo destino infausto è inevitabile. Lottare contro la morte è dura e non sempre si vince.

Mi avvicino a Lucrezia e le stringo la mano.
<< Stupida testarda, che mi combini?>> le dico baciandole la fronte. Le parlo come se fosse cosciente, non posso accettare il fatto che potrebbe svegliarsi e non essere più la Lucrezia di sempre.

Fabrizio ci osserva senza dire una parola. Studia il volto di Lucrezia per vedere se reagisce a qualche stimolo, ma nulla.

<< A momenti arriverà il neurologo>> mi comunica
<< È molto strano che sia incosciente , perché i colleghi del 118 mi hanno riferito che, sebbene fosse sotto shock, reagiva agli stimoli, mentre adesso, è in uno stato comatoso>> alza le spalle, dispiaciuto.
<< Evidentemente il quadro clinico è peggiorato>>
Mi passo una mano sul viso e cerco di pensare a tutte le possibili patologie neurologiche che potrebbe avere.

Sospiro, vorrei uscire da quest'incubo il prima possibile. Desidero che la mia Lucri si riprenda; abbiamo tante cose da fare insieme, è troppo giovane per vivere una vita con con qualche lesione permanente o, ancora peggio, per morire.

<< Fabio, io devo allontanarmi un attimo, ma tornerò non appena arriverà il neurologo>>
Annuisco e torno a concentrarmi sulla mia amata.
Non sopporto vederla così, se potessi farei cambio. Lei è troppo buona, dovrebbe essere immune ai mali del mondo, ma purtroppo si sa che le cose brutte accadono sempre ai più buoni.

Più la osservo e più il cuore comincia a battere all'impazzata. Ho una paura tremenda, non mi capitava di averla da tanto di quel tempo, che mi ero quasi dimenticato la sensazione. Mi sento impotente, non so come aiutarla e questo mi irrita e mi rattrista al tempo stesso.

Dopo mezz'ora, arriva il neurologo e procede con la visita dei riflessi. Fortunatamente, la mia Lucri reagisce arricciando le dita dei piedi quando il collega picchietta il martelletto. Ok, questo è un buon segno!

Più forte del doloreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora